La Veglia di tutte le veglie

«La madre di tutte le veglie». Così il grande Agostino di Ippona definisce la veglia di Pasqua, nella quale si porta a compimento il cammino penitenziale della Quaresima. Attraverso la ricchezza della Parola e i riti esplicativi, viene significata la rinascita dell’uomo che prende piede e si realizza nella morte e risurrezione di Cristo. Questo mistero è immediatamente evocato dalla Liturgia con la benedizione e l’accensione del Cereo pasquale, il segno del Cristo risorto, introdotto nel buio della chiesa per illuminare coscienze e vite ed accenderle dalla luce che è Gesù. Il canto del «preconio pasquale» o «exultet» antichissimo inno pasquale davanti al cereo intronizzato, sancisce in forma poetica e teologica il senso della risurrezione di Cristo vissuta attraverso i segni sacramentali che richiamano la storia dell’esodo e la vera Pasqua. In Cristo e con Lui viene rivisitata la Scrittura veterotestamentaria (sette letture ad indicare la pienezza), soprattutto quella profetica, indispensabile prologo degli avvenimenti che, agganciati alla lezione catechetica di S. Paolo ai Romani ed al racconto evangelico, trovano compimento nell’oggi della storia e della Chiesa. La Risurrezione è un battesimo di luce nel mistero della morte di Cristo ed esemplificato dall’acqua che richiama il sacramento fontale della Chiesa e gli impegni da esso conseguenti che si rinnovano in forma solenne. Il cammino si esplica ulteriormente nella memoria della cena pasquale nella quale si mangia il corpo e si beve il sangue di Cristo, principio della nostra risurrezione. Buona e santa Pasqua. P. Angelo Sardone

Sabato santo

Sabato santo. Giorno della sosta, del silenzio e dell’attesa. Non si può comprendere il significato e la portata di questo giorno, fino a quando non si è sperimentata la morte di una persona cara e la veglia accanto ad un corpo esamine. Il grande silenzio si riempie di ricordi, di sentimenti, di rimpianti. Tornano alla mente parole, sensazioni, insegnamenti, ma tutto è fermo dinanzi al freddo di un corpo immobile, di una storia e di una vita che non ha ritorno. Per Gesù non fu così. Probabilmente i sentimenti di tutta la gente che lo amava e che lo aveva seguito sino alla fine, pur con paura, confusione e timore, nonostante fosse stata irrorata da una parola di verità più volte pronunziata dal Maestro, furono sopraffatti dall’incertezza e dalla poca fede che non faceva loro guardare oltre il grande masso di pietra rotolato all’imboccatura del sepolcro, perché nessuno lo violasse. Ma c’era chi in questo trambusto di pensieri andava covando non senza uno sconsiderato ardire, l’idea che in fondo tutto quello che era stato previsto dalla Scrittura e dai Profeti. Tutto ciò che il Messia aveva detto, si era sistematicamente realizzato. Con questo ardore ed un pizzico imprudenza si preparavano a recarsi al sepolcro. Erano le donne, quelle innamorate davvero di Gesù, coloro che avevano sperimentato in prima persona la ricchezza di un amore gratuito, senza compromessi, di assoluta misericordia. Nel silenzio e nella preghiera sostavano pensose e vivevano la «veglia del Signore» insieme con Maria, non sapendo che era lo stesso Gesù a vegliare su di loro «nel suo dormire della morte» (S. Cromazio). Silenzio. Vegliamo perché Cristo veglia su di noi e risveglia il bisogno di tornare a Lui con un cuore libero ed un animo purificato dalla grazia sacramentale della Penitenza. P. Angelo Sardone