Inizio del discorso sul Pane della vita

XVIII domenica T.O. Il deserto e la privazione delle cose essenziali fanno guardare indietro e non avanti. Pane, carne, cipolle d’Egitto attentano al palato affamato ed assetato del popolo d’Israele e suscitano una aspra mormorazione. Invece di stroncare questo atto vile e meschino, il Signore risponde con acqua, carne e pane che dona con generosità. La manna del deserto era solo il segno del vero cibo che è Gesù Cristo: Egli rimane presente nel mondo e nel tempo col mistero dell’Eucaristia e continua a dare la vita per il mondo. Certo modo di pensare e di comportarsi alla leggera è tipico dei pagani ed è deprecabile. Gesù istruisce ed induce ad abbandonare la condotta di prima, l’uomo vecchio corrotto dalla passione, a rinnovare nello Spirito mente e corpo ed a rivestire l’uomo nuovo, frutto di una autentica conversione nella giustizia e nella vera santità. P. Angelo Sardone

Il sapere ed il gustare

  1. «Non il molto sapere sazia e soddisfa l’anima, ma il sentire e gustare le cose internamente». Queste parole sono contenute nel famoso testo degli Esercizi spirituali del santo basco Ignazio di Lojola (1491-1556), fondatore della Compagnia di Gesù, uno stile nuovo di vita evangelica. Pellegrino, cavaliere, asceta e mistico, egli è protagonista della Riforma cattolica nel XVI secolo. Convertito alla fede dopo giorni di convalescenza e ispirato dalla lettura della vita di Cristo, fece la confessione generale della sua vita ed emise il voto di castità perpetua. Si dedicò allo studio mettendosi a disposizione di altri con il metodo degli Esercizi spirituali, sperimentati insieme ai primi suoi seguaci nella Compagnia. La sua Autobiografia ed il Diario spirituale sono fonti qualificate di una spiritualità che si divulgherà attraverso il nuovo Ordine religioso. Esso avrà come capisaldi il carattere apostolico, l’aiuto agli uomini a progredire nella fede e nella cultura religiosa, la povertà, l’obbedienza alla Santa Sede e al Superiore Generale, la promessa di andare ovunque il papa avesse indicato, le missioni. Nel programma di vita per sé ed i suoi seguaci, oltre il ministero dell’insegnamento che divenne una delle attività principali dell’Ordine, vi era l’attenzione ai poveri, agli orfani, agli ammalati. Morì per cirrosi epatica il 31 luglio 1556. Il suo corpo è venerato sotto l’altare del braccio sinistro del transetto della Chiesa del Gesù a Roma. Per S. Ignazio il discernimento consiste nel distinguere la luce che viene da Dio da altre luci falsamente attribuite a Dio. La luce di Dio si evidenzia anche nel simbolo scelto dai Gesuiti, “Cristo come un sole” con al centro il trigramma IHS, Iesus hominum Salvator, Gesù Salvatore degli uomini. La cultura ed il sapere non possono mai saziare e soddisfare fino in fondo senza aver provato il gusto interiore e profondo delle cose di Dio. P. Angelo Sardone

L’osservanza della Legge: impegno del popolo

«Tutti i comandamenti che il Signore ha dato, noi li eseguiremo!» (Es 24, 3). Il cammino del popolo d’Israele nell’esodo sotto la guida di Mosè viene caratterizzato particolarmente dall’Alleanza e dal dono della Legge sul monte Sinai. Ciò avviene al terzo mese dalla partenza dall’Egitto. Dio prepara Mosè chiamandolo sul monte e dandogli istruzioni ben precise. Con l’Alleanza, Israele diventerà come un bene personale di Dio ed il popolo sarà santo, cioè consacrato. Il terzo giorno, dopo salite e discese di Mosè e varie teofanie, Dio parla e pronuncia il Decalogo, i dieci comandamenti, il cuore stesso della Legge. Il Pentateuco lo riporta in due versioni: Es 20 e Dt 5. Le parole sono ritmate in maniera tale che si possono facilmente ritenere a mente e ripetere oralmente. Esse sono il compendio della vita religiosa e morale del popolo. La condizione posta da Dio è il culto esclusivo riservato a Lui ed è parte integrante dell’alleanza. In ciò Israele si distinguerà da tutti gli altri popoli. Le promesse e le istruzioni per introdursi nella terra di Canaan concludono il lungo testo riportato in quattro capitoli del Libro dell’Esodo. Fedele al mandato ricevuto da Dio Mosè riferì al popolo tutte le parole del Signore, ossia il libro dell’Alleanza, il decalogo. Tutto il popolo accolse le parole e le norme ascoltate e più volte, concorde affermò la volontà di eseguire tutto quanto gli era stato ingiunto. Il decalogo, la legge positiva di Dio si imprimerà nel cuore di ogni credente e diventerà la legge della volontà di Dio e l’itinerario certo della propria santificazione. P. Angelo Sardone

