Il secondo comandamento

«Amerai il tuo prossimo come te stesso. Io sono il Signore» (Lv 19,18). Tra le prescrizioni morali riportate nel Levitico nella sezione detta «Legge di santità», vi è quella dell’amore per il prossimo. Gesù nella predicazione del Vangelo riprende l’enunciato e definisce questo amore il secondo comandamento che insieme con il primo, l’amore totalitario per Dio, esprime tutta la Torah ed i profeti. S. Giacomo nella sua lettera omonima lo definirà «il più importante dei comandamenti secondo la Scrittura» (Gc 2,8). Etimologicamente prossimo è il superlativo del latino prope che significa vicino, e significa dunque vicinissimo. Nella mentalità biblica il termine «prossimo» che indica l’idea di associazione, non deve essere confuso con «fratello» al quale si è legato con relazione naturale, anche se spesso corrisponde. Secondo questo criterio il prossimo da amare sono gli altri, siano o no fratelli; sono coloro che si incontrano, indipendentemente da una relazione di parentela. L’amore per il prossimo significa e si realizza nel rispetto per l’altro che può essere diverso nei molteplici campi di relazioni umane e punti di vista culturali, di costume sociale, colore della pelle, nazionalità. Il rispetto umano diventa accoglienza, talora amicizia, debita considerazione, amore. Nella logica di Cristo questo amore diventa anche eroico quando si tratta di amare il nemico. Si tratti comunque di amico o di nemico il prossimo deve diventare davvero l’altro, chiunque sia, l’altro che si trasforma in un “io”, cioè che diventa come te stesso. Il precetto di amare il prossimo, appartenente già alla filosofia dell’antica Grecia, ha una legge aurea insegnata da Gesù Cristo: «non fare ad altri ciò che non vuoi sia fatto a te» (Mt 7,12). P. Angelo Sardone

Il rifiuto di Dio: ripiego eoistico

«Prese del suo frutto e ne mangiò, poi ne diede anche al marito, che era con lei, e anch’egli ne mangiò» (Gen 3,6). L’itinerario penitenziale della Quaresima attraverso la Liturgia fa percorrere un cammino di rilettura della storia sacra alla luce di una riflessione più profonda sul senso della vita, della morte, del peccato e della grazia. Il libro della Genesi apre non solo dal punto di vista letterario, ma soprattutto da quello spirituale e teologico, la prospettiva della salvezza promessa da Dio immediatamente dopo la colpa originale commessa dall’uomo e dalla donna, travolti dalla bramosia di diventare come Dio, allettati dalla menzogna del serpente. Il testo sacro costituisce l’indicazione precisa di una situazione di disordine che diviene poi di disagio agli occhi di Dio. C’erano tutte le possibilità di vivere tranquilli in un continuo rapporto con il Creatore, lusingati della sua amicizia e della familiarità con la quale egli stesso passeggiava nel giardino. L’adescamento diabolico induce la donna a stravolgere il piano di felicità riservato alle creature umane. Prende il frutto, lo mangia e lo offre all’uomo. In poco tempo si consuma il rifiuto dell’obbedienza al Creatore, vittime inconsapevoli di un futuro irto di difficoltà, stenti, fatiche, sofferenza e morte. La proibizione era una messa alla prova per testare fedeltà ed obbedienza. La rivolta angelica che aveva già determinato nella creazione il disordine ed il rifiuto di Dio volendosi mettere alla pari, non risparmia la debole se pur intelligente volontà dell’uomo e della donna, trascinati maldestramente dal desiderio del potere come da dio. La storia continua nell’oggi dell’umanità sempre più confusa perché disobbediente alla legge di Dio e soprattutto al suo amore che vuole il bene, incita al bene e riserva, nonostante la giusta condanna, la redenzione attraverso il suo Figlio. P. Angelo Sardone

