S. Bernardo di Chiaravalle

«La terra risplendeva della sua gloria» (Ez 43,2). Il ritorno di Jahwé nel tempio di Gerusalemme è circonfuso di gloria. La visione di cui gode Ezechiele esprime la grandezza e la potenza di Dio che si rispecchia nella terra che funge da sgabello, riempiendola di gloria. Così il Signore continua ad abitare in mezzo ai suoi figli. La gloria di Dio si manifesta sempre con la testimonianza di uomini e donne che, attratti dal suo amore, consacrano la loro vita a Lui, rendendosi strumenti di grazia e di santificazione per sé e per gli altri. Oggi la liturgia ricorda il rinomato dottore della Chiesa San Bernardo di Chiaravalle (1090-1153), monaco di Cistercium, in Francia, da cui prende nome l’Ordine dei Cistercensi, teologo, maestro di vita ed educatore di generazioni intere di fedeli e di Santi. Nella zona di Clairvaux (Chiaravalle), in una campagna disabitata egli fondò un nuovo monastero che divenne ben presto un celebre polo di dottrina e spiritualità. Nel suo cammino di perfezione i grandi amori furono il bene della Chiesa, lo studio della Sacra Scrittura ed il suo commento, l’affetto per l’umanità di Cristo e la Vergine Maria di cui fu appassionato cantore. La sua produzione letteraria e spirituale è di grande valore teologico: 331 sermoni, 534 lettere, molteplici trattati su argomenti teologici diversi e scritti sulla Madre di Dio. Il tutto avvalorato ed integrato dal lavoro manuale richiesto anche ai suoi monaci e dai continui spostamenti in Europa per risolvere le gravi questioni politico-religiose del suo tempo. La quiete del monastero, nonostante tante difficoltà e sofferenze fisiche, lo riportò al suo primo amore. Rimane tuttora un luminare di dottrina ed un sicuro punto di riferimento spirituale per quanti vogliono seriamente seguire e servire il Signore. P. Angelo Sardone

Le ossa aride

«Io apro i vostri sepolcri, vi faccio uscire dalle vostre tombe e vi riconduco nella terra d’Israele. Riconoscerete che io sono il Signore» (Ez 37,12-13). Una scena macabra, quasi da fantascienza si apre davanti agli occhi del lettore del capitolo 37 di Ezechiele, il profeta che si fa interprete del Signore e del suo Spirito. È il celeberrimo capitolo delle “ossa aride”, una delle allegorie con le quali Jahwé intende ammaestrare il popolo d’Israele sull’efficacia del suo potere divino. Una pianura ben distesa è la tomba a cielo aperto di una grandissima quantità di ossa umane inaridite. Dio ingiunge ad Ezechiele di profetizzare e così dinanzi ai suoi occhi sorpresi, le ossa si alzano, si accostano l’una all’altra, si ricoprono di nervi, di carne e di pelle. Però Non c’è in loro ancora spirito di vita. Una ulteriore profezia invoca l’arrivo dai quattro venti dello Spirito che soffia sui cadaveri: improvvisamente essi rivivono; sono un esercito grande, sterminato. Le ossa inaridite sono il segno della speranza svanita e della fine che trova nel sepolcro l’ultima casa per il corpo ormai privo di vita. Solo lo Spirito di Dio può operare, e di fatto opera, il grande miracolo che in certo senso prelude ciò che avverrà alla fine del mondo quando il corpo si ricongiungerà con lo spirito. Uscire fuori dal sepolcro implica il ritorno alla fede matura e responsabile. L’aridità delle ossa non è data solo dalla fine della vita con la morte e la corruzione del corpo: si diventa aridi quando il proprio cuore è lontano da Dio e di conseguenza è lontano dagli altri ed anche da se stessi. Dio, solo per amore e pietà può intervenire e di fatto interviene, rimettendo nel cuore e nel corpo arido il suo spirito. Tutto torna a vivere. P. Angelo Sardone

