La seduzione di Dio

«Mi hai sedotto, Signore, e io mi sono lasciato sedurre; mi hai fatto forza e hai prevalso» (Ger 20,7). La straordinaria opera di Dio col profeta Geremia continua nella vita di chi, scelto da Cristo, lo segue nella via stretta della perfezione evangelica e nel sacerdozio. Oggi, 30 agosto si compiono 42 anni dalla mia ordinazione sacerdotale avvenuta ad Altamura il 1980, per le mani di mons. Salvatore Isgrò, presenti i miei genitori di f.m., i miei fratelli e mia sorella, la mia famiglia, numerosi ragazzi, giovani e famiglie cresciuti con me a Grottaferrata, il numeroso popolo di Dio che gremiva fino all’inverosimile la chiesa Cattedrale, tanti confratelli e consorelle e il mio parroco, l’indimenticabile don Michele Gesualdo. Egli aveva promosso il mio cammino formativo e religioso nella Congregazione dei Rogazionisti. Gesù sommo sacerdote trasformava così ontologicamente la mia vita consacrandomi a Sé ed al servizio del popolo di Dio nel carisma del Rogate, la preghiera ed azione per le vocazioni. Oggi come ieri il mio sentimento più vivo è la gratitudine a Dio per questo speciale dono fatto alla mia povera persona, alla mia famiglia ed all’Opera di S. Annibale, scegliendomi in mezzo ad altri uomini e costituendomi davanti a loro in tutto ciò che si riferisce a Dio per il bene di tutti. Sono consapevole più che mai di portare questo grandissimo tesoro nel fragile vaso di creta della mia umanità, della mia pochezza, e del mio limite (2 Cor 4,7). Ma tutto ciò che è stoltezza e povertà davanti agli uomini, viene subissato dalla potenza della grazia di Dio che fa di ogni sacerdote un vaso di elezione ed uno strumento efficace di salvezza. Condivido la gioia della mia nascita sacerdotale, perchè io possa continuare ad essere la sua bocca, la sua voce, la parola che proclama la grandezza della vita e la bellezza dell’amore oblativo. P. Angelo Sardone

Giovanni Battista, martire di coerenza

La prospettiva divina nei confronti di Geremia è chiara sin dalle prime battute del libro: sarà vittima di soprusi e di guerra continua a causa del Suo nome e della Parola da annunziare. Ma non sarà vinto perché è forte della presenza di Dio. Analoga prospettiva, anche se coronata dal martirio, è quella di Giovanni Battista, primo profeta del Nuovo Testamento, il più grande tra i nati di donna, maestro di alcuni dei primi discepoli di Gesù. Oggi la liturgia ricorda il suo martirio con la decapitazione ad opera di Erode Antipa. Uomo tutto d’un pezzo, cosciente della sua vocazione di precursore del Messia, rivolge con coraggio e fuoco, alla maniera di Elia, a tutte le classi sociali, un messaggio di rinunzia all’ipocrisia e di autentica conversione, consono alla vita austera che egli stesso conduce. Il rimprovero secco e l’aperta denunzia al re del suo adulterio con Erodiade, moglie di suo fratello Filippo, gli causò l’arresto e la prigione nel carcere del Macheronte sulla riva orientale del Mar Morto. Salomè, figlia di Erodiade con la sua danza invaghì talmente bene il re nel giorno del suo compleanno da riuscire a strappargli l’insulsa promessa di accordarle qualsiasi cosa. Su istigazione della madre, la ragazza chiese la testa di Giovanni Battista che le fu consegnata su un vassoio quale trofeo di vittoria. Era messa così a tacere per sempre la voce scomoda del profeta del deserto, che predicava la conversione sincera e la superiorità del Messia. Ci vorrebbe anche oggi qualche voce di pari intensità ed invitto coraggio per denunziare la corruzione di ogni genere. Fa paura la gogna mediatica cui si è sottoposti nella proclamazione della verità ad ogni livello. Si preferisce piuttosto il silenzio e talora si diventa complici di un dissolvimento morale che causa confusione e sfacelo. P. Angelo Sardone

