Si aggiunge Timoteo

«Percorrendo le città, trasmettevano loro le decisioni prese dagli apostoli e dagli anziani di Gerusalemme, perché le osservassero» (At 16,4). Terminato il Concilio di Gerusalemme Paolo riprende il suo cammino missionario con un secondo viaggio. Ad accompagnarlo nella visita alle comunità già avviate, questa volta è Sila uno dei dirigenti della Chiesa di Gerusalemme. Il tragitto avviene non per mare ma per terra. A Listra, una città dell’odierna Turchia, si accompagna a loro Timoteo, figlio di madre giudea e padre greco convertito da Paolo probabilmente nel precedente passaggio. Per non avere problemi con i Giudei, Paolo lo fece circoncidere. Egli diventerà uno dei discepoli prediletti e principali collaboratori dell’Apostolo. Lungo il cammino, fedele alle conclusioni del Concilio, Paolo le trasmette per placare gli animi e rendere operative le decisioni prese a Gerusalemme perché fossero osservate. L’evangelizzazione si colora di nuove presenze e dinamismi operativi condotti dallo Spirito. La preoccupazione di Paolo è quella di rendere partecipi i nuovi cristiani della libertà che lo Spirito concede loro nell’adesione alla fede. L’impostazione della fede cristiana, pur tenendo conto di tutta l’impalcatura del vecchio Testamento, deve ora camminare con gli insegnamenti di Gesù. È molto importante che le decisioni prese in ambito comunitario e sinodale come un Concilio, siano non solo trasmesse, ma anche e soprattutto osservate. Nei tempi moderni il Concilio Vaticano II probabilmente deve essere ancora conosciuto del tutto ed assorbito nella sua eccezionale valenza di attualità per il cammino della Chiesa. P. Angelo Sardone

Le risoluzioni canoniche

«Alcuni di noi, ai quali non avevamo dato nessun incarico, sono venuti a turbarvi con discorsi che hanno sconvolto i vostri animi» (At 15,24). Il concilio di Gerusalemme si conclude con alcune indicazioni che sono trasmesse tramite una lettera ufficiale. Dopo gli interventi dei due missionari Paolo e Barnaba, di Pietro e di Giacomo, capo della chiesa di Gerusalemme, si giunge alle determinazioni. Non bisogna imporre nulla ai pagani convertiti al cristianesimo se non l’astensione dagli idoli e dagli animali soffocati, dalle unioni illegittime e dalla fornicazione. Con questi elementi essenziali si evitava di urtare gli Ebrei convertiti che erano ancorati alla legge di Mosé, per favorire la mutua unione nella comunità, soprattutto nelle assemblee liturgiche. Le determinazioni erano state formulate con la piena consapevolezza di essere guidati dallo Spirito Santo, dalla recente esperienza pasquale degli apostoli, vera autorità a Gerusalemme e dagli anziani. Tutto ciò esprimeva anche buonsenso e intelligente accomodamento con i pagani convertiti che non avrebbero compreso la radicalitá delle scelte ebree e così si sarebbero facilmente adattati in un clima sereno. Di fatto, quando fu letta la lettera nella comunità di Antiochia, le reazioni furono molto positive e portarono grande gioia. Quando si agisce senza la licenza dell’autorità costituita, si rischia di diventare esagerati, parziali, intraprendenti ed imprudenti. Non sempre le formulazioni sono coerenti con l’accoglienza e si tramutano in divisioni che, soprattutto agli inizi, sono sempre nocivi. È meglio attendere quanto la Chiesa ufficiale con la sua autorità guidata dallo Spirito, propone e determina. Ieri come oggi. P. Angelo Sardone

Le decisioni del Concilio

«Ritengo che non si debbano importunare quelli che dalle nazioni si convertono a Dio» (At 15,19). La questione della circoncisione tiene desta l’attenzione e la discussione nella prima Comunità cristiana di Gerusalemme. Paolo e Barnaba quivi giunti appositamente, Pietro, reduce dall’esperienza con Cornelio, il pagano convertito, Giacomo, capo della Chiesa locale, sono gli interlocutori più accreditati di quello che la Tradizione ha definito il Concilio di Gerusalemme. La questione sollevata anche dall’entusiasmo col quale i due missionari hanno raccontato le opere che Dio ha realizzato per mezzo loro, e lo stesso Pietro che ha avuto esperienza diretta, meritano una considerazione ed una condivisione che porti poi ad una decisione. La distanza tra il mondo giudeo e quello greco, richiede un’attenzione particolare per non correre il rischio di essere semplicemente, nei confronti dei nuovi venuti alla fede cristiana, impositori della pratica della circoncisione, come invece affermavano i Giudei più esigenti. La realtà della fede trasmigra in nuove culture e sensibilità che non sempre si allineano con quella dominante della Giudea. Dopo che sono stati esposti i fatti, prende la parola Pietro alludendo alla sua personale esperienza, e conclude Giacomo con una sintesi mirabile che contiene le risoluzioni necessarie, sobrie ed essenziali da attuare. Quelli che vengono alla fede cristiana non devono essere importunati. Va salvaguardato ieri come oggi e come sempre, il principio della libertà e dell’accoglienza senza pregiudizi. Il radicalismo ottuso dava e dà fastidio. Il buonsenso e la carità risultano sempre criteri saggi di sicura vittoria. P. Angelo Sardone

