La triste fine di Geremia scongiurata da uno straniero

«Prendi con te tre uomini di qui e tira su il profeta Geremìa dalla cisterna prima che muoia» (Ger 38,10). La vicenda umana di Geremia sta per concludersi tragicamente. La sentenza di morte è stata emessa dai capi che in un certo senso hanno poteri superiori a quelli del re Sedecia. Il profeta è giudicato come colui che scoraggia il popolo e cerca il suo male. Non vi era assurdità più grande! L’incomprensione era determinata dalla sfiducia in Dio e dalla ricerca del proprio interesse. Così il povero profeta finisce dentro una cisterna nell’atrio della prigione, colma di fango, ottima per farlo affondare e morire di fame. Solamente uno straniero, Ebed-Melech, un eunuco etiope, ha compassione della situazione del profeta giudicando male quello che gli è stato fatto. Il re accoglie il sollecito dell’eunuco e lo fa riportare in superficie. La morte sarà rimandata a più tardi, in Egitto. L’incomprensione che spesso avvolge la predicazione seria dei messi del Signore, procura gravi danni coinvolgendo a volte persone buone ma senza fondamenta umane e spirituali, spesso in balia della simpatia o dell’ignoranza. Chi ne va di mezzo sono i profeti veri, le cui parole puntualmente si avverano perchè non provengono dal loro modo di vedere ma dal filo intimo di relazione con Dio. Molte volte sono gli stessi beneficiati che si rivoltano stupidamente contro il beneficiario. Accade anche a Gesù la stessa cosa. Questi comportamenti si avverano quando l’annuncio del Vangelo non è accolto per quello che è, ma guardando ed operando in forza di una simpatia che è il corredo di predicatori talora superficiali ed opportunisti e da “devoti” altrettanto leggeri ed allergici ad un cambiamento vero di vita. P. Angelo Sardone