L’arido diventa florido

«Ti guiderà sempre il Signore, ti sazierà in terreni aridi, rinvigorirà le tue ossa; sarai come un giardino irrigato» (Is 58,11). Il cammino liturgico si stabilisce in analogia ai grandi misteri della vita di Cristo ed alla vita stessa dell’uomo che scorre nelle varie sue vicende. La Quaresima è davvero un tempo favorevole non solo in prospettiva della passione, morte e risurrezione di Cristo, ma anche nella presa di coscienza della propria vita segnata da contraddizioni e propensioni al bene come al male. L’itinerario penitenziale diviene fruttuoso nella misura in cui ci si lascia guidare e condurre da Dio. L’esperienza biblica lo conferma attraverso le scritture profetiche che soprattutto in questo periodo liturgico suonano come una grande opera che rende ciascuno coprotagonista. La situazione della vita dell’uomo sulla terra è passata dalla condizione paradisiaca del benessere materiale, spirituale e fisico, alla precarietà determinata dal peccato che ha generato egoismo, sopraffazione, invidia, malattia e morte. Tante volte l’esistenza si riduce ad una spaventosa aridità nonostante il benessere. La dimensione fisica risente fortemente dei condizionamenti climatici, ambientali, nutritivi. L’intervento costante e sistematico della grazia di Dio che non abbandona i suoi figli è garanzia di promessa e di futuro certo. L’immagine simbolica del giardino florido, delle ginocchia rinvigorite e del terreno arido irrigato dalle acque salutari, fotografa la realtà della vita dell’uomo e la proietta in dimensione escatologica verso un futuro illuminato da Dio e redento dal suo amore. P. Angelo Sardone

Venerdì della Via Crucis

«Mi cercano ogni giorno, bramano di conoscere le mie vie» (Is 58,2). L’itinerario della Quaresima nella tradizione e nella pietà cristiana è segnato da una forte esperienza spirituale ed emotiva: la Via Crucis, la via della croce. Essa permette di ripercorrere insieme con Gesù, sulla scorta della Parola di Dio, l’ultimo cammino che Egli fece dall’orto degli ulivi, fino al luogo della crocifissione ed al sepolcro. Questa via è segnata dal sangue, dalla fatica, dall’atroce sofferenza, dal silenzio, dalla preghiera. Un oracolo postesilico del terzo Isaia sembra richiamare questo percorso che, in vista della morte di Cristo segnò il suo cammino conclusivo per il compimento della volontà di Dio nel mistero della morte. Il Signore Dio lo fa gridare ad alta voce perché tutti sentano e vedano. La Liturgia lo pone in sincronia con il digiuno accetto a Dio scevro dalle formalità esteriori ed espresso nella concretezza della carità verso gli altri. Nella pietà popolare questo cammino si interfaccia con la «via della croce» nella contemplazione e nella meditazione profonda della sofferenza di cui è pervasa ognuna delle quattordici stazioni convenzionali, fissate nel tempo come tappe significative storico-teologiche di analogo percorso dell’uomo sulla terra. San Leonardo da Porto Maurizio (1676-1751) fu un convinto ed efficace propagatore e missionario della Via Crucis: eresse personalmente 572 Via Crucis, delle quali è celebre quella eretta al Colosseo di Roma. Questo pio esercizio è uno dei più amati nella venerazione della Passione del Signore. P. Angelo Sardone

La vita e la morte, il bene ed il male

«Ti ho posto davanti la vita e la morte, la benedizione e la maledizione. Scegli dunque la vita, perché viva tu e la tua discendenza» (Dt 30,19). Il cammino della Quaresima viene immediatamente segnato dalla proposta di una scelta: la vita per vivere. Il supporto di questa indicazione viene dal quinto libro della Bibbia, il Deuteronomio, che chiude il Pentateuco. Il terzo grande discorso di Mosè, quasi alla fine del libro, contiene precetti ed indicazioni di alto valore, frutto della maturità di rapporto intimo e fedele con Dio e dell’esperienza di guida del popolo. Tutto ciò che viene proposto proviene da Dio e dalla sua sollecitudine continua verso l’uomo, identificato nel popolo che ha attraversato il deserto e le molteplici difficoltà dell’esodo, ed ora è alle porte della Terra promessa. Il Dio di Israele è il dio del bene e non può non volere che il bene del popolo. Ecco perché gli pone innanzi la scelta impegnativa: il bene o il male, la vita e la morte. Dal momento che è Dio di bene e di vita gli chiede di scegliere la vita. Quante volte nell’esistenza umana siamo posti dinanzi ad un bivio dove occorre scegliere se andare da una parte o dall’altra. Lo stimolo interiore della coscienza, orientata al bene, alla vita, alla gioia, spinge a sceglierli. La confusione derivante dal peccato e dalla corruzione indotta dal male, spinge a scegliere il perfetto contrario, il male, la morte. La vita di grazia orientata dalla presenza di Cristo, stimola al bene mettendo dinanzi agli occhi i vantaggi che ne derivano. Con la benedizione del Signore la vita va avanti ed i benefici che si traggono sono molto superiori degli ostacoli che si incontrano. Il tutto si riversa con abbondanza sulla persona e sulla discendenza che gode della grazia che sana, purifica, rinnova. L’itinerario quaresimale ha questo scopo: delineare con chiarezza il bene ed eludere qualunque propensione ed orientamento al male. Ma questo ha un costo: un impegno serio e generoso nell’ascolto della Parola e nella decisione ferma di guardare ed andare avanti. P. Angelo Sardone

