Vi farò pescatori di uomini

206. «Venite con me, vi farò diventare pescatori di uomini! E quelli, subito, abbandonarono le reti e lo seguirono» (Mt 4,18-19). Gesù aveva appena cominciato il ministero pubblico. La sua predicazione ambulante verteva su due termini stretti per la mente ed il cuore: convertirsi, cambiare vita e credere al Vangelo, il lieto e nuovo messaggio di salvezza. Simone e suo fratello Andreastanno pescando nel lago di Galilea. Gesù passa, li vede e li chiama. Giacomo e suo fratello Giovanni sono a qualche metro di distanza nella barca con il loro padre Zebedeo a riparare le reti. Gesù li vede e li chiama. Certamente i quattro dovevano conoscersi tra loro: la dura realtà del faticoso mestiere di pescatori li aveva accomunato negli intenti lavorativi e nelle preoccupazioni giornaliere. Vivevano di pesci: era gente semplice, così diversi l’uno dall’altro, col pensiero del pane quotidiano. Andrea e Simone tornano a riva, lasciano la barca e seguono Gesù. Gli altri due fanno la stessa cosa, con immediatezza. Divenuti discepoli essi saranno gradualmente introdotti alla comprensione della missione del Messia ed al mistero della sua persona. Il suo atteggiamento risoluto, troppo alto per loro, li accomunerà nella sorte meravigliosa, di “stare su dodici troni per giudicare le dodici tribù d’Israele, ed avere in eredità la vita eterna” (Mt 19,28-29). La vocazione di speciale consacrazione è frutto di un amore grande che cambia la vita e che esige abbandono fiducioso e perseverante nella vita di Cristo, al servizio della Chiesa. P. Angelo Sardone

Gesù non è mai fuori di sè

La semina del mattino

205. «Allora i suoi, sentito questo, uscirono per andare a prenderlo; dicevano infatti: “È fuori di sé”» (Mc 3, 21). È uno dei passaggi emblematici del Vangelo di Marco. Non è facile comprendere con immediatezza la singolare espressione che sicuramente lascia perplessi. Il contesto del racconto nel quale si inquadra il detto può forse aiutare a capire. Gesù entra in una casa. Lo faceva a volte sia per onorare con la sua presenza la famiglia, sia per evangelizzare, sia per condividere anche il pasto. Se la casa era capiente ed i proprietari lo permettevano, presto si riempiva di gente, la stessa che seguiva il Maestro per la strada. Diventava un momento propizio per la scuola del Vangelo non disturbati dai rumori esterni e dagli eventi atmosferici, una sorta di centro di ascolto. Oltre un bicchiere di acqua, veniva offerto a Gesù qualcosa da mangiare. Diventava già un problema quando bisognava pensare anche agli apostoli che erano dodici, a Maria ed alle donne che lo seguivano, figuriamoci quando si trattava di “molta folla”. Probabilmente si trovava nella casa di Simone a Cafarnao e la folla, desiderosa di ascoltarlo si era assiepata. I parenti più stretti di Gesù, non si sa bene chi, venuti dalla vicina Nazaret, avendo saputo quanto si diceva sul suo conto, si mettono in moto entrare per andare prenderlo. Lo ritengono fuori di sé. Gli Scribi poi penseranno addirittura che sia posseduto da Beelzebul capo dei demoni. L’annunzio del vangelo trova molte difficoltà da parte degli uomini. Cristo difende con fermezza il suo operato, deprecando il peccato contro lo Spirito Santo, cioè la non accoglienza della sua persona e del suo insegnamento. P. Angelo Sardone

