«Ciò che Dio ha purificato, tu non chiamarlo profano» (At 10,15).

Costretto a difendersi dall’accusa e dal rimprovero di aver mangiato a Giaffa con uomini non circoncisi, Pietro raccontò con ordine e precisione come erano andati i fatti. Mentre pregava, in estasi aveva avuto una visione misteriosa: vide come un recipiente calato dal cielo e sostenuto ai quattro capi. In esso c’era ogni sorta di animali e il Signore per tre volte gli ingiunse di mangiare ogni cosa, compresi gli animali che gli Ebrei ritenevano impuri, perché tutto era stato da Lui purificato. Pietro non comprese: questo il motivo per il quale per tre volte si ripeté la visione e l’ingiunzione, per confermarlo nella certezza che si trattava di qualcosa di divino. Sceso poi a Cesarea, sotto la forza dello Spirito si diresse a casa di Cornelio, un centurione retto, timorato di Dio che godeva di buona fama presso i Giudei ivi residenti. Qui capì che non occorreva più fare la distinzione tra Giudei e pagani in ordine alla comunità di vita e di mensa ed all’ammissione al Battesimo. L’apertura ai pagani, da lui avviata, corrispondeva alla volontà di Dio. Non si poteva continuare a rimanere nella cerchia dei Giudei che peraltro più volte avevano dimostrato chiaramente di non volerne sapere ed anzi avevano tenacemente avversato questa nuova apertura. L’imbarazzo di Pietro è sciolto dall’intervento diretto di Dio. Non ci si può attardare su cose sempre fatte e su cognizioni assodate quando invece è Dio stesso che dice il contrario. Questo vale anche oggi laddove però c’è la garanzia che viene dalla Chiesa. P. Angelo Sardone