Testimoni del risorto

«Vi proclamo il Vangelo che vi ho annunciato e che voi avete ricevuto, nel quale restate saldi e dal quale siete salvati» (1Cor 15,1). Il tempo pasquale è caratterizzato in maniera sistematica dall’annuncio, che nella liturgia con la proclamazione della Parola, diviene insistente. D’altronde il mandato di Cristo agli Apostoli dopo la risurrezione, fu proprio quello di annunziare, perché dall’annunzio deriva la salvezza. Il cuore del “kerygma” è costituito dal sunto mirabile dell’evento pasquale: «Cristo è morto, fu sepolto ed è risorto». La sequenza delle apparizioni a Cefa, ai dodici, a 500 fratelli, a Giacomo, agli altri Apostoli ed infine a Paolo, come raccontato dagli Evangelisti, testimonia in maniera inconfutabile il fondamento della fede cristiana. Comincia ad impostarsi così la Traditio apostolica: «ciò che ho ricevuto, ho donato a voi», scrive S. Paolo. Tutti gli Apostoli, dirigendosi nelle terre fino allora conosciute, portarono con sé il bagaglio di quanto avevano appreso dal Maestro, donandolo con generosità, andando incontro anche a difficoltà e testimoniando col sangue l’adesione a Cristo. Oggi se ne ricordano contemporaneamente due di loro, Filippo e Giacomo il Minore, perché le loro reliquie furono trasferite insieme a Roma nella chiesa dei Santi dodici Apostoli. Filippo era di Betsaida, come Pietro ed Andrea. Giacomo era figlio di Alfeo e cugino di Gesù. A lui, capo della Chiesa di Gerusalemme dopo la morte di Giacomo il Maggiore, è attribuita l’omonima lettera. Col Battesimo abbiamo ricevuto il dono della fede che a partire dall’immersione nella morte e risurrezione di Cristo, ha conferito a ciascuno la responsabilità dell’annunzio ed il valore della testimonianza. P. Angelo Sardone

S. Atanasio, dottore della SS.ma Trinità

«Non riuscivano a resistere alla sapienza e allo Spirito con cui egli parlava» (At 6,10). Dopo l’istituzione del diaconato nella comunità cristiana di Gerusalemme, l’evangelista Luca documenta le azioni pastorali dei diaconi, primo tra tutti, Stefano. Di lui evoca la grazia e la potenza di cui è dotato ed i grandi prodigi e segni operati in mezzo al popolo. Tutti sono ammirati ed alcuni membri della sinagoga pur volendo discutere con lui, non sono alla pari e non resistono alla sua sapienza: il diacono infatti parlava sotto l’influsso dello Spirito Santo. Non potendo fare altro, istigano alcuni a calunniarlo, asserendo di averlo sentito dire cose blasfeme contro Dio, la Legge e Mosè, fino a tradurlo davanti al sinedrio per un giudizio punitivo. Tutto quello che viene detto, è ritenuto sovversivo nei confronti di una Tradizione cui gli Ebrei in maniera ligia si assoggettavano. Si accorgono ben presto che non è Lui a parlare perchè scorgono il suo viso simile a quello di un angelo. Dinanzi alla potenza dello Spirito ogni tentativo di ostruzione è vano soprattutto quando si vogliono offuscare verità di fede che toccano il mistero di Cristo. Ciò si ripete nella storia della Chiesa e trova oggi in S. Atanasio di Alessandria d’Egitto (295-373), un deciso assertore della divinità di Cristo proclamata nel Concilio di Nicea (325) e negata dall’eresia ariana. Da giovane fu discepolo di S. Antonio abate e per le sue qualità di uomo probo, virtuoso ed asceta fu acclamato vescovo. La Chiesa lo ha definito dottore della SS.ma Trinità. Anche oggi è indispensabile formarsi alla scuola di questi interpreti illuminati della fede per non rischiare di “correre invano”. P. Angelo Sardone

La testimonianza ed il martirio

«Di questi fatti siamo testimoni noi e lo Spirito Santo, che Dio ha dato a quelli che gli obbediscono» (At 5,32). Il coraggio acquisito dagli Apostoli a seguito della discesa dello Spirito Santo ha qualcosa di sorprendente. La paura sfoggiata in occasione della passione di Cristo e della sua morte li aveva reso tutti latitanti, Pietro rinnegante, Giuda traditore. Ora è diventata coraggio sfrontato che non si ferma dinanzi ad alcuna forma di provocazione, minacce ed ingiurie. Ciò li rende testimoni. Essi hanno visto, hanno toccato con mano, sono stati educati e formati e nonostante non avessero capito fino in fondo quanto Gesù aveva loro insegnato, ora con la discesa dello Spirito, sono letteralmente trasformati e sono diventati impavidi. Gesù l’aveva detto: «Riceverete la forza dallo Spirito e mi sarete testimoni» (At 1,8). Si tratta di dare pubblica testimonianza a qualcosa che non appartiene loro: lo Spirito si schiera dalla loro parte e genera ascolto in coloro che gli obbediscono. La testimonianza genera a sua volta l’eroismo: i martiri, sono infatti testimoni. Il termine greco «martyr» significa appunto testimone. Non si può d’altronde annunciare il vangelo di Cristo se non dando concreta testimonianza di averlo accolto nella vita e di tradurre in pratica i suoi insegnamenti. Tutti gli Apostoli, secondo la tradizione, sono morti martiri. La credibilità della Chiesa (pastori e semplici fedeli) si misura a partire dalla loro coerenza o meno, legata a ciò che si dice e proclama ed a ciò che concretamente poi si fa. Anche se non sempre ci riusciamo, noi pastori siamo chiamati a predicare prima di ogni cosa con la coerenza della vita. P. Angelo Sardone