Il Concilio di Gerusalemme

«Ricevuti dagli Apostoli e dagli anziani, riferirono quali grandi cose Dio aveva compiuto per mezzo loro» (At 15,6). Nella Chiesa antica la diversità di opinioni è determinata da un modo diverso di compiere l’evangelizzazione. I Farisei e Giudei non ammettono assolutamente che i convertiti non si assoggettino alla circoncisione. Paolo e Barnaba e non solo, invece, in base alla loro esperienza diretta ed al buonsenso, sono del parere di lasciare liberi i cristiani provenienti dal paganesimo. Siccome il dissenso è evidente e fomentato da alcuni provenienti dalla Giudea, senza magari l’avallo dei responsabili della Chiesa di Gerusalemme, i due intrepidi missionari, con alcuni altri, sollecitati dalla Chiesa antiochena e sostenuti dalla preghiera, scendono a Gerusalemme per sottoporre la questione agli Apostoli, depositari del messaggio del risorto. Lungo il percorso hanno modo di raccontare quanto era avvenuto per opera dello Spirito Santo e di raccogliere adesioni al loro operato, attraverso la loro gioia. Giunti a Gerusalemme sono ricevuti dagli Apostoli e dagli anziani che guidano la Chiesa e riferiscono le meraviglie che il Signore ha operato tramite loro tra e per i pagani. L’entusiasmo dell’accoglienza è un elemento significativo che conferma la bontà di quanto operato. Voler sottoporre la questione agli Apostoli è segno della condivisione fedele che attinge dalla solidità della dottrina. Queste esperienze si ritrovano anche oggi, quando sono condotte in maniera seria le attività di missione ed evangelizzazione. L’entusiasmo dei missionari contagia i neofiti e genera solidità di rapporti, a fronte dell’evanescenza sensitiva, piacevole e di durata temporanea. P. Angelo Sardone

S. Pasquale Baylon

«Confermarono i discepoli esortandoli a restare saldi nella fede» (At 14,22). Concluso il viaggio apostolico, Paolo e Barnaba tornano ad Antiochia di Siria: rifanno il cammino al contrario, passando per le città nelle quali avevano seminato la Parola di Dio. Il successo della loro missione è contornato da eventi straordinari ma anche da preoccupazioni e pericoli compresa la lapidazione di Paolo. Lungo il tragitto confermano i discepoli già evangelizzati, esortandoli a mantenere salda la fede ricevuta con la solidità e la perseveranza del loro impegno. La conferma è un elemento nuovo nella dinamica e didattica della predicazione oltre che un termine tipico dell’evangelizzazione del primo cristianesimo ed un compito ben preciso che, nella persona di Pietro, Gesù aveva affidato alla Chiesa come criterio di stabilità e progresso nella fede. La verità del vangelo predicato è contornata da numerose tribolazioni,una costante della vita cristiana. Nel Regno di Dio, infatti, si transita attraverso molte tribolazioni e difficoltà. Tante ne ha trovate e superate S. Pasquale Bayon (1540-1592) il francescano spagnolo che la liturgia ricorda oggi. Nato in una famiglia di umili condizioni, ben presto rivelò tendenze mistiche legate alla preghiera, imparando a leggere da solo. Entrato come converso tra i Frati Francescani della riforma alcantarina, fu addetto ad umili mansioni, avendo però sempre al centro l’Eucaristia. Non si scoraggi alcuno: il cammino della fede è serio e non è un gioco. Le tribolazioni non prevarranno se ci sarà fiducia illimitata nel Signore ed affidamento altrettanto serio a guide sagge, illuminate e competenti. Auguri a tutti coloro che portano il nome di Pasquale e Pasqualina. P. Angelo Sardone