La calca della gente

La semina del mattino

203. «Aveva guarito molti, cosicché quanti avevano qualche male si gettavano su di lui per toccarlo» (Mc 3,10). Il ministero di Gesù è corredato dalla presenza impressionante delle folle che non gli danno tregua, soprattutto dopo aver sperimentato la guarigione del corpo e la potenza della sua parola sugli spiriti immondi. Il racconto di questi prodigi si diffondeva a macchia d’olio dappertutto. Il bisogno della liberazione dal male fisico spingeva tantissima gente ad andare da Lui. La necessità era grande fino al punto di trovarsi nella improvvida condizione di schiacciarlo per la ressa e l’assembramento senza regole. Per non patire questo disagio Gesù chiese agli apostoli di tenergli pronta una barca: stando nell’acqua si sarebbe preservato dal soffocamento ed avrebbe potuto parlare più liberamente. Era sopraffatto non solo dai loro lamenti e dalle accorate richieste di guarigione, ma anche dagli spintoni alla rinfusa e dalle mani protese desiderose di toccarlo. Ad una donna basterà toccare il lembo del mantello per essere guarita. La debolezza cronica della natura umana si incontra ed anela alla potenza salvifica e terapeutica di Gesù. Il bisogno di guarigione e di salvezza non si scontra ma viene integrato nel dono incommensurabile della grazia. C’è un bisogno innato nella creatura umana del contatto con la divinità ed anche col proprio simile da cui si riceve sicurezza e risposta tranquillizzante. La medesima esperienza di Gesù si rinnova nella vita della Chiesa e nelle relazioni del popolo di Dio col sacerdote. È la potenza della grazia che compie il miracolo della guarigione dell’anima e talora, attraverso l’invocazione e la mediazione dei Santi, anche quella del corpo. P. Angelo Sardone.

Secondo l’ordine di Melchisedek

La semina del mattino

202. «Tu sei sacerdote per sempre secondo l’ordine di Melchìsedek» (Eb 7, 17).

È il ritornello salmodico e la sintesi dell’identità del sacerdozio instaurato da Gesù, ampiamente riportato nell’esposizione teologica più sistematica del Nuovo Testamento, redatta dall’autore della Lettera agli Ebrei. Egli, facendo eco al salmo 109, attribuisce a Gesù il sacerdozio secondo l’ordine di Melchisedek, il sacerdote che era andato incontro ad Abramo, l’aveva benedetto e da lui aveva ricevuto la percentuale del suo bottino di guerra. Questo misterioso personaggio, che non ha identificazione, senza padre, senza madre, senza genealogia, senza tempo, rimane il «tipo» del Figlio di Dio, e per questo rimane sacerdote per sempre. Cristo possiede un sacerdozio celeste ed eterno: compie in maniera perfetta il suo servizio sacrificale offrendo se stesso, avendo realizzato una solidarietà piena con l’uomo. Si è fatto carico delle sue debolezze e sofferenze facendosi in tutto uguale fuorché nel peccato. La sua offerta è completa, unica, efficace. Per riunire in un sol corpo i fedeli, Gesù promosse alcuni di loro come ministri, con la potestà dell’ordine sacro per offrire il sacrificio e perdonare i peccati, svolgendo la funzione sacerdotale. Gli apostoli resero partecipi della consacrazione e missione di Cristo i successori, i vescovi, la cui funzione ministeriale fu trasmessa in grado subordinato ai presbiteri (PO 2). Il servizio del sacerdote è l’annuncio del Vangelo, per far crescere, santificare e governare il popolo di Dio. Egli è segnato dal carattere indelebile che lo configura a Cristo, nel cui nome e nella cui persona agisce. P. Angelo Sardone

Il Signore padrone del sabato

La semina del mattino

201. «Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato! Perciò il Figlio dell’uomo è signore anche del sabato» (Mc 2, 28). Durante l’intero suo ministero, fu continuo il contrasto di Gesù con gli Scribi ed i Farisei, che si credevano depositari della Legge e della sua interpretazione, a scapito degli insegnamenti rivoluzionari del Maestro di Nazaret. Egli infatti affermava di essere venuto a dare compimento alla legge ed a purificarla da quelle prescrizioni e precetti che incarcerano la mente e la retta libertà dell’uomo rendendolo schiavo della norma. Una delle costanti era la questione del “Sabato”, il settimo giorno del calendario ebraico, giorno sacro dedicato all’osservanza del culto. Il termine significa “riposo” ed evoca una situazione di estremo rigore, se non ossessione, legata al giorno nel quale non era possibile compiere lavoro alcuno, sulla base di quanto Dio stesso aveva fatto nella creazione. Anche la preparazione del cibo rientrava tra i 39 lavori proibiti. Gesù l’osservava, ma in maniera ragionevole. Anzi fece e disse di più: si dichiarò padrone del sabato, compiendo guarigioni in quel giorno e definendo meramente umane le interpretazioni dei Rabbini. Il sabato va santificato, ma mai a costo di sottrarsi dal provvedimento ai bisogni essenziali e dal fare il bene al prossimo. La sentenza riportata dall’evangelista Marco viene condivisa da S. Paolo che invita i primi cristiani a superarne l’osservanza, liberandoli da simile ossessione legalista e penalizzante. Nel Cristianesimo il giorno del Signore è la Domenica, giorno per eccellenza del riposo, per potersi dedicare all’ascolto della Parola ed alla partecipazione alla santa Messa, memoriale della risurrezione di Cristo. P. Angelo Sardone

