La mormorazione

«Fatti un serpente e mettilo sopra un’asta; chiunque sarà stato morso e lo guarderà, resterà in vita» (Nm 21,8). Il libro dei Numeri, come dice lo stesso nome, non è solo il primo libro di statistiche al mondo, ma nei suoi 36 capitoli contiene interessanti tratti di storia del popolo d’Israele nella traversata del deserto dell’Esodo. Il popolo è insofferente del viaggio, non sopporta più la manna, il cibo così leggero procurato ogni giorno dal cielo, desidera la carne, è sprovvisto di pane e di acqua. Sono tutti ingredienti per una ribellione chiassosa contro Dio e contro Mosè, reo di averli indotti a lasciare l’Egitto. Il suo non è semplicemente un dire, ma una vera e propria mormorazione condita di astio acerbo e rosso rancore. La punizione non tarda a venire perché le invettive salgono direttamente al cielo contro il Signore al suo cospetto. Non si tratta di vendetta divina ma di naturale conseguenza di quanto si è sputato verso l’alto: torna inesorabilmente verso il basso e sporca. In questo caso l’insidia di morte viene dalla terra ed è costituita da serpenti detti “striscianti”, velenosissimi che mordendo causano inesorabilmente la morte. Muore un gran numero di Israeliti. I superstiti si avvedono della grave sciocchezza che hanno fatto e corrono ai ripari pentendosi e chiedendo perdono al Signore. La mediazione di Mosè ferma il flagello. Dio gli chiede di fare un serpente di bronzo guardando il quale chiunque è morso non morirà ma guarirà. Si intravvede in questa prospettiva il legno della croce e Gesù ivi confitto, attratti dal quale, si guadagna la salvezza. Terribile ed iniqua è la mormorazione, ieri come oggi. P. Angelo Sardone

La storia di Susanna

«Sono in difficoltà da ogni parte. Se cedo, è la morte per me. Meglio per me cadere innocente nelle vostre mani che peccare davanti al Signore!» (Dn 13,23). La Bibbia ebraica si divide in tre parti che compongono l’acronimo TANAK, dove T sta per Torah (la legge), NA per neviim (i profeti) e K per ketuvim (altri scritti). In quest’ultima sezione gli Ebrei collocano il libro di Daniele. La Bibbia cattolica lo annovera invece tra i profeti. Tra le altre lo scritto vuole sostenere la fede e la speranza dei Giudei perseguitati dal re Antioco IV Epifane. Tutto il capitolo 13 è dedicato al racconto di una eroina, vittima del sopruso di vecchi adusati al peccato: è la nota storia della casta Susanna, moglie di Joakim, oggetto di uno squallido ed ignobile complotto di due libidinosi anziani della comunità giudaico-babilonese. Sorpresa nel giardino mentre faceva il bagno, divenne oggetto del loro malsano desiderio sessuale. Per non aver ceduto al loro spregevole ricatto, fu accusata come adultera, condotta in giudizio e condannata a morte. Il Signore che protegge gli innocenti suscitò lo spirito di Daniele che, separatamente, sottopose i due vecchioni ad un interrogatorio. Fu evidente la loro menzogna e si svergognarono platealmente. L’innocenza viene difesa e la malizia è punita. Questa realtà molte volte viene disattesa da iniqui abusi e disonesta malvagità nei procedimenti giudiziari, ieri come oggi. Pagano le spese, vittime innocenti che pur cadendo nelle trappole di facinorosi e spregevoli individui senza coscienza e moralità alcuna, scelgono di non peccare davanti a Dio e subiscono violenza su violenza. P. Angelo Sardone