Il segno dall’Alto

«Chiedi per te un segno dal Signore, tuo Dio, dal profondo degli inferi oppure dall’alto» (Is 7,10). Il Libretto dell’Emmanuele, una porzione del libro del Primo Isaia, compreso tra il 5 ed il 12 capitolo, è sicuramente uno dei testi più significativi dell’Avvento perché in linea con altri vaticini profetici predice la venuta del Messia e descrive i doni di cui sarà rivestito. Un oracolo di grande valore, classico per eccellenza, è quello riportato al capitolo 7: in piena guerra Siro-Efraimita (732 a.C.) esortando Acaz, re di Giuda, a non aver paura dei due re che gli hanno mosso guerra e che non sono altro che due tizzoni fumanti, il profeta annunzia la venuta di una giovane donna, una «Almah», che concepirà e partorirà un figlio che chiamerà Emmanuele, che significa Dio con noi. L’intervento del profeta viene di seguito all’ingiunzione al re di chiedere un segno a Dio. Acaz se n’era guardato bene perché si sentiva in colpa proprio verso il Dio di Israele in quanto recentemente aveva sacrificato suo figlio a Molok un dio pagano. Jahwé non attende la richiesta, anzi prende egli stesso l’iniziativa prospettando il segno per eccellenza che avrebbe sconvolto l’intera umanità: nella giovane donna che partorisce, verosimilmente la moglie di Acaz, vi è in prospettiva Maria di Nazaret; il bimbo che da lei nascerà sarà l’Emmanuele, Dio con noi. Questo elemento di grandissimo valore storico e teologico torna nella riflessione di questi giorni prossimi al Natale, per significare come la Storia della salvezza passi anche attraverso la storia profana e diriga gli avvenimenti secondo una logica ultraterrena, le cui finalità sono sempre il bene delle creature di ogni tempo. P. Angelo Sardone