Contemplattivi

«Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo» (Gv 11,27). A Betania, a pochi chilometri di Gerusalemme, dove spesso Gesù si fermava in occasione della sua predicazione in terra di Giudea, vivevano Marta, Maria e Lazzaro. La loro casa era molto ospitale. Marta governava la casa con passione, zelo e fatica e rispondeva perfettamente al suo nome che significa “signora”. Godeva dell’amicizia e della stima di Gesù. Piuttosto ingiustamente, sulla base di quanto riportato dall’evangelista Luca (10,38-42) è ritenuta il prototipo dell’attivista, al contrario della sorella Maria che si pone in ascolto del Maestro. L’episodio della risurrezione di Lazzaro, la riporta in una dimensione più propria con una straordinaria professione di fede in Gesù, nella risurrezione dei morti e nella divinità di Cristo che potrà fare qualunque cosa. Essa manifesta una grande luce che pervade la sua vita a seguito del buio per la morte del diletto fratello. L’occupazione delle cose materiali non è inutile, ma deve essere sempre relativa a quella destinata alle cose di Dio, che al dire di Gesù, sono “la parte migliore” che non viene tolta. Non si tratta di eliminare qualsiasi forma di attivismo, ma di armonizzare l’azione con la contemplazione in maniera sensata ed equilibrata. Don Tonino Bello aveva intuito una intelligente mediazione coniando un neologismo lessicale da applicare ai cristiani: occorre essere contemplattivo/a. Per disposizione di Papa Francesco nel Calendario Romano Generale la memoria di santa Marta è stata ridenominata dei “Santi Marta, Maria e Lazzaro”. P. Angelo Sardone

Mosè ed il suo volto di luce

«Quando Mosè ebbe finito di parlare a loro, si pose un velo sul viso» (Es 34,33). Il prolungato contatto con Diofu per Mosè un’esperienza straordinaria. I postumi gli rimasero in viso: la sua pelle era diventata raggiante, tanto da doversi mettere un velo sul viso. Il testo sacro riporta una tradizione che si riferisce ai raggi che il volto di Mosè emanava, come due corni. A questo si ispirò il grande Michelangelo quando tra il 1513 ed il 1515 riprodusse in una imponente scultura marmorea conservata nella Basilica di San Pietro in Vincoli a Roma, il famoso Mosè con una solennità e maestosità unica. Il profeta è seduto, con una folta barba con testa e sguardo rivolti a sinistra. Il braccio destro regge le tavole della Legge che sembrano rovesciate, come se fossero scivolate. Attorno alla scultura straordinaria per la bellezza artistica e reale è sorta la leggenda secondo la quale lo stesso Buonarroti dopo averla contemplata avrebbe percosso il ginocchio col martello ed esclamato «Perché non parli?». Ogni forte esperienza con Dio lascia il segno: la luce abbagliante che deriva dal contatto intimo col Signore, invade non solo il cuore, ma permea di splendore tutta la persona rendendola lucente e quasi inavvicinabile. Questo è il motivo per il quale i Santi spesso sono definiti fari o strade di luce. La penitenza corporale e l’intimità con Dio, soprattutto se protratti nel tempo, svuotano sempre più dell’umano e riempiono di sorprendente luce divina che abbaglia e diffonde luce intorno. P. Angelo Sardone