Mercoledì delle ceneri

«Suonate il corno in Sion, proclamate un solenne digiuno, convocate una riunione sacra» (Gl 2,15). Oggi comincia la Quaresima n tempo particolare di penitenza. Il termine è la traduzione italiana del latino «quadraginta», cioè quaranta giorni, il periodo di tempo che va dal mercoledì delle ceneri fino al giovedì santo. L’inizio di questi giorni è specificato dal simbolo delle Ceneri, un rito austero che contraddistingue la Liturgia odierna. Il gesto giunge dall’antica ritualità con la quale coloro che si erano convertiti ed i peccatori, si sottoponevano alla penitenza canonica e si coprivano di cenere. La Chiesa ha conservato questo rito nella sua Liturgia perché, aldilà del segno esteriore che manifesta fragilità, mortalità e finitezza, esprime un atteggiamento interiore del cuore penitente che si incammina più docilmente alla grazia verso la Pasqua del Signore. L’animo si orienta verso ciò che conta davvero ed in un itinerario di penitenza e di opere buone, realizza il forte richiamo alla conversione. Le ceneri che si ricavano dalla combustione dei rami di ulivo adoperati l’anno prima nella celebrazione delle Palme, sono imposte sul capo e richiamano anche coi termini liturgici usati, la caducità della vita: «ricordati che sei polvere e polvere tornerai»! La sacra riunione, proprio come delineato dalla scrittura profetica di Gioele, sulla scorta delle indicazioni di Gesù, raccomanda la preghiera, il digiuno e le opere di carità perché si possa realizzare una sincera revisione della vita alla luce degli insegnamenti del Vangelo ed una vera e duratura conversione. Oggi è giornata di astinenza e digiuno. Buon cammino di Quaresima. P. Angelo Sardone

La tentazione sempre in agguato

«Figlio, se ti presenti per servire il Signore, resta saldo nella giustizia e nel timore, prepàrati alla tentazione» (Sir 2,1). Nella prima raccolta di sentenze riportate all’inizio del libro del Siracide, dopo aver sommariamente descritto l’origine della sapienza ed indicati nel timore di Dio, nella pazienza e nel controllo di sé le modalità opportune per accostarsi a Dio e servirlo, l’autore dà un secco avvertimento: se hai deciso di servire il Signore, preparati alla prova. Si tratta di un tema frequente nella Scrittura che viene ripreso soprattutto nei Salmi. Giustizia e timore sono due parametri entro i quali può includersi la vita di ogni giorno nella sua rettitudine e nell’inevitabile timore del rapporto con Dio. Tentazioni e tribolazioni talora sembrano essere pane quotidiano per chi segue il Signore, ma certamente suonano pesanti per chi voglia intraprendere un serio cammino di sequela di Cristo nell’itinerario di perfezione. Questa comunque è la logica di Dio che prepara alla gloria attraverso la prova. Un saggio detto degli antichi suona «per crucem ad lucem»: alla gloria della luce si giunge solo dopo aver assaporato il peso e la durezza della croce. Per tanti cristiani una condizione ed una situazione del genere costituisce estrema difficoltà, dinanzi alle partite del mondo che, al contrario, prospetta cose completamente opposte in divertimenti, agevolazioni, liceità, sicurezza di vita. Il mondo di Dio non è il paese dei balocchi dove tutto è facile, tutto è possibile: non si seminano nella terra monete ma opere di bene. Il salmo lo ricorda in forma perentoria ed assicurante: «nell’andare si va e si piange portando la semente da gettare: nel tornare si viene con giubilo portando i propri covoni» (Sal 125,6). P. Angelo Sardone

