La profondità di Dio

«O profondità della ricchezza, della sapienza e della conoscenza di Dio! Quanto insondabili sono i suoi giudizi e inaccessibili le sue vie!» (Rm 11,33). Con il capitolo 11 si chiude nella Lettera ai Romani la lunga riflessione di S. Paolo sul popolo di Israele del quale egli si sente parte ma dal quale ha preso le distanze per via della chiamata sconvolgente al Cristianesimo che è diventata pienezza di quanto aveva appreso e vissuto fino ad allora. Dopo aver affermato che Israele deve essere considerato con grande stima e rispetto ed aver chiarito che la conversione di Israele porterà certamente a compimento il disegno salvifico di Dio, antico e sempre nuovo, Paolo esprime il desiderio che i Romani comprendano il disegno divino come intervento di bontà, che raggiunge il suo scopo attraverso la bontà e la misericordia di Dio. Spera che i suoi correligionari abbandonino la loro incredulità dinanzi allo spartiacque che è Gesù Cristo ed il suo Vangelo, proprio come hanno fatto i pagani. La sorta di prigione nella quale sono relegati a causa del peccato, può essere infranta solo dalla forza potente di Dio che attraverso la sua bontà opera la liberazione. Questa ricchezza, saggezza e conoscenza sorprende lo stesso Apostolo che confessa come ogni altro uomo, l’inaccessibilità dell’uomo a comprenderle. Tutto si ferma come dinanzi ad una barriera che blocca la conoscenza profonda della trascendenza divina. Dio rimane il totalmente diverso, l’incomprensibile, giusta l’espressione del teologo Karl Barth, «il totalmente altro»! In questa ottica si comprende come tutto è in relazione con Dio e tutto da Lui dipende. P. Angelo Sardone