Il forte monito di Malachia per i sacerdoti
«Se non mi ascolterete e non vi darete premura di dare gloria al mio nome, dice il Signore degli eserciti, manderò su voi la maledizione (Ml 2,2). Decisamente incamminata verso la conclusione dell’anno liturgico, la Liturgia con la ricchezza dalla Parola di Dio, richiama in maniera profonda e coinvolgente tutte le categorie dei fedeli in una riflessione adeguata di natura propriamente escatologica. La fine della vita e delle cose prospetta sempre una revisione del proprio essere e del proprio agire. Il richiamo profetico di Malachia ai sacerdoti del suo tempo e del tempio di Gerusalemme, al di là del mero rimprovero, è un monito che indica il vero modo di servire il Signore ed il popolo di Dio. Il loro compito è innanzitutto la premura di dare gloria al nome del Signore. Il ruolo fondamentale insito nell’identità sacerdotale implica la testimonianza di una retta vita in una retta via per non essere di inciampo a nessuno, sia con l’insegnamento che con la prassi. La deviazione da questo compito, rende spregevoli agli occhi di Dio ed abietti agli occhi dei fedeli a causa dell’infedeltà e della parzialità del comportamento. Il rischio è davvero grande: la perfidia nel rapporto vicendevole e col popolo di Dio e la profanazione dell’alleanza. Quanto sono dure e vere queste parole che si possono applicare analogamente al sacerdozio cattolico di ogni tempo. L’alleanza stabilita con Gesù sommo ed eterno sacerdote all’atto della consacrazione sacramentale, implica l’assunzione in toto dei precetti di Dio e la fedeltà al Magistero ed alla Tradizione della Chiesa in un cammino di perfezione continua e di testimonianza coerente nell’esercizio del proprio ministero. Quanta responsabilità per noi sacerdoti e quanti stimoli davvero efficaci di conversione e di ravvedimento per continuare l’itinerario della nostra vita, segnato dalla coerenza e da un serio e perseverante servizio. P. Angelo Sardone