Antioco IV Epifane: la resa dei conti

«Ricordo i mali che ho fatto a Gerusalemme e mandando a sopprimere gli abitanti di Giuda senza ragione» (1Mac 6,12). Il primo Libro dei Maccabei racconta le gesta nefaste del re Antioco Epifane e colloca nel capitolo sesto la sua fine. La trattazione storica a volte corre di pari passo, ma molto più sobria, con la storia di Polibio, antico storico greco. Certamente gli intenti biblici sono diversi da quelli meramente storici. Il re si è distinto nelle sue opere che verso i Giudei sono risultate malvagie ed irriguardose nei confronti del tempio e dello scempio ivi realizzato col trafugamento degli oggetti sacri. Le ultime disavventure belliche, tutte a suo sfavore, lo fanno cadere ammalato e si mette a letto. Oppressione, dispiaceri, tribolazione ed agitazione sono i sentimenti nei quali versa, puntualmente annotati dall’autore. In questo stato di cose e nel tumulto dei pensieri e delle emozioni, dinanzi ai suoi amici fa una sorta di resoconto delle sue azioni, annoverando tra queste il ricordo dei mali commessi a Gerusalemme, con l’asportazione degli arredi d’oro e d’argento che vi si trovavano e la soppressione degli abitanti di Giuda senza alcuna ragione. La presa di coscienza delle cose orribili da lui compiute gli apre la mente alla consapevolezza che i mali presenti che lo colpiscono, sono la naturale conseguenza. Finito in terra straniera, a Babilonia, lì muore nella più profonda tristezza. I sentimenti di pentimento, anche se giunti alla fine della vita, sono salutari. Questo quadro biblico-storico è la conclusione di una vicenda umana alla quale si può applicare l’antico adagio: «Sic transit gloria mundi! Così passa la gloria del mondo!». P. Angelo Sardone