San Girolamo cultore della Parola di Dio

«L’ignoranza delle Scritture è ignoranza di Cristo» (San Girolamo). La Sacra Scrittura scaturisce direttamente da Dio. È la sua Parola scritta sotto l’ispirazione dello Spirito santo, resa nota dai profeti e consegnata da Cristo e dallo Spirito agli Apostoli ed ai loro successori, perché attraverso la fedele predicazione la conservino, la espongano e la diffondano. La Liturgia ricorda oggi uno dei più grandi Padri della Chiesa, straordinaria icona di erudizione e cultura biblica, S. Girolamo nato a Stridone in Croazia il 347. La Chiesa di tutti i tempi gli sarà perennemente grata. Lo considera infatti esimio suo benefattore per l’ardua impresa, il grande lavoro di traduzione dei testi biblici dalla lingua originale nella lingua latina che sarà detta “Vulgata”, lo studio approfondito e la stesura di testi storici, dottrinali ed educativi. Si deve proprio a lui la singolare espressione: «l’ignoranza delle Scritture equivale all’ignoranza di Cristo». Pur dotato di un carattere non facile, lasciò la vita mondana per quella ascetica ed eremitica acquisendo una notevole competenza di studioso soprattutto della Parola di Dio, avendo una singolare familiarità con la lingua greca, ebraica e latina. Dal 386 si trasferì a Betlemme dove nel silenzio e nella preghiera della sua cella fino alla morte avvenuta il 420, svolse un’intensa attività di commento alla Sacra Scrittura, di difesa della fede, di insegnamento della cultura classica e cristiana ed accoglienza dei pellegrini che visitavano la Terra Santa. La sua memoria spinge all’amore ed allo studio della Parola di Dio, a vivere in contatto giornaliero con la Bibbia, ad accogliere soprattutto attraverso la Liturgia, il messaggio giornaliero che il Signore rivolge a tutti i suoi figli. P. Angelo Sardone 

«Non a noi Signore, non a noi, ma al tuo nome da’ gloria» (Sal 114,1).

L

«Consacrato al Padre nel giorno del Battesimo, in risposta all’amore del Signore Gesù che mi ha chiamato a seguirlo più da vicino e condotto dallo Spirito Santo che è luce e forza, in piena libertà, faccio voto di castità, povertà, obbedienza e di zelare l’adempimento del comando del Cuore di Gesù: “Pregate il Signore della messe perché mandi operai nella sua messe”, secondo le Costituzioni dei Rogazionisti. Mi affido con tutto il cuore a questa Famiglia religiosa, affinché con la grazia dello Spirito Santo, l’aiuto della Beata Vergine Maria, dei Santi Patroni della Congregazione e di sant’Annibale Maria Di Francia, nostro Fondatore, possa conseguire la perfetta carità nel servizio di Dio e della Chiesa». Con queste parole 50 anni fa come oggi, 29 settembre 1971, Festa dei santi Arcangeli Michele, Raffaele e Gabriele, feci la prima professione religiosa ed entrai a far parte della Congregazione dei Rogazionisti. P. Giuseppe Aveni, ora Servo di Dio, sacerdote di preclare virtù umane e religiose, nel Noviziato ci aveva introdotto ai valori essenziali della vita religiosa, con le sue parole e soprattutto col suo esempio. Il tempo ha consolidato questo grande dono con quello sublime del sacerdozio ricevuto 9 anni dopo, rendendolo la mia stessa vita, a servizio di tutti quelli che ho incontrato sul mio cammino. La preghiera per le vocazioni, la carità verso i piccoli ed i poveri, uniti all’amore per S. Annibale e la Storia rogazionista, la musica e il canto, la diffusione del carisma del Rogate tra i laici e la pastorale vocazionale giovanile e familiare, sono da allora gli elementi portanti della mia vita. Rendo lode e gloria al Signore con tutto il cuore. Non basterà un’intera vita per cantare la mia gioia e dire il mio grazie. P. Angelo Sardone