16 maggio 2044: giorno radioso e splendido

«Ministro della compassione del Buon Pastore». Queste espressioni sintetizzano mirabilmente non solo il Prefazio della Messa propria ma anche l’intera vita di S. Annibale Maria Di Francia del quale oggi si ricorda il 18° anniversario della canonizzazione. Tutto avvenne domenica 16 maggio 2004, a conclusione di un lungo cammino avviato il 1945 con l’inchiesta diocesana a Messina per verificare l’eroicità delle sue virtù. Dinanzi a migliaia di persone convenute in piazza S. Pietro da tutte le parti del mondo, S. Giovanni Paolo II lo dichiarò santo. Fu un “giorno radioso e splendido” che coronava le attese ed i desideri dei figli e figlie di S. Annibale, i Rogazionisti, le Figlie del Divino Zelo e numerosi Laici che da lui traggono ispirazione per la loro vita e vocazione. Era il pubblico e completo riconoscimento della Chiesa, della santità del canonico messinese che aveva dedicato l‘intera sua esistenza alla passione del Rogate, la preghiera e l’azione per le vocazioni ed alla carità soprattutto verso i piccoli ed i poveri sostenuto da una singolare devozione a S. Antonio di Padova. Il suo blasone nobiliare non gli aveva impedito sin dai primordi del suo sacerdozio, di farsi povero tra i poveri nel malfamato Quartiere Avignone di Messina, pezzo di terra maledetto, dove aveva ravvisato con chiarezza, la verità e l’attuazione delle parole evangeliche sulle turbe abbandonate e sfinite come pecore senza pastore. Proprio per esse Gesù aveva comandato la preghiera per le vocazioni sintetizzata nelle parole “Rogate ergo… pregate dunque il Signore della messe”. Il suo zelo e la sua “fissazione” carismatica continuano a contagiare tanti nella Chiesa nell’impegno serio e perseverante di chiedere al Signore con fiducia la più grande delle misericordie e di diventare per primi “buoni operai del Regno”. P. Angelo Sardone

La conferma dei neofiti

«Riunirono la Chiesa e riferirono tutto quello che Dio aveva fatto per mezzo loro» (At 15,27). Il primo viaggio missionario di Paolo e Barnaba si conclude con il loro rientro ad Antiochia da dove tutto era cominciato. Facendo la strada del ritorno confermavano i discepoli esortandoli a rimanere saldi nella fede. In ogni Chiesa poi, designavano alcuni anziani (nella lingua greca sono denominati presbiteri) e, dopo avere pregato e digiunato, li affidavano al Signore.  È questa la metodologia pastorale che Paolo adotta per garantire in ogni nuova porzione di Chiesa il coordinamento e l’amministrazione spirituale di coloro che avevano aderito alla fede loro annunziata. Si costituirono così gradualmente le coordinate di un’impostazione che sarà detta “pastorale”, perché ogni Chiesa nascente potesse godere della sua autonomia in concordanza col modello che andava instaurandosi in ogni nuova comunità. Tornati ad Antiochia condividono con i membri di quella Chiesa il racconto degli avvenimenti e di quanto il Signore ha operato attraverso loro nell’apertura dei pagani alla fede. La gioia di un’opera santa condotta dallo Spirito attraverso la disponibilità dei missionari viene condivisa e manifesta l’adesione personale alla grazia, che trascina ed opera meraviglie anche nei pagani. Il protagonista dell’evangelizzazione ieri come oggi è sempre lo Spirito: con la forza energetica della grazia entra nei cuori, li purifica e li predispone all’accoglienza del mistero. Rendersi conto di tutto questo è salutare per tutti, evangelizzatori ed evangelizzati, perché si manifesta chiaramente che l’opera è condotta da Dio. P. Angelo Sardone

S. Mattia, l’aggiunto al Collegio dei dodici Apostoli

«Il suo incarico lo prenda un altro» (At 1,20). La vicenda umana di Giuda Iscariota chiusasi tragicamente con il suo suicidio, lasciava vacante il posto che Gesù di Nazaret aveva assegnato a ciascun apostolo quando aveva costituito il collegio dei dodici. Tutto si era compiuto secondo le Scritture che avevano previsto anche la sua sostituzione. Nella profezia era stato scritto che il posto del traditore fosse preso da un altro. Nel pieno delle sue funzioni amministrative e dirigenziali Pietro organizza l’evento e specifica che chi sostituirà Giuda come testimone della risurrezione, deve essere uno che era membro del gruppo dei seguaci di Gesù sin dagli inizi della sua predicazione subito dopo il battesimo di Giovanni fino all’assunzione in cielo. Dopo una intensa preghiera, tra due discepoli proposti, la sorte cadde su Mattia che fu associato agli altri undici riportando in pieno regime il gruppo costituito dal Maestro di Nazaret per il ministero e l’apostolato evangelizzatore. Quello che può sembrare causale diviene il frutto invece di un preciso disegno divino. Si obbedisce in tutto alla volontà di Dio che si manifesta in un contesto di intensa preghiera e di affidamento allo Spirito. Le vicende della vita di S. Mattia sono contenuti negli scritti apocrifi ed anche nei Padri della Chiesa, ma sono storicamente privi di valore. La tradizione lo vuole missionario in Etiopia dove subì il martirio con un’alabarda. La storia si ripete ogni volta che uno è chiamato a prendere il posto fino allora occupato da un altro soprattutto sul versante del ministero pastorale ad ogni livello, dal papa fino all’ultimo sacerdote o religioso. È il Signore che designa a prendere il posto vuoto ed è Lui che riempie di particolare grazia e sostegno chi fiduciosamente obbedisce. P. Angelo Sardone

