Il ristoro degli Apostoli

«Gesù vide una grande folla, ebbe compassione, erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose» (Mc 6, 34). Tornati dal loro primo impegno missionario gli Apostoli si stringono attorno al Maestro per raccontargli ciò che hanno fatto, visto ed annunziato. L’evangelista Marco che ha appreso questo particolare da Pietro, è molto sobrio nella descrizione e non riferisce alcuna reazione di Gesù, se non la sua preoccupazione di invitarli ad andare con Lui in un luogo isolato per potersi riposare. L’invito è giustificato dal fatto che effettivamente gli Apostoli erano stanchi e poi perché erano tanti coloro che andavano e venivano, che non davano loro tregua neppure per poter prendere un boccone. Per spezzare il flusso dei fedeli, Gesù sceglie un luogo deserto, raggiungibile con la barca. Il tentativo di isolarsi si rivela comunque vano perché la gente che li vede partire, intuisce dove stanno per recarsi e addirittura li precedono da tutte le parti ed anche a piedi. Ciò commuove profondamente il cuore di Gesù. La folla ha sempre commosso Cristo. In essa Egli ha ravvisato, secondo un detto comune anche agli altri due vangeli sinottici, un gregge di pecore senza pastore. Il bisogno di Dio spinge chiunque, piccolo o grande, sano o malato a ricercare Gesù per ascoltare la sua voce. Il Maestro puntualmente insegna tante cose. A molta gente corrispondono molte cose. L’insegnamento è consono alle esigenze molteplici del popolo di Dio, da quelle fisiche a quelle spirituali. Il ministero dell’annuncio continua attraverso l’opera dei sacerdoti, che sentono viva la compassione per il popolo di Dio e diventano pastori secondo il cuore di Dio. P. Angelo Sardone

XVI domenica del Tempo Ordinario

È sonoro il rimprovero di Dio e dura la punizione riservata ai pastori che fanno perire e disperdere il gregge. Non si preoccupano delle pecore anzi le scacciano. Il Signore stesso prende allora in mano la situazione: le raduna, le fa tornare ai pascoli, le rende feconde. Costituisce pastori capaci di tenere il gregge a bada e nell’unità. Quando gli Apostoli inviati da Gesù ad evangelizzare ritornano e si mettono a raccontare quanto hanno visto e fatto, il Maestro se li porta in disparte da soli per farli riposare. Sopraggiunta la folla, Gesù prova una grande compassione per loro come per pecore senza pastore. Perciò insegna molte cose. Il sangue di Cristo trasforma i lontani in vicini, facendoli diventare una cosa sola; abolisce la legge e riconcilia tutti con Dio. Tutti così possono presentarsi al Padre in Cristo Signore e nel medesimo Spirito. P. Angelo Sardone.

Gli Israeliti in Egitto

«La permanenza degli Israeliti in Egitto fu di quattrocentotrent’anni» (Es 12,40). Questa annotazione si pone quasi a conclusione del capitolo 12 dell’Esodo, un testo fondamentale dell’intera Sacra Scrittura, dedicato alla “Pasqua” con le relative prescrizioni dettate da Dio a Mosè, il racconto dell’ultima piaga della morte dei primogeniti, la spoliazione degli Egiziani e la partenza del popolo di Israele dall’Egitto. La pasqua era un’antica festa di primavera dei pastori nomadi che solevano sporcare la parte alta della tenda con il sangue degli agnelli: il gesto aveva una funzione apotropaica, cioè tenere lontano il “mashit” lo sterminatore dal gregge. Molto probabilmente il popolo d’Israele la conosceva ed è verosimilmente la “festa di Jahwé” che Mosè chiede al faraone il permesso di andare a celebrare. L’uscita dall’Egitto coincise con la celebrazione della festa e divenne un vero e proprio memoriale. In effetti in questa maniera l’Esodo, secondo una logica conclusione degli studiosi, è un abbozzo della nostra redenzione. Gli Israeliti rimasero sotto gli Egiziani per 430 anni. Gli esegeti affermano che tale periodo anni non è riferito solamente alla dimora degli Ebrei in Egitto. La traduzione greca della Bibbia, detta dei “Settanta” aggiunge al paese d’Egitto il paese di Canaan, come anche il Pentateuco samaritano annota “nel paese di Canaan e nel paese d’Egitto”. Il periodo di 430 anni abbraccia quindi sia la dimora di Abramo in Canaan che quella degli Ebrei in Egitto. Lo stesso S. Paolo afferma che la Legge venne 430 anni dopo le promesse fatte ad Abramo (Gal 3,17). La ricchezza storica diviene la ricchezza teologica che richiede lettura, interpretazione, applicazione. P. Angelo Sardone