Le tavole della Legge

«Mosè rimase con il Signore quaranta giorni e quaranta notti, senza mangiar pane e senza bere acqua» (Es 34,28). Il dettagliato racconto del Libro dell’Esodo si concentra particolarmente sul dono dei Comandamenti. Avvertito direttamente da Dio che il popolo si era pervertito forgiando un vitello d’oro dinanzi al quale si era prostrato, Mosè si affrettò a scendere dal monte con in mano le tavole della Testimonianza. Su di esse Dio aveva inciso davanti e di dietro la sua Legge. Visto il vitello e le danze ed udito i suoni Mosè spezzò le tavole ai piedi della montagna. Poi fece il resto: ridusse in polvere il vitello, lo versò nell’acqua e la fece trangugiare agli Israeliti. Il Signore lo richiamò sul monte Sinai gli fece portare due tavole di pietra come le prime e, dopo averlo trattenuto per quaranta giorni e quaranta notti senza mangiare e bere, su di esse ancora una volta incise il Decalogo, le dieci parole dell’Alleanza. Si tratta di una forma altamente immaginifica che stabilisce l’origine divina e l’autorità stessa del Decalogo. Come afferma il Catechismo della Chiesa Cattolica, esso è il primo stadio della Legge rivelata che pone i fondamenti della vocazione dell’uomo. È la sintesi di ciò che è contrario all’amore di Dio e del prossimo e la prescrizione di ciò che è essenziale. «Dio ha scritto sulle tavole della Legge ciò che gli uomini non riuscivano a leggere nei loro cuori» (Sant’Agostino). Sono i principi validi per tutti gli uomini, lo spiraglio di luce che offre alla coscienza di ogni uomo la via del bene e la libera da ogni orientamento al male. P. Angelo Sardone

Gioacchino ed Anna, i genitori di Maria di Nazaret

«Per sempre rimarrà la loro discendenza e la loro gloria non sarà offuscata» (Sir 44, 13). Il Libro del Siracide, o Ecclesiastico, detto così perché in uso nella Chiesa primitiva, contiene l’Elogio degli Antenati ricordati e celebrati in ben sette capitoli, a firma di un saggio di Gerusalemme. Esso passa in rassegna gli eroi dell’Antico Israele da Enoch fino a Neemia. Il catalogo non contiene i nomi di Gioacchino ed Anna, che secondo la Tradizione sono i genitori di Maria di Nazaret, i nonni materni di Gesù. Di essi invece riferisce uno scritto apocrifo del II secolo, il Protoevangelo di Giacomo. I secoli successivi recepirono questa informazione. S. Giovanni Damasceno (VII-VIII secolo) parla di loro come di una “felice coppia”, conosciuti dal frutto del loro seno, la Vergine Maria cui ogni creatura è debitrice per il dono di Gesù. Ad essi si può applicare il passaggio che elogia la loro discendenza ed altrettanta gloria che continua ancora oggi. Erano ricchi e devoti ma non avevano figli. La loro storia si muove analogamente a quella di Elisabetta e Zaccaria: il Signore mediante un Angelo preannunzia a ciascuno di loro il concepimento e la nascita di un figlio, cioè Maria. Quando Ella ebbe l’età di tre anni, memori della promessa fatta al Signore nella richiesta del dono di un figlio, la presentarono al Tempio e l’affidarono ai sacerdoti, al servizio del tempio stesso. Di Gioacchino non si sa niente. Anna è ricordata in altri scritti apocrifi successivi, e morì all’età di ottant’anni. Il loro culto si diffuse prima in Oriente e poi in Occidente. Sono l’icona dei nonni cristiani. S. Anna è invocata nei parti difficili, contro la sterilità coniugale ed è protettrice delle partorienti. Auguri a tutti coloro che portano i loro nomi. P. Angelo Sardone

I venti pani d’orzo del profeta Eliseo

«Dallo da mangiare alla gente. Dice il Signore: Ne mangeranno e ne faranno avanzare» (2Re 4,43). Lo Spirito del Signore come fu operante in Elia continuò ad esserlo con Eliseo che aveva ricevuto il suo mantello ed i due terzi del suo spirito profetico. Il ciclo del suo ministero è raccontato nel secondo Libro dei Re che lo presenta come un taumaturgo. In particolare sono riportati alcuni miracoli a lui attribuiti, uno dei quali è la moltiplicazione dei pani e del farro, una sorta di anticipazione della moltiplicazione dei pani ad opera di Gesù. Eliseo si trova in Galgala dove imperversa una terribile carestia. Un individuo giunto da vicino gli offre venti pani d’orzo e del farro. Il profeta immediatamente gli ordina di darli da mangiare alla gente, un centinaio circa. Dinanzi alla naturale titubanza del benefattore dato il numero esiguo dei pani ed il rilevante numero dei bisognosi, Eliseo insiste perché lo faccia, sicuro che, secondo la parola del Signore tutti ne mangeranno, anzi ne avanzeranno. E così avviene puntualmente. L’evento è la prefigurazione di quanto Gesù compirà prima con le due moltiplicazioni dei pani e poi con l’istituzione dell’Eucaristia con la quale ogni giorno si moltiplica il nutrimento santo del pane del cielo. Da sempre il Signore provvede di cibo materiale e spirituale tutti coloro che si affidano a Lui e che attraverso la Chiesa che fa l’Eucaristia e da essa è nutrita, prolunga per i secoli il grande miracolo della transustanziazione e del nutrimento celeste. Senza questo cibo non si può vivere. P. Angelo Sardone

