L’umiltà è verità

«Non ritengo in nessun modo preziosa la mia vita, purché conduca a termine la mia corsa e il servizio che mi fu affidato dal Signore Gesù, di dare testimonianza al vangelo della grazia di Dio» (At 20,24). Fa impressione cogliere questa confessione dal vivo di S. Paolo, mentre a Mileto parla agli anziani della Chiesa di Efeso lì convocati. Sta per partire per Gerusalemme e in un clima di affetto e di grande commozione per tutti dà loro l’addio, affermando di essere «incatenato» e dominato dallo Spirito. L’Apostolo che non si è mai sottratto alla verità per proclamare e testimoniare la grandezza di Dio che ha operato in lui, più di qualche volta, soprattutto nelle sue lettere, non tace riferimenti autobiografici che confermano la grazia abbondante a lui donata da Dio. E la verità è questa, riassuntiva della sua vita: ha servito il Signore con umiltà, nonostante le lacrime e le prove procurate dalle insidie dei Giudei; non si è tirato mai indietro nella predicazione e nell’istruzione, sia pubblicamente che in privato, testimoniando a tutti la conversione a Dio e la fede nel Signore Gesù. La preziosità della sua vita mantiene il suo valore oggettivo, anche se è evidenziata da lui in profonda umiltà, come uno scarso valore. Nonostante tutto il suo intento e la sua missione è portare a termine il servizio affidatogli dal Signore Gesù, una corsa verso la meta, dando testimonianza al Vangelo che ha generato la grazia che gli ha fatto operare un ministero singolare. I Santi hanno vissuto la conclusione della loro missione con questo tenore. Nel suo autoelogio funebre S. Annibale, a prova di umiltà, sottovaluta grandemente la sua persona e le sue doti, ma non tace assolutamente la sua «fissazione ed il suo zelo» per il Rogate. L’umiltà è verità. P. Angelo Sardone