Il cuore nuovo con lo Spirito nuovo

«Vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne» (Ez 36,24). Il ritornello profetico spesso proclamato e cantato nella Liturgia, è l’annunzio più evidente dell’amore eterno di Dio. Esso si discosta da una legge fatta di prescrizioni e doveri ed instaura un parametro nuovo della sua ragione di essere e del suo effetto: il cuore. La legge di Dio stampata nel cuore di ciascuno permette di rispondere ogni giorno al richiamo della verità insito nella coscienza, attraverso la forza e l’essenza dello Spirito, la terza persona della SS.ma Trinità. L’agire di Dio è in ragione del suo amore spontaneo, libero, efficace che si esprime nella santità che è il dono proprio dello Spirito. La novità ed il progresso nel cammino di fede del popolo di Israele e del nuovo popolo di Dio si stabilisce a partire da questo dato evidenziato secoli prima della venuta di Cristo e del dono travolgente della Pentecoste. La trasformazione operata dalla forza vivificante dello Spirito si riferisce al cuore, alla mente, alla vita. La purificazione con l’acqua del Battesimo, implica il lasciarsi prendere dagli ambienti nei quali si vive, dispersi nelle molteplici attività frastornanti e talora anche devianti per intraprendere un cammino nuovo, illuminato dalla Grazia ed accompagnato dalla cura ed attenzione spirituale di eletti ministri, santi e santificatori. Questo chiede la Parola di Dio. Questo chiede il buonsenso. Questo chiede il popolo di Dio che è stanco di compromessi e sceneggiate che appagano per un momento ed alimentano poi il vuoto che rimane sempre più profondo. P. Angelo Sardone

I cattivi pastori di Israele

«Eccomi contro i pastori: a loro chiederò conto del mio gregge e non li lascerò più pascolare il mio gregge» (Ez 34,10). L’immagine del pastore, cara alla mentalità ebraica ed in genere orientale, viene ripresa nella predicazione di Ezechiele e più tardi ancora in quella di Zaccaria. L’intero capitolo 34 è una invettiva contro i pastori di Israele, dediti alla bella vita, accusati di pascere se stessi, incuranti delle necessità e dei bisogni delle pecore facilmente preda delle bestie selvatiche. Vista questa situazione particolare, Dio stesso, pastore del suo gregge, il suo popolo eletto, prende in mano con autorità la sua gestione e lo sottrae da questa guida infame. Il suo intervento punitivo riguarda i pastori colpevoli dello scempio del gregge: a loro chiede conto di una gestione opportunista ed edonista, dedita solo al tornaconto alimentare e di potere. Visto che non sono stati in grado di amministrare il gregge affidato loro con fiducia e spirito di condivisione, Dio stesso riprenderà in mano tutto. Si legge in filigrana una situazione che spesso si riscontra nella società e nella Chiesa con pastori che non sono o non sono più all’altezza della situazione perché impreparati, imborghesiti mentalmente e socialmente, desiderosi di apprezzamento, di compiacimenti di tavola e di riflettori puntati, ma insensibili e lontani dai reali problemi, dalle difficoltà e dai pericoli che corrono le pecore loro affidate. S. Agostino già ai suoi tempi aveva commentato egregiamente questi passi profetici offrendo una straordinaria lettura ed intelligenti soluzioni. Il potere va esercitato non per servirsi delle pecore, ma per servirle. P. Angelo Sardone

La superbia smontata da Dio

«Tu sei un uomo e non un dio, hai reso il tuo cuore come quello di Dio» (Ez 28,2). Nella seconda parte del suo libro, denominata “Oracoli contro le nazioni”, il profeta Ezechiele lancia responsi tra l’altro, contro la città di Tiro che agli inizi del secolo V a.C. era una potenza commerciale. Dapprima favorevole a Gerusalemme, dopo il 587 l’abbandonò al suo destino e si rallegrò anche della sua caduta. A quel tempo era re Et-Baal II. A lui, e ancor di più alla città personificata dal suo re, si rivolge il Signore deprecando il suo potere assoluto come quello di un dio ed annunziando l’arrivo di popoli stranieri che deprederanno e distruggeranno la città. Allora si vedrà con chiarezza se il re è un dio che può allinearsi col vero Dio. In verità il re era modello di perfezione e ricco di sapienza e bellezza. La boria e l’orgoglio del suo essere lo ha riempito però di imperfezioni, di violenza e di peccati fino a farlo diventare opportunista e disonesto. Pur essendo diventato oggetto di terrore ora è inesorabilmente finito. Una pagina reale ed attuale si profila alla constatazione e seria riflessione. Quando non si vive sotto l’egida di un’umiltà concreta che è verità, si rischia di improvvisarsi onnipotenti con deliri soprannaturali che vanno a cozzare con la realtà che, se anche è dominata dai potenti, è sotto il controllo di Dio, paziente e misericordioso. La stessa ingannevole superbia presenta puntualmente il conto e fa pagare lo scotto maggiorato di una vanagloria inconsistente e fatua. Ciò avviene di frequente in ogni settore della vita e della società e non risparmia alcuno in ogni campo, sociale ed ecclesiale. Oggi si festeggia S. Rocco, un santo molto popolare, operatore di carità, particolarmente invocato contro ogni sorta di pestilenza. Auguri a coloro che ne portano il nome. P. Angelo Sardone