Il santo taumaturgo del Libano

«Non vendere l’anima al mercato del mondo, è troppo preziosa. Il suo prezzo è il sangue di Cristo» (S. Charbel). Si celebra oggi la memoria di San Charbel Makhlouf (1828-1898), al Battesimo, Youssef (Giuseppe), eremita, taumaturgo, membro dell’Ordine Libanese Maronita. Fa parte del gruppo dei 4 santi maroniti insieme con S. Nimatullah, Santa Rafqa e il beato Stefano. Preghiera, penitenza, silenzio e nascondimento hanno contraddistinto la sua vita uniti ad un fervente amore alla Vergine Maria. Di lui si narra che non sapendo della disposizione del suo Superiore di non accendere la lanterna della camera in segno di povertà, aveva chiesto al servo della casa di mettere olio per poter restare in preghiera. Quest’ultimo invece aveva versato acqua. La lampada si accese comunque con grande imbarazzo del Superiore che gli chiese scusa e del servitore che aveva inteso prendersi gioco di lui. La morte lo colse dopo atroci sofferenze. Il suo sepolcro è stata una cattedra di insegnamento e un luogo di guarigioni inspiegabili legati al trasudamento di sangue ed acqua. Il corpo riesumato, fu trovato intatto e morbido e si mantenne tale fino alla beatificazione nel 1965. Viene considerato il “Padre Pio del Libano”. Non resta nulla di scritto: tutto ciò che si conosce è frutto di ricordo e trasmissione orale. Lo scorso anno l’arcivescovo di Milano mons. Mario Delpini ha affidato all’intercessione del santo maronita l’Ospedale in Fiera di Milano, attrezzato per fronteggiare la pandemia del Covid 19. La diffusione del culto ed il continuo ricorso a Lui, attesta la bellezza della sua figura e l’efficacia della sua intercessione. P. Angelo Sardone

Santa Brigida, compatrona di Europa

«La vita che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me» (Gal 2,20). La lettera di S. Paolo alle diverse comunità della Galazia, provincia romana dell’odierna Turchia centrale, contiene chiarimenti circa l’autenticità del suo annuncio, la centralità di Cristo e l’identità della libertà cristiana. Tutto questo a fronte di distorti insegnamenti di alcuni missionari circa l’incompletezza del messaggio di Paolo e l’affermazione che la salvezza esigeva il rispetto della Legge di Mosè. Da essa si evince la vera identità della fede cristiana e l’impegno pastorale dell’Apostolo per la crescita tra i cristiani. Le espressioni da toni fortemente biografici e personali attestano con vigore e passione la verità della fede in Cristo morto e risorto che ha stravolto la sua vita e lo ha reso testimone ed annunciatore. Brigida di Svezia (1303-1373), la santa compatrona dell’Europa, la cui festa oggi celebriamo, esprime nella sua vita e nella sua opera i presupposti paolini, con una esistenza complessa e varia nella molteplice espressione vocazionale di moglie già a 14 anni, madre di 8 figli, vedova, religiosa, mistica, fondatrice di un ordine monastico e depositaria di rivelazioni ricevute da Gesù Cristo. La Chiesa “ha accolto l’autenticità complessiva della sua esperienza interiore” (S. Giovanni Paolo II), l’amore per la pace e la ricorda come esempio di una santità dalla poliedrica sfaccettatura in campo religioso e sociale. Le orazioni di S. Brigida sulla passione di Gesù, unitamente alle rivelazioni, pur non essendo oggetto di fede, sono tuttora praticate da numerosi fedeli con buoni frutti spirituali. P. Angelo Sardone