Elia profeta di fuoco, Giovanni eroe di coerenza

«Beati coloro che ti hanno visto e si sono addormentati nell’amore» (Sir 48,11). Il libro del Siracide, la «Sapienza di Sirach» tradotto in latino «Siracides» era detto anticamente «Ecclesiastico». Escluso dalla bibbia ebraica, è considerato ispirato nella tradizione cattolica. In una apposita e corposa sezione, quasi alla fine, in sette distinti capitoli (44-50) l’autore fa l’elogio di alcuni personaggi biblici «uomini di fede con opere giuste che non sono dimenticate» (44,10), dichiarando beati coloro che mediteranno queste cose e le metteranno in pratica con la garanzia di essere saggi e forti in tutto (50,28-29). Tra questi spicca Elia, «profeta di fuoco», uomo di zelo ardente ed operatore di prodigi, al quale da sempre la tradizione evangelica ha equiparato Giovanni il Battista, precursore di Cristo per la sua parola infuocata. Per questo, nel periodo dell’Avvento proprio all’inizio della Novena del Natale, la liturgia lo propone alla riflessione come testimone e modello di coerenza. Il compito cui fu designato da Dio è quello di «rimproverare i tempi futuri, placare l’ira prima che divampi, ricondurre il cuore del padre verso il figlio». Tutti coloro che lo hanno accolto si sono addormentati nell’amore e sono dichiarati beati. Questa felice constatazione richiede oggi come sempre, una attenzione particolare per saper attendere e vegliare, nonostante la stanchezza e la paura che attanagliano la vita di ogni giorno, guardando ai profeti ed imparando da loro. Ci si addormenta beatamente se si è saputo vegliare amorosamente nella carità che offre e soffre le conseguenze dell’amore. Se ci si affatica nel dinamismo del dono, si riposa tranquillamente nell’amore. P. Angelo Sardone

La morte di Melania Calvat, veggente de La Salette

«Preziosa agli occhi del Signore è la morte dei suoi fedeli» (Sal 115,6). Nella notte tra il 14 ed il 15 dicembre 1904, all’età di 73 anni, in un quartino del Palazzo de Laurentis ad Altamura, città della Murgia barese, nella quale viveva da sei mesi, da quando era giunta in incognito dalla Francia per prepararsi alla morte, concludeva la sua vita terrena Melania Calvat, la veggente di La Salette. Insieme con Massimino Giraud il 19 settembre 1846 sulle Alpi francesi nei pressi di Corp, aveva visto la Madonna che aveva loro parlato lamentando l’inosservanza del precetto festivo e le bestemmie contro il nome di Dio ed aveva dato a ciascuno un segreto da rivelare al mondo tempo dopo. Proprio il segreto e la fedeltà alla Vergine Riconciliatrice dei peccatori, l’aveva resa raminga per l’Europa, dalla Francia all’Inghilterra, dalla Grecia all’Italia dove era stata accolta a Castellammare di Stabia e nei dintorni (1867-1892), a Galatina (1892-1897), a Messina (1897-1898) da S. Annibale M. Di Francia per rimettere in sesto l’Istituto delle Suore Figlie del Divino Zelo, ed infine ad Altamura sotto la protezione del vescovo Carlo Giuseppe Cecchini. Qui era conosciuta come una «signora francese», sistematica nel frequentare ogni giorno la Messa in cattedrale e poi ritirarsi in casa dove spesso riceveva sacerdoti francesi. La morte la colse di notte. Lei stessa l’aveva predetto tempo prima alla sua amica Maria Janin: «Io morirò in Italia, in un paese che non conosco, dove non conosco nessuno, paese quasi selvaggio ma dove non si bestemmia il buon Dio e dove lo si ama! Io sarò sola! Un bel mattino si vedranno le mie persiane chiuse, si aprirà forzando la porta e mi si troverà morta!». Dal 1918 la sua salma riposa nell’Istituto antoniano femminile delle Figlie del Divino Zelo ad Altamura appositamente aperto dal santo Fondatore per dare «quiete e riposo alle stanche e travagliate sue ossa». L’atto di morte trascritto nel Libro dei Morti 1904 della Cattedrale di Altamura, porta la data del 14 dicembre. La stessa cosa fece S. Annibale incidendolo nella lapide sepolcrale. P. Angelo Sardone