Assunzione di Maria (sintesi liturgica)

L’arca del Signore viene solennemente intronizzata a Gerusalemme nella tenda e per essa sono offerti olocausti e sacrifici. La benedizione nel nome del Signore conclude il grande momento liturgico preparato e voluto da Davide. Il segno richiama la vera arca della nuova alleanza, Maria, la donna vestita di sole, col capo coronato di dodici stelle ed il grembo pronto al parto: ha avuto la vittoria sul peccato e sull’enorme drago rosso per via di una singolare grazia e del Figlio da lei generato ed è stata assunta in cielo in corpo ed anima. Benedetta fra tutte le donne, Maria condensa nel Magnificat la lode perenne che si deve al Creatore per la sua potenza ed il soccorso offerto all’umanità ed esplicitato nell’umiltà di lei sua serva. La beatitudine proclamata su di lei da tutte le generazioni, mediante le parole di Gesù rimbalza su chiunque ascolta la Parola di Dio e la mette in pratica. La vittoria operata da Cristo con la sua risurrezione pone fino al dominio della morte e nel mistero dell’assunzione di Maria prospetta la finalizzazione ultima nella beatitudine eterna del cielo. P. Angelo Sardone  

La triste fine di Geremia scongiurata da uno straniero

«Prendi con te tre uomini di qui e tira su il profeta Geremìa dalla cisterna prima che muoia» (Ger 38,10). La vicenda umana di Geremia sta per concludersi tragicamente. La sentenza di morte è stata emessa dai capi che in un certo senso hanno poteri superiori a quelli del re Sedecia. Il profeta è giudicato come colui che scoraggia il popolo e cerca il suo male. Non vi era assurdità più grande! L’incomprensione era determinata dalla sfiducia in Dio e dalla ricerca del proprio interesse. Così il povero profeta finisce dentro una cisterna nell’atrio della prigione, colma di fango, ottima per farlo affondare e morire di fame. Solamente uno straniero, Ebed-Melech, un eunuco etiope, ha compassione della situazione del profeta giudicando male quello che gli è stato fatto. Il re accoglie il sollecito dell’eunuco e lo fa riportare in superficie. La morte sarà rimandata a più tardi, in Egitto. L’incomprensione che spesso avvolge la predicazione seria dei messi del Signore, procura gravi danni coinvolgendo a volte persone buone ma senza fondamenta umane e spirituali, spesso in balia della simpatia o dell’ignoranza. Chi ne va di mezzo sono i profeti veri, le cui parole puntualmente si avverano perchè non provengono dal loro modo di vedere ma dal filo intimo di relazione con Dio. Molte volte sono gli stessi beneficiati che si rivoltano stupidamente contro il beneficiario. Accade anche a Gesù la stessa cosa. Questi comportamenti si avverano quando l’annuncio del Vangelo non è accolto per quello che è, ma guardando ed operando in forza di una simpatia che è il corredo di predicatori talora superficiali ed opportunisti e da “devoti” altrettanto leggeri ed allergici ad un cambiamento vero di vita. P. Angelo Sardone

La giustizia di Dio

«Io giudicherò ognuno di voi secondo la sua condotta. Convertitevi e desistete da tutte le vostre iniquità, che non saranno più causa della vostra rovina» (Ez 18,30). Spesso con la Parola proclamata dai profeti, Jahwé richiama in maniera forte e chiara la responsabilità personale di ciascuno che si incastona in quella collettiva più ampia. La condotta morale e comportamentale di ciascuno rende responsabile davanti a Dio. I comandamenti del Signore diventano lo specchio nel quale rimirare il proprio operato sia nei confronti di Dio che dei propri simili. Il giusto che osserva il diritto e la giustizia, non affidandosi agli idoli, non disonorando la moglie del prossimo, non opprimendo alcuno, dividendo il pane con l’affamato, pronunciando retto giudizio fra un uomo e un altro, vivrà. Dio non vuole la morte del peccatore, ma la sua conversione: essa deve necessariamente qualificarsi con un cuore nuovo ed uno spirito nuovo, la rinunzia al tornaconto personale ed egoistico, l’abbandono della stupida ostinazione a non voler cambiare. Il recupero dell’amore di Dio avviene attraverso l’osservanza della legge di Dio, a cominciare dai precetti naturali, oggi così apertamente biasimati e violentemente bersagliati in nome di un ossessivo ed imposto progressismo ideologico. La stessa natura umana e fisica, atmosferica ed ambientale si ribella e fa scontare all’uomo scellerato la pena dovuta alle sue colpe reiterate. Il rifiuto di Dio diviene anche il rifiuto di se stessi. Dio ce ne guardi e liberi, finché siamo in tempo. La pandemia attuale non è solo quella del covid 19. Se si vuole, ci si può convertire e desistere dal male. Dio ci aiuta. P. Angelo Sardone

