Il peccato di Davide

«Tu sei quell’uomo!» (2Sam 12,7). La vicenda trionfale di Davide si scontra con il limite umano determinato dalla sua passione ingannatrice e dalla morsa del peccato nel quale cade vistosamente e la pianificazione sistematica del suo intervento omicida. Il fascino di una donna avvince il suo cuore: avrebbe potuto averne molte, ma sedotto dalla bellezza ha ripiegato su Betsabea, coniugata con Uria l’Ittita. La sua gravidanza lo mette nella condizione di agire disonestamente prendendosi poi le sue responsabilità. Le conseguenze sono drammatiche: pur essendo ligio al suo dovere di soldato ed avendo rifiutato tutte le subdole azioni del re che avrebbe voluto coinvolgerlo personalmente nella responsabilità del concepimento di suo figlio, il soldato Uria viene rinviato in battaglia, fatto mettere volutamente in prima fila per essere ucciso. Seppure si è sbarazzato di lui, il re non la fa franca perché il Signore gli manda il profeta Natan che lo svergogna e lo richiama alla sua terribile responsabilità. Attraverso l’espediente letterario della pecora sottratta da un re ad un povero che aveva in lei tutta la sua ricchezza ed i suoi affetti, il profeta smaschera Davide indignato per il comportamento autoritario del re della parabola, dicendogli apertamente che quel re è proprio lui ed il suo comportamento nei confronti di Uria è lo stesso di quello sciagurato re. Davide ammette: ha peccato, ma è sinceramente pentito. Il perdono del Signore lo avvince, ma non gli risparmia la giusta penitenza. Anche per il peccato più grave Dio concede il perdono quando uno è davvero pentito. P. Angelo Sardone