Il sacerdozio ed i sacerdoti

La semina del mattino

200. «Ogni sacerdote è scelto fra gli uomini e per gli uomini viene costituito tale nelle cose che riguardano Dio, per offrire doni e sacrifici per i peccati (Eb 5,1). La trattazione teologica del sacerdozio di Cristo nella Lettera agli Ebrei tocca il vertice nell’affermazione di Cristo sommo sacerdote in grado di compatire le infermità, superiore al sacerdozio levitico, mediatore di una migliore alleanza sigillata col suo sangue. A lui deve ispirarsi ogni sacerdote ministro della Chiesa se vuole dare pieno senso alla sua vocazione ed al suo ministero. Luogo di provenienza è il popolo di Dio, gli uomini, tra i quali viene preso, scelto, per essere costituito tale per il bene degli uomini in tutto ciò che riguarda e si riferisce a Dio. Il suo compito è l’offerta non solo dei doni e dei sacrifici, ma soprattutto di se stesso: “l’offerta, cioè la vittima, è inseparabile dal sacerdote” (Giovanni Paolo II). La sua condizione di uomo, seppure trasformato dalla grazia dell’ordine sacro, non lo eleva alla condizione di superuomo, ma lo impegna in un cammino virtuoso di testimonianza, umiltà ed esempio in tutto. La scelta di Dio non è in base al ceto sociale dell’uomo, alla sua intelligenza o al potere, ma è determinata esclusivamente dall’amore, perché l’uomo diventi amore fino a dare la propria vita per gli altri. Lungi dalla sua mente il carrierismo, lo stato sociale elevato o favorito, la smania di incensi, paramenti dorati, berrette e codazzi cardinalizi. Cristo rifiuta queste modalità, chiedendo invece di scarlatto, la tunica della Passione ed il sangue dell’oblazione e del sacrificio. E questo, ogni giorno. P. Angelo Sardone

La saggezza del discernimento

199. «Se ti chiamerà, dirai: “Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta”» (1 Sam 3,9). Ogni storia vocazionale ha il suo modello in quella di Samuele, profeta d’Israele che vive nel tempio ma che, data la sua età, non ha capacità immediata di comprensione e discernimento. La mediazione del suo maestro, il sacerdote Eli, è determinante ai fini della chiarificazione. La chiamata che risuona più volte nel cuore della notte non è allucinazione o sogno, ma è realtà e segno della insistenza amorosa con la quale il Signore chiede la collaborazione di un ragazzo per il suo piano di salvezza. La saggezza del sacerdote e la disponibilità del ragazzo danno compimento pieno alla volontà di Dio che prepara il suo popolo ed il futuro profeta a non lasciare andare a vuoto nessuna Sua Parola. Non basta l’entusiasmo del neofita che abita nella casa di Dio, anche giorno e notte, non è sufficiente l’esercizio di un ministero a servizio del popolo. È indispensabile il discernimento retto, serio, maturo, frutto di una professionalità derivante non da lauree, intraprendenza, esposizione ed efficienza mediatica, quanto da esperienza consumata davanti al tabernacolo ed al servizio di Dio e del suo popolo. Ciò che conta è l’umiltà, la docilità alla grazia e la competenza fatta di ginocchia e nel nascondimento, frutto di applicazione nell’ascolto della Parola e della vita degli altri. Solo così la volontà di chi è guidato e condotto, trova nel maestro piena veridicità e supporto concreto. La sua, allora, non è solo entusiastica ed effimera risposta di un giorno o di un tempo, ma impegno di tutta una vita, senza lasciare andare perduta parola alcuna di Dio ed anche dell’uomo. P. Angelo Sardone.