Le cose passate e le cose nuove

«Se tu avessi prestato attenzione ai miei comandi!» (Is 48,18). La storia del popolo d’Israele, incredulo e tante volte ribelle, contiene ripetuti appelli del Signore al pentimento ed alla conversione che la letteratura biblica chiama «cose passate». Ora con un ennesimo oracolo il Signore annunzia «cose nuove», cioè la liberazione che sta per compiere e che darà onore al suo nome. Nonostante il cuore indurito e la dura cervice degli Ebrei, Dio non ha rigettato il suo popolo; più volte lo ha indotto a guardare indietro e ad osservare i comandi già ricevuti, considerando come il suo destino sarebbe stato molto diverso che avesse prestato attenzione e dato ascolto a quanto comunicato non in segreto, ma apertamente soprattutto attraverso i profeti. Infine l’affermazione perentoria di Dio: «Io ti insegno per il tuo bene e ti guido sulla strada giusta». L’ascolto della sua Parola e l’attenzione a tradurla nella pratica porterà tanto benessere materiale ed una progenie incalcolabile come la sabbia. La parola di speranza tipica dell’Avvento diviene chiara e luminosa constatazione della bontà di Dio che non si stanca mai e dell’indolenza propria dell’uomo che facilmente dimentica quanto ha ricevuto preferendo nascondersi dietro l’illusione momentanea e l’allettamento delle chimere e delle evanescenti meteore per vivere alla giornata e godere del tutto e subito. I cristiani sembrano non essere da meno dell’antico popolo di Israele, soprattutto quando non dimostrano un’ossatura adeguata di cuore e di vita ed hanno gli occhi tarpati che non consentono loro di vedere né indietro per rendersi conto di quanto di buono hanno ricevuto, né tanto meno in avanti per carpire i doni provvidenziali che Dio loro riserva. P. Angelo Sardone