Sapienza di Dio e saggezza dell’uomo

«Fonte della sapienza è la parola di Dio nei cieli, le sue vie sono i comandamenti eterni» (Sir 1,5). Il concetto di sapienza è di grande estensione e varietà a seconda che lo si consideri dal punto di vista filosofico e teologico. I manuali più comuni la definiscono «possesso di profonda scienza e dottrina», cioè abilità tecnica, conoscenza razionale, capacità di distinguere il bene e il male, il lecito e l’illecito. Aristotele, uno dei più grandi filosofi di tutti i tempi la definisce «scienza delle realtà che sono più degne di pregio, coronata dall’intelligenza dei supremi principi», quindi la più perfetta tra le scienze. Nel mondo israelita la sapienza è pratica, è abilità nell’agire. Il grande teologo S. Tommaso d’Aquino, rifacendosi alla definizione di Aristotele intende la sapienza come somma virtù conoscitiva che Dio dona agli uomini attraverso la grazia, così che possono conoscere quelle verità alle quali prima potevano accostarsi soltanto per mezzo della fede. Una sezione cospicua della Sacra Scrittura, viene detta sapienziale ed è costituita da cinque libri, uno dei quali è il Siracide o Ecclesiastico. Presentano strette somiglianze con opere analoghe di popoli vicini. La sapienza biblica non contiene una sapienza filosofica, si raggiunge col consiglio e l’istruzione, è donata da Dio, si manifesta nella creazione ed è anche conoscenza di come fare le cose. Nei testi sacri compare come una somma di raccolte e detti sapienziali che intendono rifarsi a Salomone, il re sapiente per eccellenza. Al di là di ogni conoscenza ed investigazione filosofica, letteraria e teologica, rimane il fatto che per i cristiani la sapienza personificata è Cristo e la fonte della sapienza è la Parola di Dio. P. Angelo Sardone

Santità: il desiderio di Dio per l’uomo

«Parla a tutta la comunità degli Israeliti dicendo loro: “Siate santi, perché io, il Signore, vostro Dio, sono santo» (Lv 19,2). Il tema della santità permea l’intera Sacra Scrittura. Non può essere diversamente dal momento che il rapporto fondamentale dell’uomo, della natura, degli esseri viventi è con Dio, il tre volte santo. Nella etimologia più semplice ed essenziale il termine santo significa staccato. Non si tratta di un elemento o di un segno di superiorità ma di una realtà di perfezione verso cui tendere, soprattutto dopo l’esperienza del peccato che ha reso l’uomo imperfetto in tutto. L’intento di Dio nella creazione e soprattutto nel rapporto personale con gli uomini, è quello di far tendere ogni cosa alla sublimità ed alla perfezione, una tensione contrastata dalla natura umana decaduta a causa del peccato. Ecco il motivo per il quale Dio stesso tramite il legislatore Mosè comunica al suo popolo il dovere di essere santi motivando chiaramente la richiesta col fatto che Lui per primo è santo. Gli elementi che determinano come una strada da percorrere per raggiungere la santità, sono i comportamenti sociali dominati dal comando dell’amore del prossimo ed in particolare le relazioni di amore, di accoglienza e di perdono. Ciò nella logica di Dio comporta la libertà del cuore dall’odio, dal rimprovero aperto per non caricarsi della responsabilità del suo peccato, la fuga della vendetta e del rancore. Il tema fu abbracciato concretamente da Cristo nel suo progetto di vita e comunicato col suo insegnamento ed il suo esempio. Tocca anche a noi metterlo in pratica. P. Angelo Sardone

I santi sette fondatori

«Questo è l’inizio della loro opera, e ora quanto avranno in progetto di fare non sarà loro impossibile» (Gen 11,6). Anche dopo l’alleanza con Dio, il nuovo popolo sorto a seguito della ripopolazione della terra postdiluviana, ha mire orgogliose ed egocentriche: non gli basta la terra, vuole raggiungere il cielo. Secondo l’immagine biblica lo fa con la costruzione di una città e di una torre che vuole sfidare i cieli e raggiungerli con la sua altezza vertiginosa. Dinanzi a questo progetto che allontana l’uomo dalla verità e dalla sua fragilità, Dio pur consapevole della capacità megalomane dell’uomo di realizzare la sua opera ardita, interviene seminando confusione, confondendo le lingue e disperdendo gli uomini sulla terra. La città prototipo di ardore umano con la pretesa di scalare il cielo viene denominata Babele, il cui significato è confusione e «porta del Dio». Al contrario, nella città di Firenze nel secolo XIII un gruppo di uomini si accorda per mettersi a servizio di Dio in penitenza e contemplazione nel nome della Vergine Maria. Sono tutti benestanti, vestono un saio nero e scelgono il monte Senario come luogo per la realizzazione del loro progetto. Sono i sette santi Fondatori dell’Ordine dei Servi di Maria: Bonfiglio Monaldi, Bonagiunta Manetti, Manetto dell’Antella, Amadio Amidei, Sostegno Sostegni, Uguccione Uguccioni, Alessio Falconieri. Le vocazioni si moltiplicano celermente. L’ultimo di loro muore a 110 anni di età. Riposano tutti in un’unica tomba, presso il Santuario del Monte Senario. La confusione determinata dall’orgoglio di essere come Dio e raggiungere le vette celesti, viene confutata dall’umiltà di calpestare la terra e vivere il servizio a Dio ed alla Vergine Maria. P. Angelo Sardone