S. Carlo Borromeo un colosso di santità e carità

«Fatevi miei imitatori e guardate quelli che si comportano secondo l’esempio che avete in noi» (Fil 3,17). L’esortazione pedagogica di Paolo a camminare rettamente, risuona nella Chiesa di Filippi invitata ad andare oltre i precetti ricevuti e ad avere come modello l’Apostolo e coloro che lo avevano imitato. Lo sguardo diretto verso Paolo non deve trascurare quello altrettanto importante verso coloro che come lui sono diventati ministri di Gesù. A Cristo ed al coraggio ed intraprendenza apostolica di Paolo ha guardato e se ne è fatto imitatore S. Carlo Borromeo (1538-1584), uno dei santi più accreditati in assoluto nella Chiesa di tutti i tempi. Rinunziando ad una vita agiata ed illustre, divenuto vescovo ad appena 25 anni si mise a completo servizio del popolo di Dio nella vasta metropoli di Milano, col talento della sua competenza teologica, l’arte pastorale ed il rigore delle sue penitenze corporali. Applicando le norme del Concilio di Trento (1545-1563), curò particolarmente la formazione dei sacerdoti facendo loro intravedere il cammino di zelo e di autentica santità. Nonostante avesse una frenetica vita di apostolato, celeberrime le sue visite pastorali in tutta la grande diocesi, l’indizione di sinodi e la formulazione di decreti per la salvezza delle anime, mantenne sempre costante il riferimento alla preghiera ed alla penitenza. S. Filippo Neri lo definì «uomo di ferro». Cadde però sotto la veemenza della fatica, in particolare durante la peste di Milano (1576), dei continui spostamenti e martire delle penitenze, quando aveva solo 46 anni. A questo pastore buono, colto, amante del gregge guarda con grande ammirazione ed interesse la Chiesa intera col desiderio di camminare sulle sue stesse orme. Auguri di santità a tutti coloro che ne portano il nome. P. Angelo Sardone

Il caro ricordo dei nostri defunti

«Dopo che questa mia pelle sarà strappata via, senza la mia carne, vedrò Dio: i miei occhi lo contempleranno» (Gb 19,26-27). La certezza di fede del paziente Giobbe è lo specchio contemplativo della giornata odierna nella quale, analogamente a ieri, la Chiesa che è in cammino sulla terra, commemora in una unica celebrazione liturgica tutti i fedeli defunti, esprimendo così una vera comunione con loro. Fin dai primi tempi della religione cristiana ha coltivato con grande pietà la memoria dei defunti e, secondo il dato biblico che stabilisce come sia «santo e salutare il pensiero di pregare per i defunti perché siano assolti dai peccati» (2Mac 12,45), ha offerto e continua ad offrire per loro i suoi suffragi (LG, 50). La preghiera per i defunti non solo li aiuta, ma rende efficace la loro intercessione in favore degli uomini. La morte è la fine del cammino terreno dell’uomo, la conclusione del tempo, il compimento della grazia e della misericordia che Dio, l’apertura al destino ultimo della vita dell’uomo. Contrariamente a quanto sin dall’antichità viene affermato circa la reincarnazione dopo la morte, l’uomo non ritornerà più a vivere altre vite terrene: «E’ stabilito per gli uomini che muoiano una sola volta» (Eb 9,27). Questo è un dato di fede, non una supposizione o un’idea filosofica. La visita al cimitero richiama la caducità dell’esistenza umana legata alla categoria spazio temporale, ed anche e soprattutto la comunione di affetto e di gratitudine che continua ad essere con quanti hanno ci preceduto nel segno della fede e dormono il sonno della pace. P. Angelo Sardone

La gloria dei Santi in cielo

«Una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua stavano in piedi davanti al trono e all’Agnello, avvolti in vesti candide, e tenevano rami di palma nelle loro mani» (Apc 7,9). Con un’unica solennità la Chiesa celebra oggi tutti i Santi, proprio perché essa è l’assemblea e la comunione dei Santi. Quelli riconosciuti come tali dall’autorità pontificia, sono la minima parte di tutti gli altri che, avendo vissuto pienamente il dettato del Vangelo, hanno conseguito la salvezza e raggiunto il Paradiso. La comunione con loro unisce a Cristo, dal quale, promana la grazia e la santità per l’intero Popolo di Dio, nazione santa da Lui conquistata e chiamata a percorrere il cammino della perfezione. I Santi sono coloro che godono della gloria, contemplano Dio e non cessano di intercedere per noi presso il Padre, offrendo i loro meriti acquistati in terra. Tra questi ci sono «quelli della porta accanto», persone semplici, magari anche nostri consanguinei, che attraverso il mistero della morte sono entrati a far parte dell’Assemblea celeste. I testi sacri presentano una moltitudine immensa di persone avvolte nella luce e nella gloria del trono di Dio, con le vesti bianche e le palme del martirio tra le mani. La venerazione nei loro confronti deve diventare gradualmente loro imitazione, in risposta a quanto ingiunto da Dio stesso: «Siate santi perché io, il vostro Dio, sono santo» (Lev 19,2). La santità si raggiunge non con le grandi opere ma con l’esercizio costante e perseverante della propria vita e del ministero personale nell’ordinarietà della giornata, a gloria di Dio e per il bene delle anime. Auguri a tutti, in particolare a coloro che portano il nome di Santi e Beati non ricordati comunemente nella Liturgia di ogni giorno. P. Angelo Sardone