La forza della preghiera

«Dio non trascura la supplica dell’orfano, né la vedova, quando si sfoga nel lamento» (Sir 35,13-14). Frequente nella Sacra Scrittura è il tema della preghiera, una realtà antica quanto l’uomo, espressione della sua esigenza di vita e della relazione religiosa con la divinità. La Bibbia, a detta di alcuni, è anche un Libro di preghiera, dal momento che oltre la storia sacra, contiene molteplici elementi, testimonianze ed espressioni di autentica preghiera. Il Libro dei Salmi da sempre è stato il Libro della preghiera del popolo di Israele antico e nuovo. Anche la Sapienza divina, qua e là non trascura la preghiera anzi in alcuni insegnamenti la presenta e la indica come necessaria, spiegando il suo ruolo e la sua efficacia. Il testo didattico-sapienziale del Siracide specifica la preferenza che Dio ha nell’ascolto della preghiera di chi è oppresso, in particolare delle tre categorie privilegiate in Israele: gli orfani, i forestieri e le vedove. La loro preghiera arriva diritto in cielo e fora le nubi, non desiste fino a quando Dio non interviene. La cura e l’attenzione del Signore sul mondo intero si manifesta soprattutto nel dialogo con le sue creature ed in particolare con l’uomo e la donna. Quando si ascolta la Parola di Dio, è Dio che parla all’uomo. Quando preghiamo, siamo noi che parliamo al cuore di Dio. Nel suo profondo giudizio di amore Egli ristabilisce la vera equità nelle cose, negli avvenimenti, nei cuori di chi fiduciosamente a Lui si rivolge. Non si smette mai di crescere e di imparare. Più si prega, più si comprende l’essenza e la necessità della preghiera. L’esperienza è la scuola più efficace. P. Angelo Sardone

Sintesi liturgica della XXX domenica del Tempo Ordinario

Agli occhi di Dio non c’è preferenza di persone. Se esiste una particolarità, questa è per gli oppressi: l’orfano, la vedova, il forestiero. Di essi ascolta la preghiera che fora le nubi ed ha il pieno riscontro in Lui. La preghiera dell’umile pubblicano, disprezzato dagli uomini ma caro a Dio, sortisce il suo effetto, al contrario del pubblicano che fa sfoggio di sé in maniera orgogliosa ed impudente anche davanti al Signore. La superbia è punita, l’umiliazione è esaltata. Dio riserva la sua corona di giustizia a tutti quelli che attendono la sua manifestazione, dopo aver combattuto bene la battaglia della vita, terminato la corsa e conservato il dono della fede. Il Signore che libera da ogni male, è sempre vicino e dà forza, perché si compia l’annuncio del Vangelo e tutti l’ascoltino. P. Angelo Sardone

San Giovanni Paolo II, il papa grande

«A ciascuno di noi, è stata data la grazia secondo la misura del dono di Cristo» (Ef 4,7). La vita cristiana è corredata da un dono grandissimo che perpetua ed attua la vita di Dio nella creatura. Si chiama grazia. È l’elemento più importante col quale si cresce e si realizza la propria vocazione nella obbedienza alla volontà di Dio. Tanti sono i ministeri attraverso i quali si compie il percorso della vita e si tende a Dio, raggiungendo la pienezza di Cristo. Oggi la chiesa ricorda S. Giovanni Paolo II, certamente uno dei papi più grandi della storia. Egli ha segnato con la sua identità e la sua feconda azione apostolica un tratto significativo del percorso della Chiesa nella società che si è preparata ed ha varcato il Terzo Millennio. I suoi tanti anni di ministero petrino sono corredati da elementi stupefacenti e di record assoluti: decine e decine di viaggi apostolici, molte encicliche, anni santi ordinari e straordinari, numerosissime beatificazioni e canonizzazioni, coraggiosi e vigorosi interventi nella salvaguardia del bene comune e della moralità, incidenza provvidenziale nella storia politica e sociale delle nazioni. Ma soprattutto, autentica santità di vita che ha parlato e continua a farlo al di là dei suoi indubbi meriti. È stato il papa del mio sacerdozio che ha guidato i passi della mia formazione teologica e pastorale ed ha lasciato una impronta indelebile nella vita di tante persone, soprattutto giovani. L’intuizione delle Giornate Mondiali della Gioventù ha segnato una vasta epoca di adesione alla fede e di cammino in tutte le parti del mondo di tanti giovani affascinati dalla sua personalità e dalla sua santità. I suoi insegnamenti che applicano il Vaticano II continuano ad essere luogo di formazione ed esempio di completezza conoscitiva del mistero di Dio e di una autentica devozione a Maria. P. Angelo Sardone

