Maria assunta in cielo

AMaria, la donna vestita di sole con la luna sotto i piedi, la corona di dodici stelle e gravida è il segno del cielo che si oppone al segno degli inferi, l’enorme drago rosso. Il bimbo da Lei partorito è la salvezza, la forza e la potenza di Dio: Gesù è primizia dei morti e primizia dei risorti, Colui che regna per mettere sotto i suoi piedi tutti i nemici, compreso la morte. Dalla bocca di Maria, benedetta tra le donne, donna di carità, chiamata beata da tutte le generazioni, sgorga il Magnificat, il cantico nuovo di gratitudine e di lode al Signore per le grandi meraviglie operate con la potenza del suo braccio. È Lui che disperde i superbi, ricolma di beni, rovescia i superbi ed innalza gli umili. Il suo soccorso è eterno ed adempie le attese del vecchio e del nuovo popolo d’Israele. Mai una sintesi così mirabile della misericordia e dell’amore di Dio è stata pronunziata da creatura umana. Dio l’ha assunta in cielo in corpo ed anima. P. Angelo Sardone

S. Massimiliano M. Kolbe: la coerenza e l’eroicità

«Noi serviremo il Signore, nostro Dio, e ascolteremo la sua voce!» (Gs 24,24). L’Assemblea di Sichem, a seguito della proposta di fede da parte di Giosuè al popolo d’Israele, ebbe la positiva ed unanime conclusione espressa con parole chiare di assenso: «Vogliamo servire il Signore!». Secondo il criterio biblico e letterario si tratta della formulazione di un patto tra Dio e le tribù di Israele, i capi, i giudici, gli scribi del popolo. Le esigenze del patto e la risposta del popolo sono espresse con il verbo “servire” e con gesti importanti come l’erezione di una pietra a testimonianza per le future generazioni. L’ingresso del popolo nella terra di Canaan avviene seguendo il patto formulato da Dio al Sinai ed ora rinnovato con un giuramento. Dio che è fedele chiede al popolo di distinguersi in analoga fedeltà. L’osservanza della Legge procura la vita, la disobbedienza, invece la morte. La volontà di Dio è il bene dell’uomo, si esprime in termini di felicità e può essere scelto dall’uomo in piena libertà. La vita del credente è un esodo verso la vera terra promessa. Nel cammino viene chiamato a ribadire la fedeltà agli impegni presi nel patto del Battesimo. Oggi ancor più di ieri, nel frastuono, nel trambusto e nella confusione dei valori per le variegate situazioni di vita, diviene difficile accogliere queste indicazioni e dare positivo assenso al patto. Una matura presa di coscienza ed una solida coerenza sostengono la comprensione e l’assunzione dei relativi impegni. Ne è prova la testimonianza cruenta del polacco Minore conventuale S. Massimiliano M. Kolbe (1894-1941), fondatore della “Milizia di Maria Immacolata” che ad Auschwitz, come oggi, offrì la sua vita in cambio di quella di un padre di famiglia, suo compagno di prigionia. Questo è autentico ed eroico servizio di fedeltà! P. Angelo Sardone

La memoria storica della Provvidenza di Dio

«Vi diedi una terra che non avevate lavorato, città che non avete costruito e frutti di vigne e oliveti che non avete piantato» (Gs 24,13). Nel corso dell’Assemblea di Sichem un dato importante è costituito dalla memoria storica raccontata da Giosuè. Il condottiero subentrato a Mosè, memore delle gesta operate da Dio, alcune delle quali da lui stesso vissute, rammenta al popolo la dovuta comprensione dei molteplici interventi di Jahwé perché il popolo possa raggiungere la Terra promessa. Tende inoltre a verificare i fatti non come frutto dell’impegno politico e guerriero del popolo e dei capi, ma come dono esclusivo di Dio e del patto stipulato con Israele. Partendo dai tempi antichi e da Terach, padre di Abramo quando ancora dimorava nella terra dei grandi fiumi della Mesopotamia e serviva altri dei, Giosuè enumera l’opera di Dio con Abramo, Isacco, Giacobbe ed Esaù, la cattività egiziana. Riconosce Mosè ed Aronne come i predestinati da Dio per l’esodo dalla schiavitù, la permanenza nel deserto e l’ingresso nella terra degli Amorrei, fino a Gerico. Il potere di Dio ha vinto tutti i popoli perchè cedessero il loro territorio al popolo le cui radici sono in Dio. Il Signore dimostra così che è tutta opera sua: è Lui che ha favorito l’insediamento del popolo d’Israele in una terra già lavorata, in città precedentemente costruite con vigne ed oliveti già piantati e coltivati. Israele comprende la lezione e non esita a dare il proprio completo assenso al Dio “sabaoth” vincitore delle schiere. Non si può e non si deve perdere mai la memoria storica e provvidenziale di quanto il Signore ha operato e continua a fare ogni giorno per ciascuno! P. Angelo Sardone