Il bisogno di Dio

«Vogliamo venire con voi, perché abbiamo udito che Dio è con voi» (Zac 8,23). La ricostruzione del tempio di Gerusalemme richiama oltre lo splendore della casa di Dio, il desiderio di recarvisi per supplicare il Signore degli eserciti. È Dio stesso a ricordarlo al suo popolo attraverso la voce profetica di Zaccaria. Vi è di più. Il luogo sacro diviene la meta anche per altri popoli numerosi e potenti soprattutto perché lì si trova il Signore che accoglie, parla, dona vita e sicurezza. L’esperienza spirituale degli Ebrei ed il loro rapporto con Dio, secondo la Parola, deve essere talmente accattivante e convincente che uomini provenienti da tutte le lingue del mondo vorranno raggiungere la terra benedetta di Sion perché sanno che si tratta del Signore che abita in mezzo al popolo, l’Emmanuele, il Dio con noi. Il testo profetico è di sorprendente attualità perché riporta da una parte la sacralità e la maestosità della casa di Dio, dall’altra la testimonianza dei credenti, il cui esempio incita anche chi non crede, ad andare per vedere se tutto quello che hanno udito corrisponde a verità. La vita dei cristiani, oggi, in una società a sempre minore densità di fede, deve diventare il volano per tutti i popoli che dovrebbero poter dire: vogliamo venire anche noi, ci affascina la cosa. La testimonianza è attraente più che le parole che non convincono. Non è lo sfarzo liturgico e la pomposità dei gesti, ma la coerenza evangelica che attrae ed induce a cercare il Signore. Nonostante le forti contraddizioni sociali, politiche e morali, il bisogno di Dio permane nel profondo della vita. È indice non solo della precarietà dell’esistenza umana, ma soprattutto del fascino che Dio stesso sprigiona nel cuore e nell’animo delle sue creature. P. Angelo Sardone.

I SANTI MEDICI, valenti intercessori

«Quando lo Spirito si fu posato su di loro, quelli profetizzarono» (Nm 11,25). Lo Spirito santo opera efficacemente in coloro sui quali scende e li rende mezzi di evangelizzazione. L’esperienza biblica lo dimostra con abbondanza. La sua effusione trasforma menti e cuori rendendoli strumenti di salvezza e di guarigione spirituale e materiale. Oggi si ricordano due testimoni della fede molto popolari, i santi Medici Cosma e Damiano. Secondo alcune tradizioni, fanno parte di un gruppo familiare di cinque fratelli e costituiscono da sempre un eccezionale riferimento spirituale per tanti cristiani. Erano “anargiri” cioè prestavano gratuitamente i loro servizi professionali senza farsi ricompensare di oro o di argento. La loro vita e le loro gesta sono riferiti succintamente dalla Tradizione che li vuole nativi nell’Arabia e martiri a Ciro nella Siria, ed attesta come sin dai primi secoli della Chiesa il loro culto fosse praticato e molto sentito. Lo conferma anche l’inserimento dei loro nomi nel Canone romano e l’omonima basilica eretta in Roma in loro onore. Vi è un forte legame tra la festa di questi Santi e il mistero di Cristo: essi mettono in evidenza la realizzazione concreta del disegno di salvezza, proclamando «le meraviglie di Cristo» anche attraverso la loro intercessione per la guarigione dell’anima e del corpo. Per la pietà popolare, i tantissimi fedeli che a loro si rivolgono con fede e la stessa Liturgia, il giorno della loro festa ha una grande importanza. Auguri a tutti coloro che portano i loro nomi, perché possano ricalcare nella vita i loro esempi e la loro eccellente testimonianza cristiana. P. Angelo Sardone

S. VINCENZO DE’ PAOLI: a lui si ispirò S. Annibale M. Di Francia

«Mi ha mandato per annunziare ai poveri il lieto messaggio e a risanare chi ha il cuore affranto» (Lc 4,18). Dopo aver subìto le tentazioni da parte del demonio, in Giudea, Gesù fece ritorno in Galilea e precisamente a Nazaret luogo nel quale era stato allevato e lì diede inizio alla sua predicazione nella locale sinagoga. Gli fu dato il rotolo del libro che si stava leggendo, il profeta Isaia. Lo aprì e lesse il passo iniziale del capitolo 61. In esso il profeta asserisce di aver ricevuto lo Spirito e di essere stato mandato a compiere la missione risanatrice particolarmente per i poveri e gli afflitti. Gesù affermò che quella parola in quel momento in Lui trovava compimento. La medesima missione si è realizzata nel corso dei secoli con tanti Santi che hanno espresso come Cristo un’attenzione straordinaria verso i poveri con l’evangelizzazione e l’assistenza. Oggi si ricorda il francese S. Vincenzo dei Paoli (1581-1660), colosso della carità, dedito nel suo apostolato a servizio degli ultimi. L’attenzione verso i bisognosi caratterizzò in pieno la sua esistenza nel duplice versante del soccorso spirituale e della promozione umana e sociale. Fu sorprendente la sua carriera apostolica: a 19 anni fu ordinato sacerdote; parroco e precettore di ragazzi, fondatore delle Dame di carità, laiche al servizio dei poveri, dei Preti della missione, delle Suore della carità; formatore di seminaristi e sacerdoti, influente presso la corte del Re di Francia. Al suo zelo di carità si ispirarono diversi Santi tra i quali S. Annibale M. Di Francia che, come lui, amava chiamare i poveri “duchi, baroni e principi”. Laici ed ecclesiastici, uomini e donne ancora oggi ricalcano le sue orme in un servizio encomiabile ai poveri, antichi e moderni. Auguri vivissimi a chi ne porta il nome. P. Angelo Sardone