Altamura (Bari): Il cammino di formazione e di adorazione eucaristica 2022-2023

E’ stato reso noto oggi il Programma del Cenacolo Vocazionale dell’Unione di Preghiera per le Vocazioni di Altamura, per il corrente anno sociale 2022-2023. Il Cenacolo è costituito da oltre un centinaio di persone di tutte le età che mensilmente prendono parte al cammino formativo, all’adorazione eucaristica ed alle varie altre iniziative. Un sentito ringraziamento ai coniugi Nella e Carlo Genco per la loro sollecitudine e la passione carismatica con la quale da oltre 25 anni dirigono ed organizzano questo cammino formativo che risponde alle idealità di S. Annibale Maria Di Francia e si inquadra nel Settore del Rogate della Congregazione dei Rogazionisti e della Provincia S. Annibale ICS. P. Angelo Sardone

Consapevolezza della chiamata

«Comportatevi in maniera degna della chiamata che avete ricevuto» (Ef 4,1). L’accorata esortazione di S. Paolo rivolta ai cristiani per un comportamento degno della vocazione ricevuta, è un autentico programma di vita. La competenza che gli viene dall’esercizio della predicazione pluriennale col corredo della sofferenza, dei travagli sofferti per Cristo dal quale gli proviene la sapienza e la profonda conoscenza del mistero, gli permette di essere davvero un maestro della fede. Il comportamento sociale e religioso di chi crede deve essere lo specchio della vocazione cristiana ricevuta col Battesimo. Gli elementi determinanti ed efficaci perché sia all’altezza della situazione sono l’umiltà, la dolcezza, la magnanimità nella loro pienezza virtuosa, unite alla sopportazione ed alla custodia dell’unità e della pace. Tutto questo ha senso guardando l’unità specificata nell’unico Padre, nell’unica fede, nell’unico Battesimo, nell’unico corpo e medesimo Spirito. Questi toni sono di attualità sorprendente perché, mentre delineano i parametri antichi e sempre nuovi di una corretta impostazione di vita cristiana, determinano gli elementi essenziali e costitutivi dell’identità e della vita stessa della Chiesa. A fondamento ci deve essere sempre la consapevolezza di aver ricevuto una vocazione, la chiamata cioè ad essere nuovo popolo di Dio che si specifica nella santità del cammino e nell’orientamento della vita, fondato sugli elementi e principi evangelici che regolano un retto operato anche nella società. Probabilmente siamo ancora distanti da queste indicazioni oggi che vige anche il «fai da te» nella pratica autentica della vita cristiana. P. Angelo Sardone.

Il valore dell’interiorità

«Il Padre vi conceda di essere potentemente rafforzati nell’uomo interiore mediante il suo Spirito» (Ef 3,15-16). Dopo aver affermato che le sue afflizioni per gli Efesini devono essere in effetti la loro gloria, Paolo fa nota la preghiera che per loro innalza al Padre con una triplice richiesta. La prima fa riferimento al rafforzamento dell’uomo interiore per mezzo dello Spirito. Esso deve avvenire in maniera potente. La caratteristica dello Spirito, infatti, è proprio la “dynamis” cioè la potenza energetica che dà vita. L’uomo interiore è colui che ha avuto una nuova vita ed un nuovo modo di esistere in Cristo, che fa parte dell’assemblea della Chiesa e che è diventato una creatura nuova. Questa caratteristica rende idonei a comprendere la geometria divina nelle sue manifestazioni di ampiezza, lunghezza, altezza, profondità, cose tutte che devono completarsi con la dovuta ed ampia conoscenza dell’amore di Cristo che sorpassa ogni cosa. E’ straordinaria l’importanza che la Sacra Scrittura sottolinea con la  dimensione dell’interiorità, oggi fin troppo banalizzata o relegata nell’ambito del privato, dal momento che le manifestazioni esteriori più sono visibili ed eclatanti, più fanno guadagnare il favore e lo share soprattutto sui social. Non si tiene conto purtroppo che ciò che fa davvero grande la persona ed il cristiano è l’unione con Dio che si riflette naturalmente nell’unione e condivisione con il prossimo. Troppa superficialità regna anche negli ambiti più specificatamente religiosi, col grave rischio di rendere vana l’azione dello Spirito che vive ed opera mediante la grazia ed i Sacramenti. P. Angelo Sardone