L’assemblea di Sichem: il patto con Dio

«Giosuè radunò tutte le tribù d’Israele a Sichem e convocò gli anziani d’Israele, i capi, i giudici e gli scribi» (Gs 24,1). Uno degli ultimi atti compiuti da Giosuè successore di Mosè, fu l’Assemblea di Sichem, un avvenimento di primaria importanza della storia del popolo d’Israele per il rinnovo dell’alleanza di Jahwé. Nel corso di essa Giosuè recitò le gesta di Dio, gli obblighi dell’alleanza e la relativa accettazione da parte del popolo. La località di Sichem, data la sua favorevole posizione centrale, si prestava alle assemblee delle tribù ed aveva un addentellato storico-memoriale sia con Abramo che quivi aveva costruito un altare, che con Giacobbe che aveva su di essa diritti ed aveva sotterrato gli idoli portati dalla Mesopotamia. Il nuovo condottiero propose e trasmise la fede dei Padri alle tribù del nord che non erano state in Egitto e non conoscevano la storia delle meraviglie operate da Dio dall’esodo dalla schiavitù fino alla rivelazione sul monte Sinai. La convocazione fu particolarmente riservata ai responsabili, anziani, capi, giudici e scribi perché con la loro autorità potessero rinnovare le proposte di Dio ed affidarle con più convinzione al popolo. Anche oggi la liturgia, i sacramenti propongono itinerari fondamentali di crescita nella fede e si agganciano a progetti concreti per i diversi ambienti formativi e spirituali. Un’esperienza concreta sulla base dell’assemblea di Sichem fu proposta a suo tempo dal cardinale Carlo M. Martini, arcivescovo di Milano alla diocesi ambrosiana, in particolare nel mese di maggio 1989, quando con i giovani delegati rilanciò l’azione missionaria dei giovani stessi che gridarono “Noi scegliamo di servire il Signore”. Passata la pandemia sarà forse opportuno rilanciare un’analoga assemblea. P. Angelo Sardone

Santa Chiara di Assisi

«Ti fidanzerò con me nella fedeltà e tu conoscerai il Signore» (Os 2,20). La liturgia odiernafa memoria di S. Chiara di Assisi (1193-1253) umile pianticella di S. Francesco, “pietra primaria e nobile fondamento del suo ordine” (Leggenda di S. Chiara). È una delle più grandi figure femminili della storia e dell’agiografia di tutti i tempi, donna eroica, di precoce maturità, con un singolare bagaglio di saggezza nel valutare i beni della vita. A 18 anni incontra Francesco ed è attratta da lui, innamorato ed imitatore di Gesù Cristo. La Domenica delle Palme abbandona il mondo e onde conservare la verginità e realizzare le nozze con Cristo, suo sposo, va da Francesco alla Porziuncola. Si taglia i capelli, lascia gli splenditi ornamenti e fa la scelta di una vita da serva. Il Signore le riserverà il grande compito di dare inizio al movimento di donne consacrate a Dio come “sorelle povere”. Stenderà la regola ed amministrerà come madre la comunità, dando esempio di profonda umanità e geniale esemplarità con la pratica di estenuanti mortificazioni, veglie notturne, digiuni ed astinenze. Il suo grande amore e la sua fede nella potenza dell’Eucaristia, con l’ostensorio in mano mise in fuga i Saraceni che volevano assaltare il complesso di S. Damiano. S. Francesco esaltava in lei la vera cristiana che mette in pratica il Vangelo con l’austerità della povertà e la gioia di seguire il maestro-sposo. Da lei è nata una grande famiglia di sorelle che tutt’oggi onora il Signore e testimonia la scelta preferenziale per Cristo povero, casto ed obbediente. Auguri a tutte coloro che, consacrate o laiche, portano il suo nome. P. Angelo Sardone

