Il profeta di fuoco

La semina del mattino

163. «Sorse Elìa profeta, come un fuoco; la sua parola bruciava come fiaccola» (Sir 48,1). Uno dei profeti frequentemente citato nel nuovo Testamento anche da Gesù è Elia, nato a Tisbe, nel IX secolo a.C. Già nel suo nome, doppiamente teoforico, El (Elohim) Ja (Jahwè), porta incisa la sua identità e missione. Sconfigge e distrugge i profeti di Baal, solitario assetato di Dio e della sua presenza, contemplativo e mistico, incontra Dio nel silenzio, in cammino e da fermo, sa intuire e comprendere i suoi segni. Combatte gli idoli falsi e tenta di ricondurre il popolo alla fedeltà della sua Alleanza con Dio; ha azioni solidali con i poveri e difende la giustizia. La sua parola era piena di fuoco e intermediaria dei prodigi operati da Dio, risuscitando un morto, dando il necessario per vivere ad una vedova, perorando la pioggia dopo la siccità. Il libro sapienziale del Siracide lo chiama “profeta simile al fuoco” anche perché, dopo aver passato all’asciutto il Giordano insieme col suo discepolo Eliseo, fu rapito da un carro di fuoco sceso dal cielo e tirato da cavalli fiammeggianti. Le sue gesta erano molto note al tempo di Gesù tra la gente d’Israele. Giovanni il Battezzatore veniva indicato come colui che aveva lo spirito e le virtù di Elia, come evocato dall’angelo nell’annuncio a Zaccaria. Lo stesso Gesù attesta che Elia è ritornato incarnato nel Battista. Nella Trasfigurazione, accanto a Mosè egli rappresenta il profetismo biblico. Nei luoghi dove svolse la sua missione ispirandosi a lui è sorto l’Ordine del Carmelo. S. Giacomo nella sua lettera lo presenta «uomo come noi» (Gc 5,17) e modello di preghiera. Lo sia anche per noi in questo tempo di attesa, in preghiera ed azione. P. Angelo Sardone