L’assemblea di Sichem: il patto con Dio

«Giosuè radunò tutte le tribù d’Israele a Sichem e convocò gli anziani d’Israele, i capi, i giudici e gli scribi» (Gs 24,1). Uno degli ultimi atti compiuti da Giosuè successore di Mosè, fu l’Assemblea di Sichem, un avvenimento di primaria importanza della storia del popolo d’Israele per il rinnovo dell’alleanza di Jahwé. Nel corso di essa Giosuè recitò le gesta di Dio, gli obblighi dell’alleanza e la relativa accettazione da parte del popolo. La località di Sichem, data la sua favorevole posizione centrale, si prestava alle assemblee delle tribù ed aveva un addentellato storico-memoriale sia con Abramo che quivi aveva costruito un altare, che con Giacobbe che aveva su di essa diritti ed aveva sotterrato gli idoli portati dalla Mesopotamia. Il nuovo condottiero propose e trasmise la fede dei Padri alle tribù del nord che non erano state in Egitto e non conoscevano la storia delle meraviglie operate da Dio dall’esodo dalla schiavitù fino alla rivelazione sul monte Sinai. La convocazione fu particolarmente riservata ai responsabili, anziani, capi, giudici e scribi perché con la loro autorità potessero rinnovare le proposte di Dio ed affidarle con più convinzione al popolo. Anche oggi la liturgia, i sacramenti propongono itinerari fondamentali di crescita nella fede e si agganciano a progetti concreti per i diversi ambienti formativi e spirituali. Un’esperienza concreta sulla base dell’assemblea di Sichem fu proposta a suo tempo dal cardinale Carlo M. Martini, arcivescovo di Milano alla diocesi ambrosiana, in particolare nel mese di maggio 1989, quando con i giovani delegati rilanciò l’azione missionaria dei giovani stessi che gridarono “Noi scegliamo di servire il Signore”. Passata la pandemia sarà forse opportuno rilanciare un’analoga assemblea. P. Angelo Sardone