Il grande messaggero

«Ecco, io manderò un mio messaggero a preparare la via davanti a me e subito entrerà nel suo tempio il Signore che voi cercate» (Ml 3,1). La via per accogliere il Signore che viene è preparata nella storia sacra sin dai primordi. La venuta del Messia intravista già nell’Eden come prospettiva di sicura salvezza dell’uomo e di pace con Dio offeso ed allontanato dal peccato, si è concretizzata nel corso del tempo attraverso immagini simboliche e personaggi diversi che hanno incarnato il desiderio e prospettato il tempo propizio. Uno dei personaggi che in ordine di tempo ha maggiormente rappresentato questo desiderio diventandone simbolo emblematico è il profeta Elia. Il suo nome si ripercuote nel Nuovo Testamento sia nella predicazione di Gesù come anche nella identità di Giovanni Battista spesso a lui equiparato. Certamente la missione profetica di entrambi fu molto chiara, accompagnata da una predicazione decisa e ferma per combattere il male, la finzione e l’ipocrisia e mirare decisamente al vero, al concreto, all’essenziale della vita spirituale. L’Ecco della Scrittura non è un intercalare proprio di tanti predicatori, ma la dichiarazione di un evento. Il Signore stesso si è impegnato ad inviare il preparatore della strada del Messia ed è diventato egli stesso una strada percorrendo la quale si ha la garanzia di accedere alla meta. La traduzione nella realtà oggi fa guardare ai messaggeri, soprattutto a quelli un po’ più scomodi per il loro linguaggio e soprattutto per il comportamento di vita che contrasta la leggerezza e la superficialità di tanti altri e di pii e devoti che di fatto cercano un cristianesimo accomodante e “moderno”. Elia e Giovanni Battista insegnano in maniera inequivocabile che il Signore si accoglie con una preparazione seria e matura. P. Angelo Sardone

La storia di Anna

«Per questo fanciullo ho pregato e il Signore mi ha concesso la grazia che gli ho richiesto» (1Sam 1,27). Continua la narrazione di eventi straordinari del Vecchio Testamento a corredo storico-salvifico dell’evento del Natale di Gesù. É la volta della nascita di Samuele, il grande profeta. La sua storia è nota: Anna e suo marito sono una coppia felice ma incompleta. Mentre la prima moglie ha partorito figli ad Elkana, la seconda, Anna è misteriosamente sterile. Per una donna ebrea la sterilità era considerata una sorta di maledizione di Dio. Per questo il suo dolore è grande, ed intenso anche l’amore di suo marito che giunge a dirle: «Non sono forse io per te meglio di dieci figli!». Ma si sa, l’amore di un marito non è come quello di un figlio. Recatisi insieme al tempio di Silo, Anna effonde in lagrime tutto il suo dolore fino a compromettersi con Dio con un voto: «Se mi darai un figlio, ti prometto che non passerà rasoio sul suo capo e sarà consacrato a Te!». La prova cui è sottoposta viene superata dalla fede ardente. Finalmente rimane incinta ed allo svezzamento del bambino torna con Elkana al tempio per donarlo al Signore, secondo l’impegno preso. «Tu mi hai concesso la grazia della maternità che ti ho chiesto, io lo do in cambio a Te, lo cedo a Te per tutti i giorni della sua vita!». Ciò che proviene da Dio come dono, non appartiene all’uomo ma viene ridonato a Dio. Nella storia di Samuele c’è anche la storia di tante persone votate a Dio nel ministero sacerdotale e nella vita consacrata, molte delle quali ridonate a Dio con l’eroico criterio della gratitudine e dell’offerta del bene più prezioso ricevuto da Lui. P. Angelo Sardone

Astro del ciel

«O Astro che sorgi, splendore della luce eterna, sole di giustizia: vieni, illumina chi giace nelle tenebre e nell’ombra di morte» (Antifona al Magnificat dei Vespri del 21 dicembre). Oggi ricorre il solstizio d’inverno, la notte più lunga dell’anno. Le giornate guadagnano luce, mentre comincia l’inverno. Il termine, derivante dal latino solstitium (il sole si ferma), indica il momento in cui il sole nel suo moto ellittico attorno alla terra raggiunge la minima altezza rispetto all’orizzonte terrestre. Nella preparazione al Natale, il giorno dopo la notte più lunga, la Chiesa inneggia a Cristo che viene come un sole che sorgendo, squarcia le tenebre e vince il buio. Il Verbo fatto carne addita se stesso luce e fonte della luce «Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita» (Gv 8,12). Egli è «sole di giustizia», secondo la felice espressione del profeta Malachia che denunzia la vuotaggine del culto religioso fatto di orpelli esteriori. L’immagine liturgica dell’astro, richiama il canto natalizio forse più noto dopo il «Tu scendi dalle stelle», «Astro del ciel, pargol divin, mite agnello redentor!» che riprende con espressioni diverse il testo di «Stille Nacht» scritto nel 1816 dal sacerdote salisburghese Joseph Mohr affidato nel Natale 1818 al compositore Franz Xaver Gruber (1787-1863), che scrisse la famosa melodia nota in tutto il mondo. Come in altri casi, il testo italiano non è propriamente la traduzione dell’originale tedesco, ma offre comunque, chiunque
l’abbia scritto, elementi biblici ed immagini consone al Natale. P. Angelo Sardone