Mistero e ministero

«Per rivelazione mi è stato fatto conoscere il mistero» (Ef 3,3). Mistero e ministero sono due termini che ricorrono molto nel frasario paolino e nella trattazione teologica dell’Apostolo delle genti. Si rincorrono, si includono, si spiegano, si completano nell’esperienza pratica della fede cristiana enunciata dal grande evangelizzatore ed accolta dai cristiani delle varie comunità e Chiese da lui fondate. Il suo ministero è supportato fondamentalmente dal mistero ricevuto in dono nella Rivelazione, cioè lo svelamento operato da Cristo nei confronti del persecutore, abbattuto dal suo orgoglio fideistico incentrato sui concetti mosaici alla rigida scuola di Gamaliele. La sua preparazione teologica lo aveva reso provetto nella fede dei Padri, rigoroso nell’osservanza della Legge e “sprizzante odio” nei confronti degli adepti della nuova via aperta da Gesù Cristo di Nazaret che era stato crocifisso e testimoniato coraggiosamente nel suo martirio da Stefano, del quale aveva raccolto il mantello. Gesù lo attendeva sulla via di Damasco per comunicargli la ricchezza e la profondità della nuova dottrina incentrata proprio sul suo mistero di morte e risurrezione, come fondamento della fede cristiana con la caratteristica di apertura universale a tutte le genti, chiamate a condividere la stessa eredità e far parte dello stesso corpo della Chiesa, godendo della medesima promessa. Tutto questo, rivelato dallo Spirito agli Apostoli e ai profeti, ora diventava appannaggio significativo di colui che sarebbe diventato l’Apostolo per eccellenza. La rivelazione per Paolo come per ciascun cristiano, è dono di grazia che vince la resistenza talora ottusa ed orgogliosa della mente umana che non si abbandona a Dio, ma vuole a tutti i costi capire ed agire in forma autonoma. P. Angelo Sardone

S. Luca, l’evangelista del Rogate

«Solo Luca è con me» (2Tim 4,10). La perentoria espressione di S. Paolo comunicata a Timoteo, testimonia allo stesso tempo l’esclusività della vicinanza a lui dell’evangelista suo fidato segretario, e la perseveranza del missionario. La Tradizione afferma che proprio da S. Paolo, Luca apprese il contenuto dell’annunzio di Cristo che riportò nel Vangelo e poi da Maria di Nazaret, la storia dell’infanzia di Gesù che trascrisse nei primi due capitoli. Molteplici sono gli epiteti a lui riservati in riferimento alle varie angolature con le quali si si legge il suo Vangelo: scriba della mansuetudine di Cristo e della misericordia di Dio (famose le tre parabole), evangelista della Madonna e della carità (i poveri, il buon samaritano, Zaccheo), medico e pittore a soggetto mariano. Egli è anche autore del libro della Chiesa, gli Atti degli Apostoli, una mirabile presentazione e sintesi dei primi passi della Chiesa dopo l’ascensione di Cristo al cielo e la documentazione sistematica della predicazione e dei viaggi di S. Paolo fino a Roma. Nella Tradizione e spiritualità rogazionista, S. Luca è l’evangelista del Rogate: analogamente a S. Matteo egli riporta la pericope della messe abbondante con l’invio missionario dei discepoli, sottolineando, come diceva S. Annibale Di Francia, che «dicebat», nel senso che più volte ripeteva l’urgenza della preghiera per le vocazioni di valore universale, perché conferita ai 72 discepoli che rappresentano tutte le lingue e le nazioni della terra di allora. Morì martire. Le sue spoglie si conservano a Padova. Il simbolo iconografico ed identificativo di San Luca è il vitello. Auguri a tutti coloro che portano il nome di Luca, perché rispecchino le peculiari caratteristiche del terzo grande evangelista. P. Angelo Sardone

