La novena del Santo Natale

«Non sarà tolto lo scettro da Giuda finché verrà colui al quale esso appartiene e a cui è dovuta l’obbedienza dei popoli» (Gen 49,10). Fin dai tempi più antichi, dal libro della Genesi, viene preconizzata la venuta del Messia della tribù di Giuda, Re e Signore della storia. Come nelle grandi feste, a cominciare dalla discesa dello Spirito Santo nel Cenacolo di Gerusalemme dove fu vissuta per la prima volta nell’era cristiana, la preparazione al Natale è caratterizzata dalla Novena, un tempo di nove giorni che serve per comunicare ai fedeli le ricchezze della tradizione e della devozione. Essa si caratterizza particolarmente con la Liturgia che nei giorni che vanno dal 17 al 23 dicembre, è solennizzata dalla celebrazione dei Vespri con le cosiddette “antifone maggiori” che cominciano tutte con l’esclamativo «O». Da sempre la Novena del Natale in ogni parte del mondo si distingue anche con l’apporto della tradizione popolare e l’utilizzazione di alcuni elementi molto cari al popolo di Dio ed ai suoi sentimenti. In concordanza con la spiritualità di S. Annibale M. Di Francia, innamorato di Gesù Bambino, propongo la Novena di tradizione tipicamente siciliana così come fu vissuta e praticata dal santo Fondatore dei Rogazionisti e delle Figlie del Divino Zelo, e come ancora oggi è realizzata dalle rispettive loro comunità. Si tratta di una forma semplice, con elementi simbolici e propri della grotta di Betlemme, che, adeguatamente armonizzati con la preghiera liturgica ed una buona riflessione, può determinare e far praticare una sana devozione. P. Angelo Sardone

Dio non abbandona mai!

«Come una donna abbandonata, ti ha richiamata il Signore. Per un breve istante ti ho abbandonata, ma ti raccoglierò con immenso amore» (Is 54,6-7). Il linguaggio profetico è fortemente colorato da tinte profondamente umane che rendono il messaggio più comprensibile nel lessico e nella simbologia adoperata. Spesso il Signore si rivolge al suo popolo come ad una donna nelle sue diverse tipologie di vergine, maritata, florida, sterile, giovanetta, matura. Sempre presente è comunque l’invito di speranza di Dio e del suo profeta al popolo di ieri e di oggi che sembra senza futuro e vive l’angoscia della deportazione e dell’abbandono. Egli si presenta come il creatore, il condottiero degli eserciti, il redentore, e, soprattutto, lo sposo. Offre le sue garanzie: la donna abbandonata sarà da Lui raccolta con amore immenso; lei alla quale è stato nascosto per poco il suo volto, sarà oggetto della pietà senza più ira e minacce. La sua afflizione e sconsolazione, determinate dai turbini della vita, saranno superate da una vita nuova fondata sulla preziosità come i zaffiri e lo stibio, un elemento chimico abbastanza solido. All’abbandono sciagurato della legge di Dio segue la desolazione, superata però dalla costante presenza di Dio che ama teneramente e profondamente. La tenacia dell’amore di Dio continua a manifestarsi in ogni tempo ed in ogni luogo con la prospettiva del benessere della vita e la solidità della fede. Ma ciò non basta: occorre la corrispondenza perseverante dell’uomo basando il tutto sulla fiducia e sul suo abbandono filiale. P. Angelo Sardone

Sono Io che ti guido

«Io sono il Signore, non ce n’è altri. Fuori di me non c’è altro dio, un dio giusto e salvatore» (Is 45,21). All’accorata preghiera con la quale il profeta chiede ai cieli di stillare dall’alto perché le nubi facciano piovere la giustizia e la terra produca la salvezza, fa seguito una dichiarazione perentoria di Jahwé: «Io sono il Signore, che ho creato ogni cosa, la terra, la luce, le tenebre e tutto ho reso stabile». Ed ancora: «Io sono il Signore, non ce n’è altri. Fuori di me non c’è altro dio». È interessante ed importante che in un contesto liturgico che prepara al Natale queste affermazioni esprimano con chiarezza verso chi si va e chi si attende nel mistero. “Il nostro Dio non è una statua”, faceva cantare con profonda acutezza teologica negli anni ’70 il maestro Marcello Giombini in uno dei suoi Salmi per il nostro tempo; “ha occhi per vedere, ha orecchi per sentire, ha un cuore per amare”. Lo stereotipo di un dio staccato da noi, relegato nella storia e nel tempo, lontano dai problemi umani o addirittura tollerante o ingiusto in riferimento alla vita ed alla morte ed alle sorti dei viventi, non si allinea affatto con il sentire teologico di un Dio la cui carne si è fatta visibile nel Figlio dato al mondo, il cui cuore ed il cui corpo si sono addossati i travagli dell’uomo a cominciare dal peccato che causa la sofferenza e la morte. Occorre allora riconoscere solo in lui la giustizia e la potenza, coprendosi di vergogna, quando si arde invece di ira contro di lui. Gli stravolgimenti della natura e della vita dell’uomo sono le conseguenze naturali di scelte folli e sciagurate che l’uomo continua a compiere anche oggi in nome dei diritti civili e di una assoluta autonomia da Dio. P. Angelo Sardone