XXVI Domenica del Tenpo ordinario. Sintesi liturgica

Lo Spirito posatosi su settanta anziani li rende profeti. Altri due uomini, pur rimasti fuori dell’accampamento, cominciano a profetizzare destando sconcerto nel popolo che chiede a Mosé di impedirlo. Il Signore pone lo Spirito su ciascuno e tutti possono diventare profeti. Succede la stessa cosa con Gesù: un tale scaccia i demoni nel suo nome e gli Apostoli vogliono impedirglielo perché non appartiene ai suoi seguaci. Il Maestro chiarisce che chi ha fatto questo certamente non potrà schierarsi contro di Lui. Dona quindi una serie di indicazioni pratiche in riferimento alla generosità, allo scandalo ed ai criteri per resistere ad esso e superare ogni difficoltà. Analoghi avvertimenti offre Giacomo nella sua lettera-omelia soprattutto ai ricchi. Le ricchezze sono marce e le proteste dei lavoratori senza salario arrivano al cielo. I piaceri e l’accumulo dei beni spingono il Signore ad intervenire in maniera adeguata e giusta. P. Angelo Sardone

Zaccaria, il profeta della ricostruzione

«Rallégrati, esulta, figlia di Sion, perché, ecco, io vengo ad abitare in mezzo a te» (Zc 2,14). Il profeta Zaccaria, contemporaneo di Aggeo, come lui si preoccupò della ricostruzione del tempio, della restaurazione della nazione e soprattutto dell’osservanza delle leggi e del richiamo alla fedeltà. Non si sa quasi nulla della sua vita: era sacerdote ed operò tra il 520 ed il 500 a.C. Otto visioni costituiscono la prima parte il suo libro, mentre i rimanenti otto capitoli possono riferirsi ad un altro autore comunemente detto deutero (cioè secondo) Zaccaria.  La Parola odierna è di consolazione e di speranza che stimola all’azione. La salvezza verrà anche attraverso la ricostruzione del Tempio e la restaurazione del vero culto a Dio, guardando all’era messianica. Il Messia infatti, sarà il “dio con noi” colui che porrà la sua dimora in mezzo al popolo rendendolo unito. La città di Gerusalemme e di conseguenza il popolo d’Israele, viene personificata come “figlia di Sion”, i cui tratti sono quelli della sposa e della dimora di Dio. Proprio ad essa viene annunciata la gioia del ritorno di Dio, in maniera che supera la umana reazione dinanzi ad una situazione di rifiuto spirituale ed infedeltà. Dio ritorna con la sua potenza, la gloria, l’efficacia della sua azione vittoriosa sui nemici. Le vicende storiche di Israele si intersecano con quelle della storia perenne del popolo di Dio sempre bisognoso di salvezza e di consolazione per superare le frustrazioni continue determinate dal peccato e dall’allontanamento dalla fede. Dio rimane sempre con noi ed abita oltre che nei nostri cuori, nella tenda eucaristica di ogni tabernacolo. P. Angelo Sardone

Aggeo, il profeta del “coraggio”

«Coraggio, popolo tutto, perché io sono con voi; il mio spirito sarà con voi, non temete» (Ag 2,4-5). Aggeo è uno dei dodici profeti minori, non molto conosciuto, del quale non si sa nulla, fatta eccezione per la citazione nel Libro di Esdra. Il suo testo è brevissimo, due capitoli appena che contengono cinque allocuzioni scritte in terza persona e datate tra il mese di agosto e dicembre del 520 a.C. Porta a compimento la triade dell’azione di Dio distinta in fasi storiche: prima dell’esilio “punizione”; nell’esilio “consolazione”, dopo l’esilio “restaurazione”. Era cominciata la ricostruzione del tempio a Gerusalemme ma si era anche interrotta. Il profeta rassicura il popolo che, nonostante il tempio non potrà uguagliare la gloria e la maestosità di quello di Salomone, la sua gloria sarà maggiore di quella del primo perché Dio stesso porterà la vera ricchezza del tempo messianico. È Dio che conduce la storia ed è presente in mezzo al popolo col suo Spirito. Il popolo è scoraggiato, i prodotti della terra sono stati colpiti. Il capovolgimento che sta per avvenire unito alla ricostruzione del tempio sono il vero preludio dell’era messianica che sarà un’era di salvezza e di pace. Quante volte nella storia di ogni tempo si ripete la parola “coraggio” che etimologicamente richiama il cuore, indicando propriamente una forza d’animo nel sopportare con serenità e rassegnazione i dolori, nell’affrontare i pericoli, nel fare anche cose che comportino sacrificio. Tutti ne abbiamo bisogno, soprattutto oggi sballottati da pensieri confusi ed indicazioni fuorvianti! P. Angelo Sardone