Il desiderio del martirio

«Dio ci ha fatto rivivere con Cristo: per grazia siete salvati» (Ef 2,5). Dio realizza per i cristiani ciò che ha operato con Cristo. La salvezza è gratuita e risponde alla sua misericordia e benevolenza. Attraverso il Battesimo i cristiani sono innestati in Cristo ed il mistero della sua risurrezione realizza contemporaneamente la salvezza e la vita nuova. Questa esperienza mirabile visse il martire S. Ignazio (35-107), uno dei primi Padri della Chiesa, vescovo e successore di San Pietro ad Antiochia in Siria. Nel corso della persecuzione di Traiano fu arrestato e condotto in catene a Roma per divenire pasto delle belve negli spettacoli organizzati in onore dell’Imperatore. Nel corso del viaggio scrisse sette lettere alle Chiese che incontrava lungo il cammino ed a Policarpo di Smirne; esse fanno parte della cosiddetta letteratura subapostolica. Temi comuni erano la fuga del peccato, l’accortezza dagli errori dell’eresia gnostica che riteneva apparente l’incarnazione di Cristo, l’unità della Chiesa. In una di esse per la prima volta la Chiesa viene definita “cattolica”, cioè universale. Pastore zelante ed amante del suo gregge, in maniera del tutto singolare, raccomandò ai Romani, una volta entrato nel circo per le feste imperiali, di non salvarlo dal martirio e dal pasto degli animali, avendo così la concreta possibilità di assomigliare a Cristo nella passione. Le bestie feroci dovevano essere la sua tomba. Un coraggio simile desta incredulità e stupore, perché testimonia in maniera concreta l’amore convinto per Gesù, proprio come l’Apostolo Paolo, col desiderio vivo di annientarsi per essere con il Maestro. P. Angelo Sardone

La forza della preghiera di intercessione

«Quando Mosè alzava le mani, Israele prevaleva; ma quando le lasciava cadere, prevaleva Amalèk» (Es 17,11). Il cammino del popolo di Israele nel deserto è contrassegnato da tante difficoltà: mancanza di cibo e di acqua, guerra contro re e popoli per avanzare verso la terra promessa. Per le difficoltà alimentari, ci pensa Jahwé donando giornalmente la mamma, facendo scaturire acqua dalla roccia, dando le quaglie come carne. Ad affrontare le popolazioni ed i re ci deve pensare Mosé ed il suo fiduciario Giosuè, ma la vittoria appartiene sempre a Jahwé. Il ruolo di Mosé è quello di mediatore ed intercessore. Dinanzi alle continue ribellioni e mormorazioni il condottiero, pur stanco di un popolo dalla dura cervice, affronta ogni cosa ed affida a Dio la risoluzione. Nella battaglia contro Amalek, mentre Giosuè è nella valle a combattere, Mosé si stacca dal popolo e si isola sul monte per pregare e chiedere al Signore il sostegno nella lotta e la vittoria. Il suo gesto è la sua postura sono quelli dell’orante: le braccia alzate al cielo. Ma col tempo sente la stanchezza ed è costretto a sedersi ed a farsi sostenere le braccia da due che gli sono accanto, Aronne e Cur. Le mani levate al cielo sono il segno della invocazione ed è immediata la risposta propizia di Dio che si riverbera nel campo di battaglia con la vittoria degli Ebrei. Si tratta dei primi arcaici insegnamenti e testimonianze bibliche sulla forza e l’efficacia della preghiera, esemplificati dal tratto storico che rende più concreto e visibile l’intervento di Dio. È sottolineato così il grande valore dell’intercessione. Chi è nella valle a lottare deve essere sempre sostenuto da chi sul monte per vincere invoca l’aiuto che viene dal Signore. P. Angelo Sardone