L’ignoranza dello Spirito Santio

319. «Non abbiamo nemmeno sentito dire che esista uno Spirito Santo» (At 19,2). Nella sosta di Paolo ad Efeso, a contatto con alcuni discepoli, circa dodici, dinanzi ad una domanda ben precisa dell’Apostolo, emerge da loro l’ignoranza assoluta dello Spirito. Il battesimo di Giovanni da loro ricevuto era l’unico appannaggio di fede e la situazione iniziale della risposta alla nuova via. Con pazienza Paolo li evangelizza a dovere facendo loro comprendere che quel battesimo era solo l’inizio di un processo di conversione per farli approdare alla fede in Cristo di cui Giovanni era precursore. Ascoltato questo, gli interlocutori si fanno battezzare nel nome di Gesù. Subito dopo lo Spirito scende su di loro e si evidenzia facendo loro parlare lingue diverse e profetare. La lezione storica degli Atti evidenzia un fatto che si ripete anche oggi: ad un principio di adesione alla fede non sempre segue una conoscenza adeguata del suo mistero e dell’opera santificatrice dello Spirito, agente fondamentale della vita di grazia e di adesione a Cristo. Il sacramento del Battesimo ha conferito il dono dello Spirito la cui presenza ed azione sarà confermata nella Cresima, ma a volte persiste una grave ignoranza circa la sua identità ed azione. Tanto dipende da una accurata evangelizzazione che spesso, soprattutto per la Cresima, potrebbe ridursi ad una serie di incontri magari anche in età non perfettamente matura per comprenderne la portata. Tante altre volte una conclamata maturità di fede derivante dallo Spirito è congelata nella vita dalle numerose altre preoccupazioni che fanno parlare lingue totalmente diverse e distanti da quelle dello Spirito. P. Angelo Sardone

Annibale Maria Di Francia, santo

«In onore della santa ed indivisibile Trinità, riteniamo e definiamo che il beato Annibale Maria Di Francia è Santo e lo inseriamo nell’elenco dei Santi riconosciuti da dover essere onorati con religiosa devozione, tra i Santi, nella Chiesa universale» (S. Giovanni Paolo II, 16 maggio 2004). Fu un giorno straordinario la domenica 16 maggio 2004. Sin dalle prime ore del giorno fedeli e devoti provenienti da tutte le parti del mondo gremivano Piazza S. Pietro a Roma. Giovanni Paolo II curvo sotto il peso della malattia e dell’età, teneva la sua ultima canonizzazione: sei beati, tra cui Annibale Maria Di Francia, Fondatore delle Figlie del Divino Zelo, dei Rogazionisti del Cuore di Gesù e degli Orfanotrofi antoniani. Le due moderne Congregazioni religiose devono il loro nome e la loro missione al comando evangelico del Rogate, la pericope degli evangelisti Matteo (9, 35-38) e Luca (10, 2): «La messe è molta ma gli operai sono pochi. Pregate dunque il Signore della messe perché mandi gli operai nella sua messe». La Chiesa riconosceva, dichiarava in maniera definitiva ed additava al mondo intero la santità del sacerdote «Padre degli orfani e dei poveri», «Apostolo della preghiera per le vocazioni» che già dopo la sua morte, il suo amico e compagno di canonizzazione S. Luigi Orione aveva definito «il San Vincenzo de’ Paoli del sud». Era così confermato quanto già il 1° giugno 1927 nella città e nelle contrade di Messina tanti avevano affermato: «E’ morto un santo», «Si è chiusa la bocca che non disse mai no!», il canonico del “pezzo di terra maledetta” del Quartiere Avignone. Egli aveva speso quasi cinquant’anni della sua vita e del suo sacerdozio a servizio degli orfani e dei poveri, promuovendo e diffondendo con tutti i mezzi nella Chiesa e nel mondo il divino comando di Gesù per chiedere gli «operai del vangelo», ossia la preghiera per le vocazioni. «Il mio cuore esulta nel Signore la mia fronte si innalza grazie al mio Dio!» (1Sam 2,1). P. Angelo Sardone

S. Mattia, il sostituto

316. «Il suo incarico lo prenda un altro» (At 1,20). A seguito del tradimento e della morte tragica di Giuda Iscariota, era necessario sostituirlo nel Collegio apostolico dei 12 scelti da Gesù per la missione evangelizzatrice. Si tratta esplicitamente della volontà di Dio già manifestata nella Sacra Scrittura negli scritti profetici di Davide che in due salmi distinti aveva previsto l’evento. Nella Chiesa di Gerusalemme prende l’iniziativa Pietro il primo degli Apostoli, che alle 120 persone radunate fa nota questa urgenza. Nel piano divino della salvezza, anche se misteriosamente, era necessaria la defezione di Giuda. Ora, secondo il volere dello Spirito Santo, un altro deve prendere il suo posto. Non può trattarsi di una persona qualsiasi, ma di uno che sia testimone della risurrezione ed abbia frequentato il gruppo dal battesimo di Giovanni fino all’ascensione di Gesù al cielo. Vengono proposti due nomi: Giuseppe e Mattia. Di loro non si parlerà più in seguito. Tutti pregano e la sorte cade su Mattia, il cui nome, come Matteo, significa “dono di Dio”. La comunità cristiana constata così che la scelta l’ha fatta Dio. Secondo alcuni storici S. Mattia avrebbe evangelizzato l’Etiopia e sarebbe morto a Sebastopoli in Crimea. Nei primi passi giuridici della Chiesa nulla è lasciato al caso: la guida dello Spirito Santo è efficace in tutte le circostanze e dimostra che i posti vuoti vanno riempiti. Il collegio dei Dodici si ricompone e tutto rientra nello schema organizzativo voluto da Dio prima con i dodici figli di Giacobbe ed ora col nuovo Israele, la Chiesa. La pienezza nel numero e nell’efficienza del ministero è sempre necessaria, anche oggi nonostante la perdurante crisi vocazionale. P. Angelo Sardone

