Polizzine 2021

Sono in diffusione le POLIZZINE di Gesù Bambino 2021. Chi è interessato a riceverne può scrivere all’indirizzo e-mail upv.ics@rcj.org o allegare il numero di cellulare. Sarà nostra premura sorteggiare la polizzina ed inviarla in formato jpg. Sarà tutelata in ogni modo la privacy.

Gesù vince sempre il demonio

La semina del mattino

194. «Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!» (Mc 1, 24). Il primo capitolo del vangelo di S. Marco delinea con immediatezza e sintesi documentaria, la preparazione ed il primo ministero di Gesù nella Galilea. A Cafarnao, città che poi eleggerà come sua sede abituale, Gesù parla nella sinagoga, il luogo dell’assemblea e della preghiera, dove si radunavano gli Ebrei per la lettura della Legge, la Torah e l’istruzione religiosa. In essa vi insegnavano i maestri d’Israele. Agli inizi del suo ministero evangelizzatore, Gesù non aveva fatto colpo solamente sui suoi ascoltatori affascinati dalla sua autorevole parola, molto diversa da quella degli Scribi, ma anche e soprattutto sui demoni, gli spiriti immondi, come li chiamava il mondo giudaico, fortemente infastiditi dalla sua presenza e dalle sue azioni. Un giorno, in quella sinagoga, uno di essi scalpita e attraverso un uomo da lui posseduto, grida a squarciagola. Rifiuta l’insegnamento, deplora la rovina nella quale si trova a causa sua e, a suo modo, fa una vera e propria professione di fede: «So bene chi sei, il santo di Dio!». Riconosce Gesù come il “santo” unitamente a ciò che si ricollega a Lui. È stridente e duro, e lo sarà per tutto l’arco della vita e della missione pubblica, il contrasto tra Gesù e le forze del male alle quali Dio stesso permette che si impossessino dei corpi umani, straziandoli, fino poi a sottomettersi all’autorità del Figlio di Dio. I demoni erano i veri nemici di Gesù: il conflitto è l’eterna lotta tra il bene e il male. Il demonio che vuole sempre rovinare, allora come oggi, di fatto viene rovinato dalla presenza di Gesù e dalla grazia sacramentale. P. Angelo Sardone

Il Battesimo di Gesù

La semina del mattino

192. «Gesù venne da Nazaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni» (Mc 1, 9). Con la sobrietà tipica del suo stile narrante, l‘evangelista Marco in tre versetti documenta il Battesimo di Gesù. È il primo evento che precede il ritiro quaresimale nel deserto, l’inizio della vita pubblica e della predicazione in Galilea, la chiamata dei primi quattro discepoli. Il luogo di partenza è Nazaret, la città nella quale era stato allevato da Maria e Giuseppe per trent’anni; il luogo del battesimo è al sud, in Giudea, nel deserto, dove Giovanni amministrava un battesimo di penitenza, accogliendo tutti coloro che accorrevano da quella zona e da Gerusalemme. Le persone si immergevano nel fiume. Da questo rito deriva il termine “battesimo”, dal verbo greco che significa ”mi immergo”. Giovanni battezzava coloro che si convertivano alla religione ebraica, giudei ed altri, persone adulte, consapevoli dei propri peccati e capaci di azioni concrete di pentimento. Galilea e Giudea, città di Nazaret e fiume Giordano, sono come i punti cardinali della Palestina che inquadrano la vicenda storica e terrena del Messia, territorio nel quale si realizza la sua predicazione ed i suoi straordinari interventi. Dal silenzio e nascondimento di Nazaret, Gesù passa alla notorietà ed all’azione evangelizzatrice che lo proporrà come il Maestro. Il battesimo che segna l’inizio della missione è l’investitura messianica. Ad attestarglielo è il Padre celeste: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento». L’acqua ed il sangue sgorgati dal costato aperto di Cristo crocifisso saranno il segno del Battesimo e dell’Eucaristia che segnano la nuova nascita dall’acqua e dallo Spirito Santo. P. Angelo Sardone

