S. Carlo Borromeo: colosso di santità e di dottrina pastorale

«I doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili!» (Rm 11,29). Dio interviene nella storia di Israele con un piano di salvezza e con la sua bontà misericordiosa. I nuovi cristiani, abitanti di Roma, devono saperlo! Gli Israeliti sono amati da Dio a causa degli antichi padri: chiamata e doni sono irrevocabili. Come a dire: con Dio non si scherza; quando parla, quando chiama, quando perdona, i suoi interventi sono efficaci e definitivi. Ciò è dimostrato dagli innumerevoli santi che hanno caratterizzato la storia del nuovo popolo di Israele, la Chiesa. Tra questi la Liturgia oggi ricorda S. Carlo Borromeo (1538-1584). Introdotto nell’itinerario ecclesiale a 12 anni fu creato cardinale a soli 22 anni da suo zio papa Pio IV, consacrato vescovo e pastore della vastissima diocesi di Milano, estesa su terre lombarde, venete, genovesi e svizzere che egli visitò interamente per conoscere le condizioni dei fedeli e dare un forte impulso alla formazione del clero. Fu ispiratore ed organizzatore del Concilio di Trento alla sua ripresa il 1555, ferreo nel suo lavoro e nel progetto riformatore. La peste di Milano, il 1576, gli consentì di mostrare la sua personalità di pastore della Chiesa, amante delle pecore, quando organizzò in prima persona l’opera di assistenza contraendo il terribile male che lo portò alla tomba ad appena 46 anni. La santità personale e lo zelo pastorale davvero instancabile gli meritano ancora oggi il titolo di «pastore secondo il cuore di Dio». A lui, nel corso del tempo si sono ispirati i pastori della Chiesa, papi e vescovi, nella delicata opera della formazione dei sacerdoti e nella proclamazione ed insegnamento della solidità della dottrina. La sua grandezza va ben oltre la statua di «San Carlone» ad Arona, sul Lago Maggiore. Auguri a tutti coloro che ne portano il nome, perché, secondo la comune etimologia, possano essere forti, virili e liberi. P. Angelo Sardone

Martino della carità

«Vorrei essere io stesso anàtema, separato da Cristo a vantaggio dei miei fratelli, miei consanguinei secondo la carne» (Rm 9,3). Nell’affrontare il problema dell’incredulità dei Giudei, con grande emotività Paolo si rende disponibile ad essere egli stesso votato alla maledizione se ciò serve a vantaggio dei suoi consanguinei. Su un binario analogo si mosse nell’intera sua esistenza S. Martino de’ Porres (1579-1639), o «Martino della carità», come amabilmente lo confermò all’atto della sua canonizzazione, S. Giovanni XXIII. Amore al crocifisso per il quale versava lagrime, alla santa Eucaristia della quale si nutriva e dinanzi alla quale sostava in adorazione prolungata, amore ai poveri con una squisita carità soprattutto verso gli ammalati, derivante dalla sua fede ed umiltà, sono i parametri della sua vita e le pietre miliari del suo cammino di santificazione. Era figlio illegittimo di un aristocratico spagnolo conquistatore del Perù e di una schiava panamense di origine africana. Imparò l’arte di barbiere e medico e divenne frate Domenicano a Lima, rimanendo semplicemente fratello laico e svolgendo umili mansioni. La sua santità, frutto di una umiltà profonda si manifestò vistosamente quando anche il viceré del Perù e l’arcivescovo di Lima, si recarono da lui a chiedere consigli. Era continuamente indaffarato con la scopa in mano per la pulizia del convento, la cura dei poveri impiegati nelle piantagioni e degli ammalati, ma anche istitutore di bambini poveri quando aprì un collegio proprio per loro, ed insegnò la dottrina cristiana alle persone che vivevano per strada. Il Signore lo colmò di grandi doni col potere dei miracoli e la bilocazione. «Dal peccato alla gloria», una celebre pellicola del 1961, lo ha fatto conoscere al pubblico mondiale che tuttora lo ammira e lo acclama «santo della carità». P. Angelo Sardone

Il Paradiso dei Santi

«Vidi una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello» (Apc 7,9-10). Con un’unica celebrazione la Chiesa ricorda oggi tutti i Santi, uomini e donne di ogni età, popolo, lingua e nazione, accomunati nel servizio glorioso di Dio. La loro vita sulla terra fu ispirata totalmente a Dio nel compimento della propria vocazione e nell’esercizio eroico delle virtù. Ora godono la beatitudine eterna stando davanti al trono di Dio ed a Gesù Cristo, l’agnello immolato. La visione di S. Giovanni Evangelista nel mirabile testo dell’Apocalisse, li descrive in numero sterminato, con la veste candida lavata nel sangue di Cristo e la palma del martirio. Prestano in piedi, segno tipico della risurrezione, il loro servizio a Dio in termini di culto, simile a quello che nell’antica Alleanza il popolo di Israele gli rendeva come suo popolo, cantano a gran voce che la salvezza appartiene a Dio ed al suo figlio Gesù, il Salvatore. Santi non sono solamente quelli riconosciuti dalla Chiesa e iscritti nel Calendario Romano Generale, dichiarati tali a seguito di un regolare processo di beatificazione che attesta la straordinarietà della loro vita per Cristo ed in Cristo e dei quali portiamo il nome. Sono anche coloro che hanno vissuto la vita cristiana alla sequela del Maestro, nell’umile condizione come nell’onorificenza, nella semplicità e nell’ordinarietà della loro vita. Tutti oggi li ricordiamo col desiderio di volerli raggiungere nella gloria del Paradiso. Il culto ai Santi, membra eminenti del Corpo mistico di Cristo che è la Chiesa, ha sempre la finalità pastorale di dare gloria a Dio, «mirabile nei suoi Santi» e l’impegno di vivere la vita secondo gli insegnamenti e l’esempio di Cristo. Auguri a tutti, nel comune cammino di santificazione. P. Angelo Sardone