“O Sapienza”

La semina del mattino

168. «O Sapienza, che esci dalla bocca dell’Altissimo, ti estendi ai confini del mondo, e tutto disponi con soavità e con forza: vieni, insegnaci la via della saggezza». 17 dicembre. La prima antifona maggiore è composta da tre citazioni di testi didattico-sapienziali, il Siracide (24, 5), la Sapienza (8, 1), i Proverbi (9, 6). Ha come tema dominante la Sapienza di Dio, incarnata in Gesù. Egli è uscito dalla bocca stessa di Dio ed è espressione concreta del Suo fare, a cominciare dalla creazione. Il Vangelo di S. Giovanni lo chiamerà Verbo, dal latino “verbum”, cioè Parola. È la parola più grande, più bella ed efficace di Dio nei confronti dell’umanità decaduta col peccato ed in attesa di salvezza. La Sapienza è presente nel mondo da un confine all’altro, lo domina, lo permea con dolcezza e fermezza, lo rigenera. La caratteristica biblica della Sapienza non è di tipo filosofico né si esprime in termini astratti, ma vuole insegnare al saggio ed al semplice come vivere, conoscere come fare le cose. Per questo è personificata, operante nella creazione, dominatrice e guida misteriosa del mondo intero. A Cristo che nasce a Betlemme, seconda persona della SS.ma Trinità, Sapienza del Padre e suo compimento, si chiede di insegnare la via della saggezza sulla quale poter andare dritti per realizzare la vita nell’unità ed integrità, al contrario della disintegrazione e della stoltezza. Gesù ci dia un cuore capace di distinguere il bene dal male, diriga la storia della nostra vita e la introduca nell’intimità con Dio. P. Angelo Sardone

Comincia la novena del S. Natale

La semina del mattino

167. «Il Signore viene, non tarderà» (Ab 2,2). Comincia oggi la Novena del Natale, una pratica devota che tocca il cuore dei credenti, esprime la fede dei semplici e nello stesso tempo la sua forza. In riferimento al Natale, l’orientamento del primo Millennio dell’Era cristiana segnato alla riflessione dei Padri della Chiesa, è stato propriamente biblico e teologico, in dimensione storico-salvifica: «Dio diventa uomo perché l’uomo diventi Dio». Partendo dalle indicazioni profetiche essi svilupparono una concezione ed una esperienza spirituale basata sulla mistagogia, ossia l’introduzione e l’accoglienza del mistero. S. Francesco d’Assisi con la sua intuizione del presepio di Greggio nel 1223 ha aperto nel secondo Millennio la visione devozionale, rivissuta, elaborata e proposta nel corso dei secoli da personalità eminenti in santità del calibro di S. Alfonso M. de’ Liguori. Il terzo Millennio realizza la sintesi matura e conseguenziale tra la visione storico-salvifica e quella devozionale. L’orientamento spirituale e liturgico attuale, sostenuto dalla riforma del Concilio Vaticano II coniuga la riflessione teologica che fa da sfondo con la rappresentazione simbolica, espressione visiva di una devozione che coinvolge. Nel cammino di preparazione al Natale, seguendo le indicazioni e la spiritualità di S. Annibale M. Di Francia grande innamorato di Gesù Bambino, indico la Novena “sui generis” che attinge dalla tradizione siciliana e si esplica in una forma semplice, che attira l’attenzione e provoca la devozione. A questi elementi cari alla pietà popolare deve però aggiungersi, se ti è possibile, la celebrazione dei Vespri con le “antifone maggiori”: ciò rende l’atto pienamente liturgico, in un clima di sobrietà e di gioiosa semplicità. P. Angelo Sardone

Pubblicani e prostitute avanti nel Regno

La semina del mattino

166. «I pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio» (Mt 21,31).

