Sant’Agnese la martire ragazzina

«Egli entrò una volta per sempre nel santuario in virtù del proprio sangue, ottenendo così una redenzione eterna» (Eb 9,12). Il sacrificio dell’Antica legge prevedeva un cerimoniale particolare, luoghi e persone stabilite per la sua realizzazione. Il santuario sta per tabernacolo, il cosiddetto «Santo». Oltre questo vi era poi il «Santo dei Santi», nel quale entrava il sommo sacerdote una volta l’anno per l’offerta del sacrificio per sé e per il popolo. Cristo è entrato in virtù del suo sangue per offrire una volta per sempre il suo sacrificio redentivo ed espiatorio dei peccati. Col versamento del suo sangue è entrata nel tempio vivo dei Santi, Agnese, una illustre dodicenne romana martirizzata nel IV secolo. Il suo nome significa «agnella». Aveva offerto a Dio la verginità del suo corpo e ciò fu il motivo per il quale il figlio del Prefetto di Roma, invaghito di lei la denunciò come cristiana. Affrontò i diversi tormenti del martirio: fu esposta nuda, gettata nel fuoco, ed infine fu trafitta con una spada proprio come si fa con gli agnelli, nel 304 sotto Diocleziano. Nella giornata odierna in Vaticano si benedicono gli agnelli offerti al papa. Dalla loro lana sarà tessuto il pallio, una striscia circolare con pendenti anteriore e posteriore, ornata di sei crocette e di frange nere che si posa sulle spalle e che il 29 giugno viene consegnata agli arcivescovi metropoliti. Si tratta di un’insegna di diritto che il papa conferisce loro perché la indossino nei pontificali a simboleggiare la loro unione al sommo pontefice. Auguri a tutte coloro che portano il nome di Agnese. P. Angelo Sardone