Sperequazioni e favoritismi banditi dall’assemblea liturgica

«La vostra fede sia immune da favoritismi personali» (Gc 2,1). La lettera di Giacomo, fa parte del gruppo delle cosiddette lettere “cattoliche” cioè universali, diretta particolarmente ai giudeo-cristiani. L’autore sarebbe Giacomo, parente di Gesù, che aveva un ruolo di primo piano nella Chiesa di Gerusalemme. Lo scritto ivi redatto, sembra una antologia di brani o una omelia, databile tra il 60-70. Presenta la teologia della vita cristiana concreta con riferimenti precisi alla Parola di Dio, alla preghiera, alle tentazioni, alla fede, all’attenzione caritativa verso gli altri e le rispettive implicazioni sociali. La Chiesa si specifica come comunità che trova la sua unità nella preghiera liturgica e nei diversi aspetti della vita. I dislivelli e la sperequazione sociale minano la sua unità. La contraddizione viene determinata da atteggiamenti di riguardo verso i ricchi e di disattenzione o riprovazione verso i poveri: ciò sminuisce la genuinità della vita cristiana. Non si può mantenere l’originalità della fede praticando riguardi indebiti o favoritismi nei confronti delle persone soprattutto nell’assemblea liturgica. Chi li pratica si tira fuori da un contesto vero di fede. L’ipotesi raccontata da Giacomo può non essere dissimile da una certa dinamica di relazioni comunitarie anche oggi: il riguardo dato al ricco, vestito di lusso cui è riservato un posto d’onore, contrasta con analogo atteggiamento nei confronti del povero costretto invece a rimanere in piedi o a sedersi ai piedi degli altri. Tali atteggiamenti sono bollati come pensieri di giudici perversi, tentennamenti ed esitazioni nella fede che dovrebbe invece essere immune da simili comportamenti. P. Angelo Sardone