La conquista del Regno è affidata alla volontà ed all’impegno di ogni battezzato. Il dono della fede mediato dal sacramento della rinascita in Cristo, mette nelle condizioni di realizzare la sua sequela nel cammino giornaliero di perfezione. Al dono di Dio deve corrispondere un impegno serio e fattivo che non rende privilegiati in confronto agli altri, ma induce a vivere il Vangelo con coerenza e responsabilità. Non ci si può adagiare sul poco che si conosce o sulla presunzione di essere salvati soprattutto quando con facilità si fanno paragoni con i lontani, i diversi, i peccatori. L’esperienza insegna che l’apertura sincera del cuore a Dio nell’umiltà del riconoscimento delle proprie colpe abilita al Regno che il Signore concede. I peccatori più noti, che al tempo di Gesù erano le prostitute ed i pubblicani, com’Egli stesso afferma, passano davanti, superano i benpensanti che si credono eletti solo perché promettono di andare a lavorare nella vigna del Signore ma poi non vanno. Sono coloro che dicono di no, ma poi lo fanno. La presunzione spirituale rimane un cancro terribile che si maschera sotto una umiltà “pelosa” come dicevano i Padri dello spirito di una volta, ma che poi esplode in inconcludenza superba e dannosa. Quante volte proprio coloro che disprezziamo ci precedono nel bene, anche su questa terra. P. Angelo Sardone

Gli occhi della fede e della testimonianza

La semina del mattino

164. «Vi ho promessi a un unico sposo, per presentarvi a Cristo come vergine casta» (2 Cor 11,2). Il Lezionario per le celebrazioni dei Santi riporta questo tratto di S. Paolo nella memoria di Santa Lucia (282-304), vergine e martire, una delle sante più note e venerate al mondo, eroina della virtù della purezza, della tenacia, della fermezza. Onore della santa Chiesa, costituisce insieme con S. Agata l’orgoglio del popolo siciliano e la sua risonanza universale la pone come una delle sante più conosciute. Invitta nel martirio, manifesta con la coerenza della sua fede la scelta radicale per Cristo eletto suo sposo, a preferenza di qualunque altro uomo. Il suo nome richiama la luce, quella della fede, di una straordinaria bellezza, della costanza nella prova per gli inauditi tormenti cui fu sottoposta, a difesa della sua verginità. La tradizione ha conservato una singolare espressione a lei attribuita a salvaguardia e valore della purezza del corpo anche se violato: «Potrete impossessarvi del mio corpo, ma non della mia anima». La società odierna, edonista, superficiale se non sprezzante nei confronti della sacralità della castità e della purezza del corpo, trova in lei una risposta chiara a questo dono e valore che, praticato per il Regno dei cieli, rende gli uomini e le donne simili agli Angeli. L’iconografia oltre che con la palma del martirio, suole raffigurarla tenendo in mano un piatto sul quale sono deposti i suoi occhi, anche se questo martirio non è storicamente accertato. La devozione popolare l’invoca protettrice della vista. Dante Alighieri ottenne per sua intercessione la guarigione per una lunga e pericolosa alterazione agli occhi. Auguri a tutte coloro che portano il nome di Lucia. P. Angelo Sardone

Domenica della gioia (III di Avvento)

La vocazione del Messia è delineata dal profeta Isaia in termini di consacrazione, unzione, missione liberatrice e confortante per i miseri, gli infermi, gli schiavi. Mantello, diademi e gioielli sono vistosi elementi della regalità dello sposo che proclama la giustizia e la salvezza. Rilevante è il ruolo di Giovanni Battista, testimone della luce. La sua esplicita confessione è quella di «voce nel deserto» che invita a raddrizzare i sentieri ed amministra un battesimo di penitenza con acqua al di là del Giordano nei pressi di Betania. Guarda Cristo verso il quale non si sente degno di legare i lacci dei sandali. Gioia, preghiera continua, rendimento di grazie sono espressioni della volontà di Dio, per alimentare lo spirito, astenersi dal male, accogliere le profezie, conservarsi irreprensibili per la venuta del Signore. L’attesa della venuta diviene gioia intensa. P. Angelo Sardone

