La testimonianza ed il martirio

«Di questi fatti siamo testimoni noi e lo Spirito Santo, che Dio ha dato a quelli che gli obbediscono» (At 5,32). Il coraggio acquisito dagli Apostoli a seguito della discesa dello Spirito Santo ha qualcosa di sorprendente. La paura sfoggiata in occasione della passione di Cristo e della sua morte li aveva reso tutti latitanti, Pietro rinnegante, Giuda traditore. Ora è diventata coraggio sfrontato che non si ferma dinanzi ad alcuna forma di provocazione, minacce ed ingiurie. Ciò li rende testimoni. Essi hanno visto, hanno toccato con mano, sono stati educati e formati e nonostante non avessero capito fino in fondo quanto Gesù aveva loro insegnato, ora con la discesa dello Spirito, sono letteralmente trasformati e sono diventati impavidi. Gesù l’aveva detto: «Riceverete la forza dallo Spirito e mi sarete testimoni» (At 1,8). Si tratta di dare pubblica testimonianza a qualcosa che non appartiene loro: lo Spirito si schiera dalla loro parte e genera ascolto in coloro che gli obbediscono. La testimonianza genera a sua volta l’eroismo: i martiri, sono infatti testimoni. Il termine greco «martyr» significa appunto testimone. Non si può d’altronde annunciare il vangelo di Cristo se non dando concreta testimonianza di averlo accolto nella vita e di tradurre in pratica i suoi insegnamenti. Tutti gli Apostoli, secondo la tradizione, sono morti martiri. La credibilità della Chiesa (pastori e semplici fedeli) si misura a partire dalla loro coerenza o meno, legata a ciò che si dice e proclama ed a ciò che concretamente poi si fa. Anche se non sempre ci riusciamo, noi pastori siamo chiamati a predicare prima di ogni cosa con la coerenza della vita. P. Angelo Sardone