Nono giorno della Novena e Vigilia del S. Natale

La semina del mattino

175. «Ecco ormai la pienezza del tempo: Dio ha mandato suo Figlio nel mondo» (Gal 4,4). Vigilia di Natale.La lunga preparazione alla venuta di Cristo ha avuto nella formulazione del primo annunzio del vangelo dopo la caduta dei progenitori e nella legge mosaica, un pedagogo ed un maestro. Ora la lunga attesa si è compiuta: il tempo inaugurato con la creazione è giunto alla pienezza e diviene salvezza; Dio ha mandato il suo Figlio nel mondo. L’antica alleanza fatta di prescrizioni e doveri viene ora superata e definita dalla nuova di cui l’Incarnazione e la nascita di Gesù sono l’inizio e la conseguenza. Dio irrompe nella storia dell’uomo purificandola e dandole il senso vero, apportando la salvezza. Dopo aver parlato in molti modi ora Dio si esprime con la sua definitiva Parola, il Figlio, che prende carne mortale nel grembo di una donna e dimora tra gli uomini. L’Eterno diventa finito, Dio si fa uomo, il Figlio di Dio si fa figlio dell’Uomo. Il tempo, soprattutto quello attuale segnato dallo straordinario ed infausto evento della pandemia, cupo ed impenetrabile mistero d’iniquità, viene squarciato per sempre dalla luce sfolgorante di un arrivo atteso e dal tenero vagito di un neonato, carne divina racchiusa nel corpo di un bambino. Il presepe ripresenta plasticamente la realtà della nascita che ha sconvolto il mondo. La liturgia propone attraverso i segni la ricchezza e la straordinarietà di una Parola che «sta alla base di ogni autentica spiritualità cristiana» (Benedetto XVI). Il Natale consiste in questo: accogliere nel profondo di sé il Dio del cuore per diventare noi il cuore di Dio. P. Angelo Sardone

Il re delle genti, l’Atteso

La semina del mattino

173. «O Re delle genti, atteso da tutte le nazioni, pietra angolare che riunisci i popoli in uno, vieni, e salva l’uomo che hai formato dalla terra». 22 dicembre.Sono ancorafortemente profetici i testi che compongono l’antifona. Il Messia, definito Re delle genti (Ger 10, 7), si oppone ai falsi dei, idoli dei pagani. «Desiderato dalle genti» è una espressione adoperata da S. Girolamo nella traduzione in latino, e si rifà al profeta Aggeo che prevede ricchezze che affluiranno da tutte le genti (Ag 2, 7), alludendo chiaramente al Messia. Gesù è la pietra angolare posta in Sion, scelta e preziosa (Is 28, 16), anche se rifiutata dagli uomini, alla base dell’edificio spirituale, la Chiesa. È Lui che riunisce nell’unica fede ed in uno i due popoli, pagano e giudaico (Ef 2, 14). L’invocazione finale chiede al Messia la salvezza dell’uomo formato dalla terra (Gen 2, 7). Una opinione corrente tra i Padri della Chiesa attribuisce a Cristo la formazione del corpo umano. S. Ireneo affermava che l’uomo è stato creato a immagine e somiglianza di Dio, dalle mani di Dio che sono il Figlio e lo Spirito. Tutto il genere umano sarà unificato nella Chiesa. La bellezza e l’efficacia della preghiera sta nella sua attualità: l’uomo ed il mondo di oggi attendono il Salvatore non solo nella venuta ultima e conclusiva del mondo, ma anche e soprattutto in quella intermedia. Essa porterà unità e pace: sarà salvezza dell’uomo dalla debolezza insita nella sua fragile natura fatta di terra e solido fondamento della speranza che salva. P. Angelo Sardone

Gesù, astro divino

La semina del mattino

172. «O Astro che sorgi, splendore della luce eterna, sole di giustizia: vieni, illumina chi giace nelle tenebre e nell’ombra di morte». 21 dicembre.L’impostazione delle Antifone maggiori è rigorosamente biblica: si tratta di una composizione armonica e conseguente di temi e prospettive messianiche sparse nell’arco della storia di Israele e nei profeti, bagaglio della Chiesa. Oggi ricorre il solstizio d’inverno, il giorno più corto dell’anno, nel quale il sole raggiunge il punto di declinazione minima nella sua ellittica. Da oggi il giorno comincia ad acquistare maggiore luce. L’antifona propone tre titoli di Cristo: germoglio, splendore e sole, tutti con precisi riferimenti biblici. Colui che nasce è germoglio (Zc 3,8), o come dice la traduzione greca, astro che sorge. Cristo è l’Astro che sorge da oriente. Egli splende di una luce che non ha fine e ciò è manifestazione della sapienza di Dio (Sap 7,26). Gesù è anche sole di giustizia (Mal 3, 20). Molti Padri della Chiesa hanno dato questa interpretazione e ciò ha permesso la configurazione cronologica del Natale al 25 dicembre, giorno vicino al solstizio d’inverno. Partendo dall’indicazione del popolo che camminava nelle tenebre (Is 9, 1) una delle profezie maggiormente messianiche, l’invocazione chiede a Gesù di illuminare coloro che stanno nelle tenebre e nell’ombra della morte, nell’attesa del Signore che viene a manifestarsi come sole di giustizia e giudice per saggiare il cuore dei fedeli. «Cristo è vero sole e vero giorno» (S. Cipriano). P. Angelo Sardone

La Chiave di Davide

171. «O Chiave di Davide, scettro della casa d’Israele, che apri, e nessuno può chiudere, chiudi e nessuno può aprire: vieni, libera l’uomo prigioniero, che giace nelle tenebre e nell’ombra di morte». 20 dicembre.I testi profetici evidenziano una chiara lettura messianica. Cristo viene identificato e personificato con la chiave di Davide evocata dal profeta Isaia nel suo oracolo contro Sebna e la sua sostituzione con Eliakim (Is 22,22). La chiave è segno di autorità e di comando: aprire e chiudere non appartiene a chiunque, ma è compito di qualcuno in particolare. Gesù ha le chiavi della morte (Ap 1,18) ed è l’unica via di accesso al Regno. La chiave indica anche il potere della conoscenza. Nel Nuovo Testamento Cristo attribuirà a Pietro il compito di clavigero (Mt 16, 19). Alla chiave è abbinato lo scettro della casa di Israele, un elemento contenuto già nelle benedizioni di Giacobbe (Gen 49,19). Esso indica il potere assoluto e regale proprio del bambino che sta per nascere: il trono di Davide gli apparterrà ed il suo Regno non avrà mai fine, assicura l‘Arcangelo Gabriele a Maria (Lc 1, 32). La supplica conclusiva chiede all’Emmanuele la liberazione dell’uomo prigioniero nel carcere del peccato, dell’egoismo, della sopraffazione. Il luogo della sua attuale giacenza sono le tenebre e l’ombra della morte (Sal 107, 10.14). Con Cristo, luce del mondo si avvererà la profezia di Isaia: «Sugli abitanti delle ombre della morte risplendette una luce» (Is 9, 1). L’uomo ed il mondo hanno bisogno di luce, di una «grande luce» per non vagare nel buio dell’incertezza, dell’ignoranza e dell’errore. P. Angelo Sardone