San Lorenzo, i poveri e la graticola

«Ha largheggiato, ha dato ai poveri, la sua giustizia dura in eterno» (Sal 112,9). Nell’indire la colletta per i poveri di Gerusalemme S. Paolo offre agli abitanti di Corinto una serie di istruzioni che inneggiano alla generosità ed alla larghezza. A prova di ciò evoca lo scarso raccolto per chi ha scarsamente seminato e ribadisce l’amore preferenziale che Dio ha per chi dona con gioia. Dio infatti è grande nell’amore, dà ai poveri con abbondanza: come non fa mancare il seme ed il pane per il nutrimento, così fa crescere i frutti della giustizia che rimane per sempre. S. Lorenzo, diacono della Chiesa di Roma era solerte e generoso amministratore dei beni verso i poveri. Il Prefetto romano che credeva che la Chiesa avesse ricchezze ingenti da confiscare, viene confutato e contraddetto dal diacono che presentatosi davanti a lui gli mostra la vera ricchezza ed i veri tesori di Roma: i poveri, i malati e gli emarginati. Ciò gli causa il martirio, che secondo l’antica tradizione attestata da sant’Ambrogio, lo consumerà “bruciato sopra una graticola”, il 10 agosto del 258. La sua tomba è venerata a Roma nell’omonima basilica al Verano. La tradizione sociale evoca in questo giorno il fenomeno diffuso delle stelle cadenti, che rappresenterebbero le lacrime del Santo nel suo supplizio, che vagando nei cieli scendono sulla terra in questo giorno, o anche i carboni ardenti sui quali si consumò il suo martirio. Graticola e borsa col denaro per i poveri sono gli elementi che qualificano l’identità del santo Lorenzo. La Tradizione lo vuole patrono dei cuochi e dei pompieri. Auguri a tutti coloro che portano questo nome. P. Angelo Sardone

Edith Stein, martire e sposa della croce

«Ti farò mia sposa per sempre, nell’amore, nella benevolenza, nella fedeltà» (Os 2,18-22). L’esperienza profetica di Osea si configura nei termini di alleanza col Signore nel segno del matrimonio. Dopo avergli ingiunto di sposare Gomer, una prostituta ed avere da lei tre figli i cui nomi richiamano la condizione del popolo d’Israele ribelle ed infedele, Jahwé risponde con la sua grande tenerezza, nonostante che la moglie torna a prostituirsi. La vicenda coniugale contrassegnata dal tradimento e l’infedeltà è lo specchio del rapporto che il popolo costruisce ogni giorno con Dio accogliendo il suo patto. Infatti il rapporto di amore di Jahwé con Israele è analogo a quello di uno sposo con la sua sposa. I termini sono propri del connubio matrimoniale: amore, benevolenza, fedeltà, giustizia, diritto. Alla fine vince sempre l’amore che è misericordia, perdono ed accoglienza. In analogia a questo dato biblico e teologico corre la vicenda umana e spirituale di Edith Stein, S. Teresa Benedetta della Croce (1891–1942) filosofa e mistica delle Carmelitane Scalze. “Illustre figlia d’Israele” (S. Giovanni Paolo II), dall’ebraismo praticato nell’adolescenza per nascita, passò all’ateismo ed infine si convertì al cattolicesimo divenendo monaca carmelitana. Aveva seguito Edmund Husserl e la sua corrente filosofica detta fenomenologia che l’avvicinò alla fede cristiana. Scovata dalla Gestapo in un monastero in Olanda, venne tradotta nel campo di concentramento di Auschwitz insieme alla sorella Rosa, terziaria carmelitana scalza e trucidata nel 1942. Fu sposa del Signore sotto il segno della croce, evocato nel suo nome di religione. P. Angelo Sardone