Sintesi liturgica XXI domenica del tempo ordinario

La vera grandezza dell’uomo è proporzionata alla sua umiltà che, al contrario della superbia, gli dà la garanzia di trovare grazia agli occhi di Dio e di ricevere i suoi segreti. I primi posti scelti arbitrariamente, possono rivelarsi inappropriati quando giunge qualcuno superiore di rango o di onore che viene introdotto da chi ha organizzato il banchetto di nozze. La vergogna davanti a tutti è allora il risultato assicurato. La ricompensa maggiore per chi dà il banchetto è costituita dalla generosità con la quale invita gli inferiori ed impotenti della società: poveri, storpi, zoppi e ciechi che non hanno da offrire il contraccambio. Chi entra nell’orbita del mistero di Dio si avvicina come al monte Sion, alla dimora di Dio tra gli uomini, agli Angeli ed ai Santi, al Padre ed a Gesù mediatore della nuova ed eterna alleanza. P. Angelo Sardone

Le lagrime di santa Monica

«Quello che è stolto per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i sapienti; quello che è debole per confondere i forti» (1Cor 1,27). La logica di salvezza attuata da Dio è paradossale: segue la legge del contrario. La stoltezza confonde la sapienza; la debolezza scompagina la fortezza; il nulla confonde il tutto. L’unico vanto è Dio e la sua forza. Di questo ne era consapevole S. Monica di Tagaste (331-387), la madre di S. Agostino, «donna di fede virile, di assennata gravità, di cristiana pietà e materna carità» (S. Agostino), determinata e contemplativa. Lo studio della Scrittura e la crescita nella fede cristiana la preparò non solo alla precoce vedovanza ed alla responsabilità verso i suoi tre figli, ma anche e soprattutto ad affrontare con rispetto e discrezione la vicenda umana dell’estroso Agostino proiettato alla ricerca della verità attraverso l’adesione pluriennale all’eresia manichea, la strada della conoscenza e poi l’approdo a Gesù Cristo attraverso il Battesimo. Nella quiete di Ostia prima del ritorno in patria dona conforto ed edifica con garbo e dolcezza il figlio che ha generato per la seconda volta nella fede e che è ormai conquistato da Cristo, testimoniando una maternità di grande intensità spirituale, fecondata dalle numerose lagrime versate. Questa impronta rimase indelebile nella vita del figlio e segnò profondamente il seguito della sua vita di asceta e vescovo di Ippona. La testimonianza di Monica può essere insegnamento alle mamme di ogni tempo, soprattutto quando devono insistere e lottare per la buona riuscita dei loro figli, sapendo attendere e gettando nel cuore di Dio con la preghiera e le lagrime le richieste e le attese di bene. P. Angelo Sardone

La stoltezza della croce e della predicazione

«È piaciuto a Dio salvare i credenti con la stoltezza della predicazione» (1Cor 1,21). L’annunzio del Vangelo ad opera di S. Paolo e degli apostoli, ministri della prima evangelizzazione cristiana, BG è stato sempre schietto ed efficace. Dinanzi ad un mondo pagano a volte lassista e libertino ed a quello ebreo talora fissista nella Legge di Mosè senza intransigenza alcuna, il grande apostolo si fa scudo della croce di Cristo che annunzia come potenza di Dio a fronte della considerazione della stoltezza, propria di coloro che si perdono. Il concetto non rimaneva tale ma si incarnava nella predicazione della potenza di Gesù di Nazaret, il crocifisso che era considerato scandalo dai Giudei e stoltezza dai pagani. Colui che era stato perdente e coloro che erano stati paurosi e vinti dalla sopraffazione giudea, ora manifestano la fortezza derivante dalla Parola che pur essendo ritenuta stolta, risulta efficace. In pratica si vuole condannare non la sapienza umana che è un dono in quanto sempre aperta alla conoscenza di Dio, ma l’autosufficienza orgogliosa che chiude in se stessi ed aliena dagli altri. Ciò che può sembrare un paradosso, si rivela invece un dato efficace e concreto di salvezza. É Dio che salva attraverso il Figlio suo che manifesta già nel suo nome, Gesù, la salvezza operata da Dio. La mediazione umana, oltre Cristo, è quella della predicazione del Vangelo affidata alla Chiesa ed ai suoi ministri. Essa può essere giudicata anacronistica, superata, finanche stoltezza dinanzi al progresso tecnico e ad alcuni diritti civili acquisiti che talora ledono la dignità umana e la legge naturale, ma è l’unica alla quale Cristo ha legato la salvezza: «chi crederà sarà salvo, chi non crederà sarà condannato». P. Angelo Sardone