Priscilla ed Aquilla collaboratori di Paolo

«Si stabilì in casa di Aquila e Priscilla e lavorava» (At 18, 3). Paolo continua il suo viaggio evangelizzatore e giunge a Corinto, capitale della provincia romana dell’Acaia, una grande città di commercio, cosmopolita e licenziosa nei costumi morali. Qui due terzi della popolazione erano schiavi. A Corinto trova Aquila, un giudeo reduce dall’espulsione da Roma insieme con sua moglie Priscilla: fanno lo stesso suo mestiere, fabbricano tende. Paolo aveva appreso questo mestiere nella sua patria, facendo tende in tessuto di peli di capra. Il suo intento, oltre quello evangelizzatore tra i Greci ed i Giudei ivi residenti, era di mantenersi da sé senza gravare su alcuno. Il ministero dell’evangelizzazione per quanto è grande e misterioso, è impagabile, ma non sempre può sostenersi da sé. Ecco il motivo per il quale la Chiesa ha la forma del sostentamento del clero, non per pesare sulle spalle dei cittadini ma per renderli consapevoli dell’impegno comune e della corresponsabilità al mantenimento di coloro che si dedicano all’opera della salvezza. È significativo che Paolo faccia riferimento ad una famiglia che ha i parametri più naturali della comunità, l’unità dei vincoli e la sicurezza. Singole persone, anche buone e disponibili, potrebbero non avere le caratteristiche indispensabili per un missionario che richiede riservatezza, intelligente familiarità e condivisione, libertà di azione ed anche sicurezza di amministrare il proprio tempo e le risorse. Priscilla ed Aquila sono il prototipo di tante famiglie che con generosità e gioia accolgono nella loro casa i missionari e diventano anch’essi missionari del Vangelo. P. Angelo Sardone

Il Dio ignoto

314. «Il Dio che voi adorate senza conoscerlo, io ve l’annunzio» (At 17,23). Proseguendo la sua predicazione, lasciati Timoteo e Silvano a Berea vicino Tessalonica ai piedi del monte Olimpo in Grecia, Paolo giunge ad Atene, una città idolatra e curiosa che, nonostante non avesse molti abitanti, portava ancora i segni della sua antica grandezza nei templi, nei monumenti ed ancor più nell’essere il centro della formazione filosofica di allora. Paolo parla con tutti e predica apertamente, ma viene giudicato come seminatore di chiacchiere e predicatore di divinità straniere. Gli ateniesi sono attratti da queste novità che ritengono passatempi. Giunge intanto all’Areopago, su una collina dove poteva discutere con più calma lontano dalla folla. Intesse allora una interessante ed intelligente catechesi proposta ad un ambiente pagano ma colto. Si adatta alla situazione citando poeti e filosofi e facendo riferimento alla religiosità del popolo riscontrata nei monumenti sacri e particolarmente in un altare dedicato “al Dio ignoto”. Paolo annunzia proprio quel Dio ignoto, creatore del mondo, che non abita in costruzioni fabbricate da uomini, che dà respiro e vita a tutti, facendo un compendio di alta levatura filosofica e teologica fino a giungere al mistero della risurrezione di Cristo. Il tasto della risurrezione risulta fatale: alcuni degli ascoltatori lo derisero, altri più elegantemente gli dissero che l’avrebbero ascoltato un’altra volta. L’annunzio della risurrezione è un dato di fede e non di parole auliche e cultura altisonante, a meno che non si parta da una umiltà vera e concreta di accoglienza, anche da parte di chi non sa. P. Angelo Sardone

La conversione del carceriere

«Si aprirono tutte le porte e caddero le catene di tutti» (At 16, 26). Paolo e Sila (Silvano) continuano a Filippi la loro opera evangelizzatrice che prima di ogni altro contrasta con lo spirito del male che possiede una schiava ed i relativi guadagni ne ricavavano i padroni a causa degli oracoli divinatori da essa pronunziati. Accusati di mettere a soqquadro la città, sono bastonati e quindi reclusi in prigione. Verso la mezzanotte, a seguito di un terribile terremoto che aveva scosso le fondamenta, a Paolo, Silvano e gli altri detenuti, si sciolgono le catene e si aprono le porte della prigione. Grande fu lo sconcerto del custode della prigione che, data la sua responsabilità e vista la particolare situazione che gli avrebbe causato condanna e prigionia, tenta di uccidersi credendo che tutti fossero evasi. Paolo lo rassicura dicendogli che sono tutti ancora in prigione. Frastornato, il custode accede con un lume e vede che effettivamente le cose stanno proprio così. Ciò determina in lui una repentina conversione e chiede cosa deve fare per salvarsi. Paolo lo ammaestra e conferisce il Battesimo a lui ed alla sua famiglia. Dinanzi alla potenza del Signore risorto si scuote la terra, si aprono le porte e si sciolgono i vincoli che tengono prigionieri mente e corpo. Occorre affidarsi e lasciarsi ammaestrare dal Signore soprattutto negli eventi drammatici della vita, quando sembra che tutto sia perduto e ci si predispone per il peggio. Il servizio generoso al Signore strappa da Lui interventi straordinari e predispone chi ne è coinvolto all’accoglienza ed alla conversione. P. Angelo Sardone