Preghiera: bisogno per vivere

191. «Quando li ebbe congedati, andò sul monte a pregare» (Mc 6,46). L’intera vita di Gesù è corredata dalla preghiera frequente: Egli era in perfetta e continua comunione col Padre. Gli evangelisti rilevano questa predisposizione e più volte la sottolineano soprattutto prima o dopo avvenimenti di particolare importanza. Dopo aver saziato cinquemila persone con appena cinque pani e due pesci, Gesù costrinse i suoi discepoli a salire sulla barca e a precederlo a Betsaida, sull’altra riva del lago di Gennesaret, per poter congedare personalmente la folla. Invece di raggiungerli però, salì sul monte a pregare. Il doversi occupare delle cose del Padre, sin dall’età di 12 anni, lo aveva messo nella condizione di tenere sempre vivo il rapporto di unità con Lui dal quale traeva la forza e per la cui mediazione compiva i miracoli. Ciò era per Gesù un’esigenza che cercava di trasmettere come insegnamento ai suoi discepoli. Dall’immersione nella profondità del suo amore traeva tutta la forza per realizzare il compito dell’evangelizzazione. Dalla vita immessa in quella del Padre, il Figlio dell’uomo riceveva l’energia per dare la sua vita per il mondo. La preghiera di Gesù non è semplicemente un insegnamento, una didattica, è la pratica di vita ed il valore fondamentale che esprime amore, verità, unità e predispone a qualunque opera. La preghiera è insita nel cuore di ogni uomo come una naturale predisposizione e si esprime come esigenza per vivere, allo stesso modo di come l’aria è indispensabile per respirare. Non una imposizione dunque, ma un bisogno, una imprescindibile necessità di vita. P. Angelo Sardone

Il vero amore viene da Dio

La semina del mattino

190. «Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore» (1Gv 4,8). La prima Lettera di S. Giovanni ha una evidente vicinanza e parentela con la dottrina del quarto Vangelo. Essa riprende molti insegnamenti e si colloca nella sfera di una catechesi profonda ed articolata sulla difesa dell’ortodossia della fede minacciata dalle prime eresie. Per vivere da figli di Dio, Gesù ha indicato alcune condizioni: innanzitutto rompere col peccato, quindi osservare i comandamenti, soprattutto quello della carità, tenersi lontano dagli anticristi e dal mondo, per giungere poi alle fonti della carità e della fede. Il criterio più efficace per attuare questo programma di vita è l’amore. Amare è proprio dei figli di Dio. L’amore viene da Dio, anzi è Dio stesso: questa è la definizione più alta e più completa del Nuovo Testamento. L’amore di Dio genera l’amore reciproco e la vera conoscenza di Dio. Se non si ama non si conosce Dio. L’amore di Dio, l’amore che è Dio, è donativo, altruistico, superiore all’amore naturale, più alto dell’amore di amicizia, perché è disinteressato o meglio è amore che ha l’unico interesse nell’altro, andando oltre se stesso. L’amore discende dall’alto. È Dio che ha amato per primo: proprio per questo è sostanzialmente suo dono, sua grazia. La venuta di Cristo nel mondo è la manifestazione più grande di questo amore. La realtà dell’amore è la sostanza stessa della vita e non può concentrarsi ed esprimersi se non a partire dagli elementi spirituali che ne delineano l’essenza. Ad amare si impara amando. Nella misura in cui si risponde all’amore che viene da Dio, si ama Dio ed in Lui e per Lui si ama chiunque. P. Angelo Sardone 

Solennità dell’Epifania del Signore

Nel segno della luce la scrittura profetica esalta la gloria del Signore e gioisce per l’incontro di popoli e culture, specificato nel cammino storico-teologico dei Magi: vengono da lontano con cammelli e dromedari, e portano oro, incenso e mirra. L’Oriente si congiunge con l’Occidente con la mediazione e la guida di una stella, la stessa di Giacobbe. Si esaltano i gesti altamente significativi: la ricerca dei Re dei Giudei, la gioia grandissima dell’incontro, la prostrazione dinanzi alla grandezza, l’adorazione dinanzi alla divinità, l’offerta dei loro doni dinanzi alla maestà divina. Tornano a casa per un’altra strada, quella della verità vera, del compimento dell’attesa e della promessa, ricolmi della gioia della sorprendente manifestazione dall’alto (donde il termine Epifania). Il mistero nascosto nei secoli è stato rivelato per mezzo dello Spirito: le genti pagane sono chiamate, in Gesù, a condividere l’eredità, a formare lo stesso corpo, ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo. P. Angelo Sardone

Con tante benedizioni del cielo

185. «Dio ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo» (Ef 1,3). Questo ritaglio è contenuto nella solenne e grande preghiera che apre la Lettera di S. Paolo agli Efesini: si tratta di una “benedizione” elevata a Dio Padre dall’assemblea dei fedeli. Il verbo greco adoperato traduce il termine ebraico «barak», donde viene “benedizione” e significa lodare, glorificare, ringraziare Dio Padre come la sorgente dei beni. La benedizione spirituale è infatti il dono della salvezza, dalla sua preparazione fino alla sua attuazione in Cristo. In Lui siamo diventati figli adottivi, siamo stati redenti col perdono dei peccati, abbiamo acquisito la conoscenza della volontà di Dio con sapienza ed intelligenza. In Lui siamo stati scelti e predestinati per aver creduto e sperato. Una delle più ricorrenti espressioni di S. Paolo è «in Cristo»: con essa sottolinea il riferimento esclusivo a Cristo di tutta la realtà creata e cosmica che abbraccia tutti gli uomini di ogni parte della terra. Dio volge il suo sguardo con un atto propizio: in tempi di angoscia si pensava che Dio avesse nascosto il suo volto ed abbandonato il popolo. Il volto più efficace e più bello è quello di Gesù Cristo, attraverso il quale viene assicurato un domani migliore, benedetto da Dio, tracciato dalla sua Provvidenza e non da astri ed ingannevoli oroscopi. Non si tratta di una singola benedizione, ma di “ogni” benedizione, di ogni ordine e grado, spirituale e materiale. Collocata all’inizio dell’anno essa è l’affermazione più autentica e vera della presenza di Dio nella vita dell’uomo col suo Figlio Gesù, fonte di ogni bene, di luce inaccessibile e di vita senza fine. P. Angelo Sardone

2ª domenica di Natale.

