La Chiave di Davide

171. «O Chiave di Davide, scettro della casa d’Israele, che apri, e nessuno può chiudere, chiudi e nessuno può aprire: vieni, libera l’uomo prigioniero, che giace nelle tenebre e nell’ombra di morte». 20 dicembre.I testi profetici evidenziano una chiara lettura messianica. Cristo viene identificato e personificato con la chiave di Davide evocata dal profeta Isaia nel suo oracolo contro Sebna e la sua sostituzione con Eliakim (Is 22,22). La chiave è segno di autorità e di comando: aprire e chiudere non appartiene a chiunque, ma è compito di qualcuno in particolare. Gesù ha le chiavi della morte (Ap 1,18) ed è l’unica via di accesso al Regno. La chiave indica anche il potere della conoscenza. Nel Nuovo Testamento Cristo attribuirà a Pietro il compito di clavigero (Mt 16, 19). Alla chiave è abbinato lo scettro della casa di Israele, un elemento contenuto già nelle benedizioni di Giacobbe (Gen 49,19). Esso indica il potere assoluto e regale proprio del bambino che sta per nascere: il trono di Davide gli apparterrà ed il suo Regno non avrà mai fine, assicura l‘Arcangelo Gabriele a Maria (Lc 1, 32). La supplica conclusiva chiede all’Emmanuele la liberazione dell’uomo prigioniero nel carcere del peccato, dell’egoismo, della sopraffazione. Il luogo della sua attuale giacenza sono le tenebre e l’ombra della morte (Sal 107, 10.14). Con Cristo, luce del mondo si avvererà la profezia di Isaia: «Sugli abitanti delle ombre della morte risplendette una luce» (Is 9, 1). L’uomo ed il mondo hanno bisogno di luce, di una «grande luce» per non vagare nel buio dell’incertezza, dell’ignoranza e dell’errore. P. Angelo Sardone

O Mio Signore (Adonai)

La semina del mattino

169. «O Signore, guida della casa d’Israele, che sei apparso a Mosè nel fuoco del roveto, e sul monte Sinai gli hai dato la legge: vieni a liberarci con braccio potente». 18 dicembre.L’antifona è costruita con elementi tratti dal libro dell’Esodo ed è una sintesi dei principali avvenimenti storici del popolo d’Israele. Si apre con «Adonai», «Mio Signore», nome col quale gli Ebrei sostituiscono nella lettura del testo, il tetragramma Jahwé. Il suo compito è guidare la casa d’Israele particolarmente dopo la traversata del Mar Rosso e nel cammino di liberazione per giungere alla Terra Promessa. Apparendo a Mosè nel fuoco della fiamma del roveto (Es 3, 2) per la prima volta Dio gli rivela il suo nome e gli affida la missione di andare dal faraone per liberare il popolo dalla schiavitù egiziana. Sulla vetta del monte Sinai, dopo una straordinaria teofania, Dio gli dona la legge, le dieci parole (Es 20), brevi, facili da tenere a memoria, i comandamenti che regolano l’intera vita religiosa e morale del popolo. Sin dai tempi più remoti del Cristianesimo tutta la rivelazione dell’Antico Testamento era attribuita a Cristo mediante le parole, essendo Lui stesso la Parola. Il Signore, che nella traduzione greca è «Kyrios» ed in quella latina «Dominus», viene invocato perché possa liberare e redimere con la stessa potenza del braccio col quale liberò Israele dalla tirannia del faraone d’Egitto nella notte della Pasqua, conducendolo con forza alla sua nuova dimora (Es 15, 12-13). Il Bambino che nascerà, farà tremare lo scettro di Erode e porterà il nuovo popolo di Dio alla liberazione ed alla salvezza. P. Angelo Sardone

“O Sapienza”

La semina del mattino

168. «O Sapienza, che esci dalla bocca dell’Altissimo, ti estendi ai confini del mondo, e tutto disponi con soavità e con forza: vieni, insegnaci la via della saggezza». 17 dicembre. La prima antifona maggiore è composta da tre citazioni di testi didattico-sapienziali, il Siracide (24, 5), la Sapienza (8, 1), i Proverbi (9, 6). Ha come tema dominante la Sapienza di Dio, incarnata in Gesù. Egli è uscito dalla bocca stessa di Dio ed è espressione concreta del Suo fare, a cominciare dalla creazione. Il Vangelo di S. Giovanni lo chiamerà Verbo, dal latino “verbum”, cioè Parola. È la parola più grande, più bella ed efficace di Dio nei confronti dell’umanità decaduta col peccato ed in attesa di salvezza. La Sapienza è presente nel mondo da un confine all’altro, lo domina, lo permea con dolcezza e fermezza, lo rigenera. La caratteristica biblica della Sapienza non è di tipo filosofico né si esprime in termini astratti, ma vuole insegnare al saggio ed al semplice come vivere, conoscere come fare le cose. Per questo è personificata, operante nella creazione, dominatrice e guida misteriosa del mondo intero. A Cristo che nasce a Betlemme, seconda persona della SS.ma Trinità, Sapienza del Padre e suo compimento, si chiede di insegnare la via della saggezza sulla quale poter andare dritti per realizzare la vita nell’unità ed integrità, al contrario della disintegrazione e della stoltezza. Gesù ci dia un cuore capace di distinguere il bene dal male, diriga la storia della nostra vita e la introduca nell’intimità con Dio. P. Angelo Sardone

Comincia la novena del S. Natale

La semina del mattino

167. «Il Signore viene, non tarderà» (Ab 2,2). Comincia oggi la Novena del Natale, una pratica devota che tocca il cuore dei credenti, esprime la fede dei semplici e nello stesso tempo la sua forza. In riferimento al Natale, l’orientamento del primo Millennio dell’Era cristiana segnato alla riflessione dei Padri della Chiesa, è stato propriamente biblico e teologico, in dimensione storico-salvifica: «Dio diventa uomo perché l’uomo diventi Dio». Partendo dalle indicazioni profetiche essi svilupparono una concezione ed una esperienza spirituale basata sulla mistagogia, ossia l’introduzione e l’accoglienza del mistero. S. Francesco d’Assisi con la sua intuizione del presepio di Greggio nel 1223 ha aperto nel secondo Millennio la visione devozionale, rivissuta, elaborata e proposta nel corso dei secoli da personalità eminenti in santità del calibro di S. Alfonso M. de’ Liguori. Il terzo Millennio realizza la sintesi matura e conseguenziale tra la visione storico-salvifica e quella devozionale. L’orientamento spirituale e liturgico attuale, sostenuto dalla riforma del Concilio Vaticano II coniuga la riflessione teologica che fa da sfondo con la rappresentazione simbolica, espressione visiva di una devozione che coinvolge. Nel cammino di preparazione al Natale, seguendo le indicazioni e la spiritualità di S. Annibale M. Di Francia grande innamorato di Gesù Bambino, indico la Novena “sui generis” che attinge dalla tradizione siciliana e si esplica in una forma semplice, che attira l’attenzione e provoca la devozione. A questi elementi cari alla pietà popolare deve però aggiungersi, se ti è possibile, la celebrazione dei Vespri con le “antifone maggiori”: ciò rende l’atto pienamente liturgico, in un clima di sobrietà e di gioiosa semplicità. P. Angelo Sardone