La grande preghiera di Esdra

«Il nostro Dio ci ha resi graditi ai re di Persia, per conservarci la vita ed erigere il tempio del nostro Dio» (Esd 9,9). Il libro di Esdra contiene una preghiera da lui innalzata al colmo della costernazione per aver appreso che il popolo d’Israele e particolarmente i sacerdoti ed i leviti, una volta rimpatriati, non si erano separati dai culti e dagli abomini delle popolazioni locali. I gesti che compie sono tipici di una situazione di enorme disagio: si lacera il vestito ed il mantello, si strappa i capelli e la barba e si siede addolorato. La preghiera è una sorta di confessione proclamata nel pianto e nella vergogna. È una candida ammissione delle colpe del popolo moltiplicate a dismisura. Nonostante ciò e la schiavitù subita a causa dei peccati, Dio ha fatto la grande grazia di liberare un resto dandogli asilo in un luogo santo. Nella sua bontà li ha resi graditi ai re di Persia che li hanno favoriti permettendo che tornassero nella loro patria per ricostruire il tempio, restaurare le sue rovine ed avere finalmente un riparo in Giuda e a Gerusalemme. Questa bellissima preghiera è definita anche una predicazione e si ispira ai profeti. La giustizia di Dio viene superata dalla sua misericordia, perchè è una giustizia che porta la salvezza. Ai superstiti, consapevoli della loro colpevolezza, Dio concede di ricominciare. Il tratto storico appesantito dalla colpa di aver aderito agli abomini e alle nefandezze che si traducono in idolatria, diviene la griglia entro la quale può iscriversi anche oggi la preghiera dei cristiani che vanno rendendosi sempre più un piccolo resto chiamato dal di dentro a ricostruire su basi più solide e a farsi compattare da Cristo. P. Angelo Sardone

S. Andrea apostolo ed evangelista

«Cristo ha stabilito alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti» (Ef 4,11). Nella lettera agli Efesini S. Paolo considerando alcuni pericoli che possono minacciare l‘unità della Comunità ecclesiale, tra cui le discordie, le dottrine eretiche, la necessaria divisione dei ministeri, oppone loro i principi ed il programma della vera unità in Cristo. In riferimento ai ministeri dell’insegnamento precisa che è Cristo che ha stabilito alcuni come apostoli, altri come profeti ed altri ancora come evangelisti, rendendoli idonei a compiere il proprio ministero. S. Matteo, la cui festa oggi si celebra, incarna i due ministeri di apostolo ed evangelista. È identificato in Levi, il pubblicano. Della sua chiamata parlano tutti e tre i Sinottici. Il tratto autobiografico riportato nel suo vangelo si limita ad affermazioni secche: Gesù lo vide, gli disse “Seguimi” ed egli si alzò e lo seguì. Lo scompiglio determinato da questa chiamata fuori dai canoni dei perfetti o per lo meno di coloro che non erano sulla bocca di tutti per il loro comportamento scorretto, era infatti un pubblicano, giustifica nel corso del pasto in casa sua l’intervento chiarificatore di Gesù che ribadisce di essere venuto a chiamare i peccatori e non i giusti. Il suo vangelo è il primo in ordine di tempo ed il più lungo di tutto, 28 capitoli. E’ scritto in aramaico, un racconto popolare con la composizione dei discorsi di Gesù, come testimoniato dai primi Padri della Chiesa, destinato ai cristiani di origine ebraica. La Tradizione narra che predicò il Vangelo in Africa ed in Etiopia dove fu trucidato dai pagani, mentre celebrava il divino sacrificio. Il suo nome significa “uomo di Dio”, il segno che lo raffigura tra i quattro evangelisti è un angelo. Auguri a tutti coloro che portano il suo nome. P. Angelo Sardone