La Madonna di Fatima

«La promessa fatta ai Padri si è realizzata, perché Dio l’ha compiuta per noi, loro figli» (At 13,32). Nell’altipiano dell’Anatolia sorge Antiochia di Pisidia. Qui Paolo, giunto con i suoi compagni, predica la Parola e rivolge un articolato discorso agli abitanti. Comincia così il suo primo viaggio apostolico. Ha preso in mano la situazione ed avvia in maniera concreta il suo servizio evangelizzatore. Alla stessa maniera di Pietro, sintetizza in un mirabile discorso i valori fondamentali della fede cristiana. Il punto più alto ed espressivo è il passaggio della morte e risurrezione di Cristo, come annunziato dai profeti: i Giudei, pur rifiutando e non comprendendo i contenuti profetici, hanno adempiuto inconsapevolmente quanto previsto. Tutto si è realizzato secondo i piani di Dio. Testimoni davanti al popolo sono gli Apostoli e quanti sono stati beneficiati dall’apparizione del risorto. Dio continua a visitare il suo popolo e spesso lo fa con la mediazione di Maria la madre di Gesù. Oggi si ricorda l’apparizione della Vergine a Fatima ai tre pastorelli Lucia, Giacinta e Francesco avvenuta il 13 maggio 1917 in pieno primo conflitto mondiale. Le apparizioni si ripeterono con la cadenza mensile del 13 fino ad ottobre. Quella di Fatima è senza dubbio la più profetica delle apparizioni moderne. La Madonna invitò alla preghiera, alla conversione e alla penitenza e rivelò tre segreti. Il primo ed il secondo riguardano la spaventosa visione dell’inferno, la devozione al Cuore Immacolato di Maria, la seconda guerra mondiale, e i danni che la Russia avrebbe recato all’umanità con l’abbandono della fede cristiana e l’adesione al totalitarismo comunista. Il terzo fu messo per iscritto da suor Lucia nel 1944 e reso pubblico nell’anno 2000 per volere di S. Giovanni Paolo II: infatti egli attribuiva all’intercessione della Madonna di Fatima la sua sopravvivenza dopo l’attentato del 13 maggio 1981. A Trani noi Rogazionisti dal 1957 abbiamo un bellissimo santuario dedicato alla Madonna di Fatima, meta di tanti pellegrini. P. Angelo Sardone

S. Paolo ed il primo viaggio apostolico

«Uomini d’Israele e voi timorati di Dio, ascoltate» (At 13,16). La missione evangelizzatrice di Paolo entra nel vivo con la predicazione ad Antiochia di Pisidia. Emergono dal racconto lucano le caratteristiche didattiche di Paolo che, preparato alla scuola di Gamaliele, aveva appreso bene i tratti storici dell’Antico popolo dell’Alleanza. Infatti, invitato a parlare, dopo che erano stati letti alcuni brani della Legge e dei Profeti, presenta un sunto storico e teologico di qualità. Partendo dalla scelta del popolo da parte di Dio, passando attraverso la cattività egiziana e la libertà riconquistata, fa riferimento all’avvento dei Giudici e quindi dei re, fino a Davide, dalla cui discendenza sarebbe nato Cristo. Il racconto della storia sacra non si ferma al grande re, ma si aggancia anche a Giovanni Battista la cui missione di precursore ed amministratore di un Battesimo di penitenza, si ferma con la constatazione che Gesù Cristo è davvero grande. Si evidenzia così l’importanza della conoscenza delle sacre Scritture che tracciano la storia del rapporto di amore di Dio con l’umanità attraverso il popolo di Israele, una storia che è continuata e si è risolta in Gesù di Nazaret il Figlio di Dio che è venuto a darne pieno compimento. Conoscere le scritture significa conoscere Cristo. Ignorarle, secondo S. Girolamo, significa ignorare Cristo. Quanto c’è ancora da apprendere oggi! Non basta una conoscenza superficiale ed occasionale ma occorre uno studio metodico con buoni insegnanti, a partire dall’ascolto della Parola nella sacra Liturgia e da una corretta spiegazione di essa con maestri che dall’altare non siano frettolosi e superficiali, ma profondi e credibili. P. Angelo Sardone