San Domenico

«Àlzati, mangia, perché è troppo lungo per te il cammino. Si alzò, mangiò e bevve» (1Re 19,8). Il ciclo biblico di Elia (sec. IX a.C.) è caratterizzato da interventi straordinari del Signore e da gesta mirabili del profeta. La forza operativa gli viene dal Signore che lo nutre della sua Parola e del pane. Dopo aver affrontato la sfida del Carmelo, sconfiggendo i 450 profeti di Baal ed i 400 di Asera, stanco ed oppresso dalle vicissitudini e dai soprusi della regina Gezabele, si addormenta sotto una ginestra desideroso di morire. Dio non lo abbandona a questo sconforto perché ha ancora tanto da dire e da dare. Un Angelo due volte lo sveglia e gli dà da mangiare una focaccia cotta su pietre roventi ed un orcio di acqua. È il cibo del cammino: lo sosterrà fino a fargli raggiungere l’Oreb, il monte di Dio. Il pane della Parola fu il nutrimento che il Signore concesse ad uno dei più noti e grandi santi dell’agiografia cristiana, lo spagnolo Domenico di Guzman, fondatore dei Frati Predicatori meglio conosciuti come Domenicani. Il desiderio di evangelizzare i pagani e confutare le eresie lo fecero mettere a disposizione della Chiesa seguendo l’interiore desiderio di realizzare un nuovo ordine monastico dedito alla predicazione. Cresciuto in poco tempo esso fu in grado di spargere per tutta Europa i messaggeri del Vangelo. Una caratteristica propria del suo apostolato è il grande amore alla Vergine Maria dalla quale, come vuole la Tradizione, ricevé un’apparizione e la consegna del Rosario. Questo il motivo per il quale nella rappresentazione plastica e musiva si contempla S. Domenico in genere con S. Caterina da Siena, nell’atto di ricevere la corona del Rosario. Auguri a tutti coloro che ne portano il nome. P. Angelo Sardone

Ascolta Israele

«Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio. Tu amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze» (Dt 6, 4). L’inizio della professione di fede quotidianamente presente sulle labbra di ogni Israelita è “Shema’ Jisra’el”, «Ascolta, Israele!», una delle preghiere più care e sentite della tradizione liturgica giudaica. In essa l’amore di Dio è espresso come un vero e proprio comando, lo stesso che caratterizza tutti i libri e gli interventi profetici. Questo primo comandamento esplicita l’adesione che ogni vivente è chiamato a dare a Dio. Il testo è l’affermazione dell’essenza del monoteismo, cioè del solo Dio, efficiente, efficace, il vivente, la cui concezione ha segnato e continua a guidare il cammino storico e spirituale dell’antico e del nuovo popolo di Israele, la Chiesa. Gesù quando ha riassunto i doveri dell’uomo verso Dio, facendo eco a questa antica parola, ha intimato: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima» e vi ha aggiunto anche la mente (Mt 22,37) a significare che l’adesione a Dio non è semplicemente una questione di cuore e sentimento, ma anche di ragione e di volontà. Gli Ebrei recitano lo Shemà due volte al giorno ed i genitori insegnano ai figli a farlo prima di dormire la sera. La Liturgia delle Ore ha recepito questo dato e colloca la pericope dello Shemà come lettura breve nella preghiera di Compieta della domenica e delle solennità. È questa la singolare espressione di continuità e di ricezione degli elementi che contraddistinguono la fede nell’unico Dio e nel Signore Gesù Cristo. P. Angelo Sardone

La Trasfigurazione

«Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!» (Mc 9,7). Si celebra oggi la festa della Trasfigurazione, l’episodio evangelico nel quale Gesù manifesta la sua gloria ai tre Apostoli fidati. Dinanzi ai loro occhi il Maestro rivela la potenza del suo splendore divino attraverso un vero e proprio cambiamento fisico attestato anche dalle vesti divenute lucenti e bianchissime. Spavento e stupore colgono d’improvviso Pietro, Giacomo e Giovanni, rendendoli incapaci di proferire parola e di chiedere semplicemente che lo spettacolo non si concluda. Sono disposti a rimanere all’addiaccio e a preparare tre tende per i tre interlocutori celesti. È l’anticipazione del destino futuro di gloria di Cristo, riservato a tutti coloro che attendono la sua manifestazione finale. La dimensione umana del corpo fisico cede il posto alla sua gloria che apre alla comprensione della divinità, in vista di ciò che sarebbe seguito nel mistero della passione e morte. La trasfigurazione si colora di presenze e parole di alto significato. Mosè ed Elia che appaiono accanto a Gesù e dialogano con Lui, rappresentano la Legge e i Profeti: essi hanno fatto il loro corso ed ora, per così dire, cedono il passo al Messia Redentore. Tuonante e convincente è la voce del Padre celeste che intima: “AscoltateLo!” come a dire: Cristo è la realizzazione piena di quanto era stato detto e prefigurato prima. Questa manifestazione è l’anticipo del Paradiso e della gloria che si concretizzerà nel mistero della croce e della risurrezione. La forte esperienza caratterizzerà dall’allora in poi la vita degli Apostoli. Non potranno rimanere sul monte ma devono scendere a valle, tornare alla normalità della vita. È qui che bisogna cogliere l’opera di Dio e la grandezza gloriosa di Cristo. P. Angelo Sardone