La giovane vergine che concepisce

«Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele» (Is 7,14). La conclusione dell’intervento di Isaia presso il Re di Giuda è perentorio e risolutivo, a dimostrazione che Dio non vuole che ci si fidi di aiuti stranieri né tanto meno di dei stranieri. Dal momento che il re non se la sente di chiedere un segno al Signore ed ha i suoi buoni motivi per farlo, è il Signore stesso che dà il segno straordinario e definitivo per la storia di Israele e per la sua benedizione e protezione: una giovane donna partorirà il Figlio stesso di Dio. Il Messianismo qui ha un suo punto nodale: il Dio con noi sarà la manifestazione visibile di Dio e del suo amore compassionevole e benigno. Anche se dal punto di vista storico il figlio, Ezechia, nascerà dalla moglie di Acaz, ciò sarà il segno inconfutabile del Regno messianico definitivo. La profezia è di gran lunga superiore all’evento storico. Saranno proprio gli evangelisti Matteo e Luca che citando il passo di Isaia, riconosceranno la nascita del Salvatore Gesù Cristo. Inoltre il termine ebraico “Almah” che significa contemporaneamente giovane donna e donna appena sposata, ha un chiaro riferimento sia alla verginità di Maria che alla nascita di Gesù da lei. La bellezza di questi testi rimane sempre sorprendente a conferma che la storia della Redenzione parte da Israele e si compie in Cristo che darà origine al nuovo Israele. Di questo nuovo popolo e di questo Regno siamo parte integrante noi cristiani di oggi. P. Angelo Sardone

Il grande giudice Sansone

«Ecco, tu concepirai e partorirai un figlio; sarà un nazireo di Dio dal seno materno fino al giorno della sua morte» (Gdc 13,5). La preparazione al Natale sia attraverso il canto delle Profezie che con la rievocazione di eventi storici collegati per analogia al Bambino che deve nascere, è un approfondimento concreto ed una riflessione adeguata sul mistero dell’amore di Dio. Esso passa attraverso la storia e dimostra la perenne presenza dell’Altissimo nella vita e nella storia dell’uomo. La nascita di Sansone, uno dei Giudici di Israele, riecheggia parte delle medesime parole che l’Angelo Gabriele riferirà secoli dopo a Maria di Nazaret all’annuncio del Salvatore. Il celebre Sansone è l’unico dei Giudici di Israele del quale si raccontano più vicende nel Libro dei Giudici, dalla predizione della sua nascita da una donna sterile, fino alla morte ad opera dei Filistei. La duplice apparizione di un angelo, assicura prima la donna e poi anche suo marito Manoach, che avrà un figlio, ma dovrà avere per lui attenzione ed accortezza massima perché non gli siano mai tagliati i capelli, non beva bevande inebrianti, perché sin dal seno materno sarà un Nazireo, cioè un consacrato a Dio. Questa ultima identità giustifica l’inserimento di Sansone tra i Giudici di Israele. Le analogie tratte dal Vecchio Testamento preparano il grande evento della venuta storica nella carne mortale del Figlio di Dio, il consacrato per eccellenza al Padre, il quale non sarà solo giudice di Israele ma di tutto il mondo quando tornerà nella gloria a conclusione della vita sulla terra. Consacrati nel Battesimo, anche noi percorriamo l’itinerario di salvezza andando incontro a Cristo che viene. P. Angelo Sardone

Il segno dall’Alto

«Chiedi per te un segno dal Signore, tuo Dio, dal profondo degli inferi oppure dall’alto» (Is 7,10). Il Libretto dell’Emmanuele, una porzione del libro del Primo Isaia, compreso tra il 5 ed il 12 capitolo, è sicuramente uno dei testi più significativi dell’Avvento perché in linea con altri vaticini profetici predice la venuta del Messia e descrive i doni di cui sarà rivestito. Un oracolo di grande valore, classico per eccellenza, è quello riportato al capitolo 7: in piena guerra Siro-Efraimita (732 a.C.) esortando Acaz, re di Giuda, a non aver paura dei due re che gli hanno mosso guerra e che non sono altro che due tizzoni fumanti, il profeta annunzia la venuta di una giovane donna, una «Almah», che concepirà e partorirà un figlio che chiamerà Emmanuele, che significa Dio con noi. L’intervento del profeta viene di seguito all’ingiunzione al re di chiedere un segno a Dio. Acaz se n’era guardato bene perché si sentiva in colpa proprio verso il Dio di Israele in quanto recentemente aveva sacrificato suo figlio a Molok un dio pagano. Jahwé non attende la richiesta, anzi prende egli stesso l’iniziativa prospettando il segno per eccellenza che avrebbe sconvolto l’intera umanità: nella giovane donna che partorisce, verosimilmente la moglie di Acaz, vi è in prospettiva Maria di Nazaret; il bimbo che da lei nascerà sarà l’Emmanuele, Dio con noi. Questo elemento di grandissimo valore storico e teologico torna nella riflessione di questi giorni prossimi al Natale, per significare come la Storia della salvezza passi anche attraverso la storia profana e diriga gli avvenimenti secondo una logica ultraterrena, le cui finalità sono sempre il bene delle creature di ogni tempo. P. Angelo Sardone