San Bartolomeo: dalla diffidenza alla piena adesione

«Le mura della città poggiano su dodici basamenti, sopra i quali sono i nomi dei dodici apostoli dell’Agnello» (Ap 21,14). La visione profetica di S. Giovanni nell’isola di Patmos con il linguaggio apocalittico rivela e mostra la città di Gerusalemme definita la «promessa sposa dell’Agnello». É grande e cinta da alte mura con dodici porte recanti il nome delle dodici tribù di Israele. Le mura poi, poggiano su dodici basamenti, contrassegnati dai nomi dei dodici Apostoli di Gesù, l’Agnello. Uno di questi è S. Bartolomeo (figlio del valoroso) o Natanaele (dono di Dio), nativo di Cana di Galilea. La sua adesione al Maestro non fu immediata, forse un po’ diffidente. Ci volle l’entusiasta testimonianza ed il racconto del suo amico Filippo ad indurlo ad andare con lui e rendersi conto personalmente. Gesù che lo stava attendendo, lo aveva già visto sotto il fico e lo sorprende accogliendolo e dando di lui una definizione identitaria scioccante e di alto valore: «Sei un vero Israelita nel quale non c’è falsità!». Tramortito dalle parole di encomio, egli risponde con l’entusiasmo della fede: «Tu, Maestro, sei il Figlio di Dio, il re d’Israele!». Cose ancora più grandi le vedrà alla scuola giornaliera del Nazareno e poi ancora nella sua predicazione in India ed in Armenia dove, secondo la Tradizione, avrebbe subito il feroce martirio, scuoiato della pelle e decapitato. L’iconografia cristiana lo raffigura con in mano il mantello della sua pelle. L’adesione a Gesù spesso è contrassegnata da iniziale diffidenza. Solo quando lo si incontra personalmente e si accoglie nel cuore la sua Parola, si diviene discepolo convinto ed audace fino ad accogliere anche il martirio cruento come testimonianza di fede e di amore. Auguri a chi porta il nome di Bartolomeo. P. Angelo Sardone

Nessuno ti inganni!

«Nessuno vi inganni in alcun modo!» (2Ts 2,3). Il tono di S. Paolo è deciso e fermo nel correggere la falsa notizia diffusa tra i Tessalonicesi che la seconda venuta del Signore sia in atto, generando confusione ed allarme. Quando si realizzerà essa sarà preceduta da un’apostasia, cioè una forma di defezione e secessione di coloro che si lasciano distogliere dalla fede. Sarà rivelato un personaggio che è nemico di Dio ed ha tre nomi: l’uomo del peccato, il figlio della perdizione, l’avversario di Dio che nella tradizione giovannea avrà il nome di «anticristo». Si manifesterà alla fine dei tempi: il demonio che lo manovra, agisce nell’oggi esercitando su coloro che credono, un potere di seduzione e di palese persecuzione. L’ultima grande prova sarà annientata dalla vera venuta di Cristo. Ciò che importa in questo momento è mantenersi saldi nella speranza ed essere fedeli alle tradizioni apprese dalla predicazione. Cristo che ha realizzato la salvezza per mezzo della croce, ha chiamato gli abitanti di Tessalonica ed i cristiani attraverso il vangelo: è Gesù che conforta i cuori e li conferma in ogni opera e parola buona. Il dato scritturistico è quanto mai attuale nella società cristiana emotiva e fideistica. La paura, l’incertezza, la precarietà della vita, l’insufficienza dei beni materiali, il costo eccessivo delle fonti energetiche, unitamente alla leggerezza e convenienza di adesione alla fede, rende tutti un po’ più paurosi, frastornati o, al contrario, ostili e completamente indifferenti nell’accogliere tutto per buono, vivendo alla giornata l’utilità egoistica del «carpe diem». L’inganno è sempre in agguato. E’ importante avere gli occhi aperti e sapersi difendere. Oggi la Chiesa ricorda S. Rosa da Lima. Auguri a tutte coloro che portano questo bellissimo nome perché ricalchino anche la sua identità di cristiana e di Santa. P. Angelo Sardone

