Mercoledì santo

«Non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi» (Is 50,6). In maniera  sapiente la Liturgia della Chiesa nella celebrazione eucaristica dei tre giorni che precedono il Triduo Pasquale, proclama e propone alla riflessione i Canti del Servo di Jahwé, sintesi mirabile poetica e teologica del mistero della sofferenza che Cristo si è addossato. La salvezza dell’uomo è costata il sacrificio cruento del Figlio di Dio che, assumendo la condizione umana l’ha redento dal peccato. Il prezzo pagato è stato quello dell’oblazione, dell’inaudita ed atroce sofferenza che non si è consumata solo sul Calvario, ma è cominciata con altrettanta intensità nell’Orto degli ulivi. Il Terzo Canto del Servo, anche nella sua brevità compositiva, condensa in forma fortemente espressiva la struggente passione espressa in termini realistici di coinvolgente efficacia emotiva. L’intento è propriamente didattico e sapienziale. L’orecchio attento di chi ascolta è l’atteggiamento intelligente e saggio di chi vuol essere davvero discepolo. Le varie parti del corpo enarrate nella cruenta descrizione dall’autore sacro, evidenziano come nessuna componente somatica del corpo di Gesù è stata risparmiata nell’inspiegabile eccesso di violenza e crudeltà umana contro, in fondo, un innocente riconosciuto tale sia da Pilato che dagli astanti nel pretorio e sotto la croce. La flagellazione, gli sputi, segno evidente di disprezzo, gli insulti generosi e gli sberleffi a Lui rivolti non piegano affatto il malcapitato che è sorretto da Dio ed al contrario, da Lui viene reso forte, duro come una pietra. La drammatica sequenza della passione deve far pensare seriamente come ogni azione dei carnefici, ad ogni livello e in qualunque epoca storica, nei confronti di chiunque, soprattutto inerme ed innocente, è quell’azione che purtroppo anche oggi continua ad affliggere ed a far male al martoriato Gesù. Nella nostra diocesi di Matera-Irsina viene anticipata al tardo pomeriggio di oggi la «Messa crismale» nella quale noi sacerdoti rinnoveremo le promesse sacerdotali. P. Angelo Sardone