Il profeta di fuoco

La semina del mattino

163. «Sorse Elìa profeta, come un fuoco; la sua parola bruciava come fiaccola» (Sir 48,1). Uno dei profeti frequentemente citato nel nuovo Testamento anche da Gesù è Elia, nato a Tisbe, nel IX secolo a.C. Già nel suo nome, doppiamente teoforico, El (Elohim) Ja (Jahwè), porta incisa la sua identità e missione. Sconfigge e distrugge i profeti di Baal, solitario assetato di Dio e della sua presenza, contemplativo e mistico, incontra Dio nel silenzio, in cammino e da fermo, sa intuire e comprendere i suoi segni. Combatte gli idoli falsi e tenta di ricondurre il popolo alla fedeltà della sua Alleanza con Dio; ha azioni solidali con i poveri e difende la giustizia. La sua parola era piena di fuoco e intermediaria dei prodigi operati da Dio, risuscitando un morto, dando il necessario per vivere ad una vedova, perorando la pioggia dopo la siccità. Il libro sapienziale del Siracide lo chiama “profeta simile al fuoco” anche perché, dopo aver passato all’asciutto il Giordano insieme col suo discepolo Eliseo, fu rapito da un carro di fuoco sceso dal cielo e tirato da cavalli fiammeggianti. Le sue gesta erano molto note al tempo di Gesù tra la gente d’Israele. Giovanni il Battezzatore veniva indicato come colui che aveva lo spirito e le virtù di Elia, come evocato dall’angelo nell’annuncio a Zaccaria. Lo stesso Gesù attesta che Elia è ritornato incarnato nel Battista. Nella Trasfigurazione, accanto a Mosè egli rappresenta il profetismo biblico. Nei luoghi dove svolse la sua missione ispirandosi a lui è sorto l’Ordine del Carmelo. S. Giacomo nella sua lettera lo presenta «uomo come noi» (Gc 5,17) e modello di preghiera. Lo sia anche per noi in questo tempo di attesa, in preghiera ed azione. P. Angelo Sardone

L’attenzione e l’ascolto

La semina del mattino

162. «Se avessi prestato attenzione ai miei comandi, il tuo benessere sarebbe come un fiume» (Is 48, 18). Quante volte forse questa espressione l’abbiamo sentita dire dai nostri genitori o da qualcuno veramente interessato a noi! Le indicazioni ed i comandi di chi vuol bene sono criteri di cammino, anche se al momento possono sembrare duri od incomprensibili. Il popolo d’Israele è stato alla scuola di Dio non solo durante il quarantennio dell’esodo sotto la guida di Mosè, ma anche e soprattutto attraverso i profeti, nell’ascolto della Parola, nella fedeltà all’Alleanza, nell’attesa del Messia. Il Signore insegna il bene per il bene e guida sicuri sulla strada da percorrere per raggiungere la vera felicità senza essere bloccati dalle preoccupazioni del mondo e dai falsi avventori del male mascherato da bene. Le promesse di Dio sono eterne, ma continuamente sono infrante dall’infedeltà umana che preferisce far direzionare verso ciò che è più comodo, facilmente appagante, nella diabolica confusione dei valori. Il comando e la correzione lì per lì non è «causa di gioia, ma di tristezza; dopo, però, arreca un frutto di pace e di giustizia a quelli che per suo mezzo sono stati addestrati» (Eb 12,11). Il benessere è riservato dal Signore a chi obbedisce, si lascia guidare e presta attenzione ai suoi comandi. Talora invece l’uomo pensa che sia solo frutto del suo impegno e delle sue capacità, fuori da ogni logica morale. Un mare di grazia è riservato a chi fa attento il suo orecchio alla voce di Dio. Il suo benessere è come un fiume in piena. P. Angelo Sardone