Dio non abbandona mai

«Io, il Signore, risponderò loro: io, Dio d’Israele, non li abbandonerò» (Is 41,17). Il Libro della Consolazione di Israele che comincia dal capitolo 40 del Deutero Isaia, annuncia la liberazione della schiavitù che comincerà con l’avvento del re Ciro. Il Signore afferma e dimostra coi fatti che il popolo di Israele è scelto e da Lui protetto. Non deve temere perché Dio è con lui, è tenuto per mano e condotto, da Colui che è il Redentore, il Santo di Israele. Queste espressioni la Liturgia le canta nelle cosiddette “profezie” e si rifanno perfettamente all’esperienza del popolo affranto dalla prigionia che finalmente torna a vivere nella libertà concessa da Dio. La storia di Israele è un paradigma della storia di ogni tempo: si pone dinanzi alle vicende anche attuali, come modello cui ispirarsi per avere forza, coraggio, nell’affrontare le vicende dolorose della vita e continuare a confidare nel Signore che risponde puntualmente alle invocazioni di aiuto, che non abbandona mai, e che attraverso la purificazione dell’esilio da se stessi e dalla vita godereccia, fa passare alla vera libertà che è gioia e pace. La risposta di Dio ed il suo perenne aiuto si constatano nella misura in cui ci si affida a Lui con libertà di cuore e con fiducia. Dio davvero non abbandona anche quando sembra che tutto sia un caos, che in nulla c’è speranza: salute, prosperità, guadagno, realizzazione. In tutte queste cose si sopravvive se in noi vive Cristo, sorgente di vera speranza, certezza di ogni attesa. P. Angelo Sardone

IO SONO L’IMMACOLATA CONCEZIONE

«La donna ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno» (Gen 3,15). Anche se la definizione dogmatica è relativamente recente (8 dicembre 1854), la solennità dell’Immacolata Concezione da sempre evidenzia e celebra lo straordinario e singolare privilegio riservato da Dio a Maria di Nazaret, che “in previsione dei meriti di Gesù Cristo Salvatore del genere umano”, fu preservata da ogni macchia di peccato sin dall’atto del suo concepimento. È lei la donna promessa da Dio nel paradiso dell’Eden come antagonista di Satana, vittoriosa sul serpente, col calcagno libero per schiacciargli il capo (Gen 3,9-20). «Era sommamente opportuno che una Madre degna di tanto onore rilucesse perennemente adorna degli splendori della più perfetta santità e, completamente immune anche dalla stessa macchia del peccato originale, riportasse il pieno trionfo sull’antico serpente» (Pio IX). Il grande francescano il beato Duns Scoto, autentico «Dottore dell’Immacolata» (S. Giovanni Paolo II), «Dottore sottile e mariano» (S. Paolo VI) ha contribuito notevolmente con le sue tesi ragionate a superare tutte le difficoltà circa questo grande privilegio di Maria, quale destinatrice della fiducia posta da Dio nella bontà della natura umana, laddove il peccato non è riuscito a distruggere o annientare l’opera uscita dalla sapienza del Creatore. Il 1858, quattro anni dopo la definizione dogmatica, apparendo a Lourdes la Vergine dirà a S. Bernadetta Soubirous: “Io sono l’Immacolata Concezione”. Guardando Maria ogni cristiano va incontro al Signore in santità e purezza di spirito. Auguri a tutte coloro che portano il nome di Cettina, Immacolata e derivati. P. Angelo Sardone