La più bella storia d’amore

«Ti feci un giuramento e strinsi alleanza con te e divenisti mia» (Ez 16,8). Una delle pagine simboliche più belle in assoluto che raccontano l’intensa storia di amore tra Dio ed il suo popolo con toni e termini antropomorfici molto significativi, è il capitolo 16 di Ezechiele. Il profeta, situandosi nella corrente analoga avviata da Osea, sviluppa in una lunga allegoria che tocca altri capitoli, la storia di Israele, come una storia di continua infedeltà. Il popolo è simboleggiato da una bellissima donna, a partire dalla sua nascita in Canaan, privata delle frizioni dopo il parto, abbandonata al suo destino e cresciuta come un arbusto selvatico. L’occhio di Dio la scorge nell’età dell’amore, stende addosso il mantello in segno di possesso e la fa sua. L’alleanza al Sinai è come il momento più alto dell’alleanza, col matrimonio. Nonostante ciò, infatuata della sua bellezza, ella si prostituisce facilmente con chiunque, attuando anche atrocità, come una “spudorata sgualdrina” (16,30). Il Signore l’abbandona a se stessa perché si prenda le sue responsabilità e le conseguenze determinate da questa incessante infedeltà che la porterà alla distruzione, attuata con la città e col tempio di Gerusalemme. Mai furono scritte cose così belle ed espressive che manifestano l’amore e le sue ragioni che spingono Dio ad amare il suo popolo, le sue creature, superando tutte le difficoltà dovute al suo stesso rifiuto. La storia si ripete oggi nella vita di chi, pur sentendosi amato e amata da Dio, per una inconsistenza spirituale dovuta alla sua superficialità o vanagloria, si lascia andare coi vari amanti che in ogni settore dell’esistenza, promettono beni che appagano al momento ma non hanno consistenza. P. Angelo Sardone

Chiara, pianticella del Signore

«Io, Chiara sono, benché indegna, la serva di Cristo e delle Sorelle Povere e pianticella del padre santo» (Dal testamento di S. Chiara). Il fascino misterioso di Gesù aveva condotto Chiara, figlia di una nobile famiglia di Assisi, quando aveva 19 anni, a seguire le orme di Francesco nella via stretta della perfezione evangelica. Come lui aveva ritenuto “signora nostra, la santissima povertà”, e si era legata con un vincolo indissolubile, quasi un privilegio, lasciato poi in eredità alle sue figlie che da lei prendono il nome di “Clarisse”. Fuggita da casa, si fa tagliare i capelli dai frati; deponendo per sempre gli ornamenti umani, diviene reclusa in un piccolo fabbricato accanto alla chiesa di San Damiano, restaurata da Francesco, dove è subito seguita da due sue sorelle di carne, da una cinquantina di donne e ragazze e, qualche anno dopo, anche da Ortolana, la  sua mamma. La povertà appresa da Francesco, “uomo nuovo”, padre suo nella sequela di Cristo, la fa immergere con le Povere Dame nella preghiera, vivendo dei proventi del lavoro e di qualche aiuto. Si professa serva delle sue suore cui lava i piedi, e dà esempi di grande umiltà sino alla fine. Cenere e cilicio sono strumenti e profumo della sua santità, unitamente ad un grande amore per l’Eucaristia che è arma efficace per respingere i Saraceni dall’assalto al monastero. Il suo fascino ancora oggi è fortemente vivo per tante ragazze e donne che attratte dal suo esempio seguono la vocazione claustrale, vivendo in povertà, letizia e semplicità di cuore. Auguri a tutte coloro che portano questo bel nome, perché, sull’esempio della “pianticella di Assisi”, crescano in virtù e producano frutti di santità di vita per splendere di luce vera ed infrangere il buio della falsa ricchezza. P. Angelo Sardone