Il caro ricordo dei nostri defunti

«Dopo che questa mia pelle sarà strappata via, senza la mia carne, vedrò Dio: i miei occhi lo contempleranno» (Gb 19,26-27). La certezza di fede del paziente Giobbe è lo specchio contemplativo della giornata odierna nella quale, analogamente a ieri, la Chiesa che è in cammino sulla terra, commemora in una unica celebrazione liturgica tutti i fedeli defunti, esprimendo così una vera comunione con loro. Fin dai primi tempi della religione cristiana ha coltivato con grande pietà la memoria dei defunti e, secondo il dato biblico che stabilisce come sia «santo e salutare il pensiero di pregare per i defunti perché siano assolti dai peccati» (2Mac 12,45), ha offerto e continua ad offrire per loro i suoi suffragi (LG, 50). La preghiera per i defunti non solo li aiuta, ma rende efficace la loro intercessione in favore degli uomini. La morte è la fine del cammino terreno dell’uomo, la conclusione del tempo, il compimento della grazia e della misericordia che Dio, l’apertura al destino ultimo della vita dell’uomo. Contrariamente a quanto sin dall’antichità viene affermato circa la reincarnazione dopo la morte, l’uomo non ritornerà più a vivere altre vite terrene: «E’ stabilito per gli uomini che muoiano una sola volta» (Eb 9,27). Questo è un dato di fede, non una supposizione o un’idea filosofica. La visita al cimitero richiama la caducità dell’esistenza umana legata alla categoria spazio temporale, ed anche e soprattutto la comunione di affetto e di gratitudine che continua ad essere con quanti hanno ci preceduto nel segno della fede e dormono il sonno della pace. P. Angelo Sardone