Beata Vergine Maria Regina

«Dio vi renda degni della sua chiamata e, con la sua potenza, porti a compimento ogni proposito di bene e l’opera della vostra fede» (2Ts 1,11). La liturgia odierna riporta l’incipit della seconda lettera di S. Paolo agli abitanti di Tessalonica, odierna Salonicco, in Grecia. Essa, come la prima, fu scritta durante il secondo viaggio missionario intorno al 50–51 d.C., per rafforzare la loro fede e correggere alcuni fraintendimenti dottrinali. Era stata infatti attribuita a Paolo una falsa lettera con la quale avrebbe affermato che la seconda venuta di Cristo si era già realizzata. La chiamata di Dio dà dignità per la sua potenza e fa portare a compimento ogni proposito. In questo quadro liturgico si celebra la memoria di Maria Regina, istituita da Pio XII l’11 ottobre 1954 in parallelo con quella di Cristo Re dell’universo, e situata nel 1969 da S. Paolo VI a distanza di otto giorni dalla solennità dell’Assunzione di Maria al cielo. Essa considera la regalità della Vergine con la gloria della assunzione al cielo, in parallelo con la regalità di Cristo. Maria, autoproclamatasi «serva del Signore», vissuta prima all’ombra di Gesù e poi della Chiesa, seduta accanto al re di tutti i secoli, è acclamata regina degli Angeli e dei Santi. Un’autentica devozione a Maria permette ai cristiani di rivolgersi a Lei come alla Madre del Salvatore, mediatrice di ogni grazia. I privilegi a Lei riservati da Dio in vista dell’Incarnazione di Cristo e della sua missione redentiva ridondano a beneficio della Chiesa intera che la venera ed inneggia come la più grande fra tutte le creature, «Regina degli Angeli, Madre di Dio, ispiratrice del bello, del buono, del sublime» (Annibale Di Francia), colei che ha ottenuto con la sua preghiera Cristo Salvatore ed ha cooperato con Lui alla salvezza delle anime, Regina del cielo e Madre di misericordia. P. Angelo Sardone

La porta stretta della salvezza

«Io verrò a radunare tutte le genti e tutte le lingue; verranno e vedranno la mia gloria» (Is 66,18). Un breve sunto escatologico ed un salmo di appena tre versetti, chiudono la terza parte ed il lungo libro del profeta Isaia. In esso il Signore assicura che tutte le nazioni ed i popoli di tutte le lingue saranno convertiti e condurranno a Gerusalemme come offerta a Dio i dispersi di Israele ai quali sono riservate le promesse eterne. I superstiti, cioè i pagani convertiti, diverranno missionari inviati a predicare sino agli estremi confini della terra dove ancora non è giunta la conoscenza del vero Dio. I pagani avranno accesso alle funzioni del culto proprio perché tra loro saranno presi dal Signore alcuni che diverranno sacerdoti e leviti. Sembra, a buona ragione, la metafora della situazione moderna della fede in particolare nelle nazioni di antica osservanza cristiana. Sempre più saranno i superstiti, cioè i veri convertiti, coloro che verranno inviati a predicare la buona novella fino in capo al mondo. La nuova evangelizzazione preconizzata dalle grandi catechesi di S. Giovanni Paolo II ed ancora oggi condotta dalla Sede Apostolica di Pietro, diviene sempre più in questo tempo di grave precarietà di fede e di azione cristiana, un’urgenza che coinvolge non più le grandi masse, ma i singoli fedeli, sicuramente più maturi e coscienti delle esigenze del Vangelo. Su questi passi si muove la Chiesa del Terzo Millennio, sfrontata dai fasti e dagli orpelli esteriori e più concentrata sull’essenzialità e sulla bellezza del vero culto al Signore che si esplica prima di tutto con la testimonianza concreta della propria vita e la professione del credo cristiano. P. Angelo Sardone

Sintesi XXI domenica del Tempo ordinario

Sintesi liturgica. XXIª Domenica del Tempo Ordinario.
Il Signore raduna tutte le genti e tutte le lingue perché possano vedere la sua gloria e divenire sua offerta. I superstiti sono inviati a tutte le popolazioni ed alle isole lontane perché conoscano il Signore. Tra loro saranno prescelti alcuni come leviti, cioè sacerdoti. Sulla base di un’esplicita domanda Gesù affronta la questione della salvezza universale eludendo il numero di coloro che si salvano ed esortando invece tutti a sforzarsi per entrare nel regno attraverso la porta stretta. Diversamente il rischio è quello di trovarsi fuori senza essere riconosciuti perché operatori di ingiustizia. La mensa sarà riservata a coloro che provengono dai quattro punti cardinali, magari ultimi ma ora primi. Non va disprezzata né dimenticata la correzione del Signore che, come un padre, corregge il figlio che ama. Occorre camminare diritti con i propri piedi che non siano zoppicanti, ma guariti dalla grazia e fortificati da un serio impegno di vita. P. Angelo Sardone