La Sapienza, personificata in Cristo, proclama con orgoglio la sua gloria per essere esaltata, ammirata e benedetta. Creata prima dei secoli, per ordine del Creatore ha piantato la sua tenda tra gli uomini, mettendo le sue radici e dimorando tra i Santi. L’inizio del Vangelo di Giovanni riprende in forma poetica e di alto spessore teologico, attualizzandola, la Sapienza che diviene Logos, Parola, cioè Cristo. Il bellissimo inno riscrive la storia sacra sin dal principio (la prima parola della Bibbia), dalla creazione, con le immagini della vita e della luce, fino a divenire carne ed abitare tra gli uomini. La testimonianza del Battista è fondamentale perché attesta la continuità e la verità della storia, mettendo insieme la Legge antica di Mosè con la grazia e la verità attuale di Gesù. Mediante Cristo siamo divenuti figli adottivi, ricevendo lo spirito di sapienza e di rivelazione che sviluppa una profonda conoscenza di Lui, della speranza e della gloria. P. Angelo Sardone

L’ultima ora

La semina del mattino

182. «E’ giunta l’ultima ora. Molti anticristi sono già venuti. Da questo conosciamo che è l’ultima ora» (1Gv 2,18). La prima lettera di S. Giovanni è in continuità col quarto Vangelo. La liturgia la propone all’ascolto ed alla riflessione subito dopo il Natale per i suoi contenuti di alto valore teologico, soprattutto in riferimento alle cose ultime della vita e della storia. Nell’ultimo giorno dell’anno si legge un’interessante pericope che richiama la fine del tempo, l’ultima ora ed i relativi segnali. Le prime ore sono quelle dei patriarchi e dei profeti; con Gesù Cristo è cominciata l’ultima ora che è il presente. Essa si caratterizza come tempo di lotta acerrima di Satana contro Cristo: ciò avviene attraverso gli «anticristi» consegnatisi direttamente a Satana e da lui messi in campo, falsi dottori che negano Gesù Cristo, maestri che insegnano perverse dottrine, immorali che stravolgono i valori naturali, gente comune che conduce una sistematica lotta alla Chiesa. Questo tempo e queste manifestazioni sono il segno chiaro dell’ultima ora. Il tutto culminerà nella battaglia finale di un «anticristo» che non riuscirà a vincere Cristo che l’ha buttato fuori e sarà annientato da Lui con una sconfitta totale di quel potere manifestato e condotto dai suoi adepti (2Tes 2,8). Al tempo dell’evangelista Giovanni gli anticristi insegnavano la falsa natura e falsa relazione tra il Padre e il Figlio, separando l’Uno dall’Altro, negazionisti dell’incarnazione di Cristo, e di Lui vero Dio e vero uomo. Il tempo corre verso l’eternità e questa corsa è funestata da un perenne dissidio. La vittoria è certa: appartiene a Cristo, dominatore dello spazio e signore del tempo, re e centro dei cuori. Buona fine dell’anno! P. Angelo Sardone

Il mondo

La semina del mattino

181. «Non amate il mondo, né le cose del mondo! Se uno ama il mondo, l’amore del Padre non è in lui» (1Gv 2,15). La nuova legge evangelica inaugurata da Cristo è perentoria e per certi versi anche discriminante. L’eco della grotta di Betlemme, colorata di semplicità ed essenzialità, giunge sino ai confini del tempo e dello spazio, facendo risuonare un monito ben preciso: l’amore di Dio non sta nell’amore del mondo e delle sue cose. Questo concetto sarà ripreso da Gesù nella intimità del Cenacolo di Gerusalemme prima della Passione. Sicuramente ciò sconcerta. Perché non amare il mondo quando si vive nel mondo, quando questo elemento è lo spazio nel quale l’uomo è immerso per natura? Occorre comprendere cosa si intende per mondo ed in che cosa si rigetta. Ad una valenza positiva riscontrata nel Vangelo, se ne aggiunge una negativa. In riferimento ad essa il mondo, soprattutto quello contemporaneo, potente e debole, si presenta con enormi squilibri radicati nel cuore dell’uomo, con situazioni a volte drammatiche. Ha uno stile improntato allo spirito di vanità e di malizia che stravolge in strumento di peccato l’operosità umana, ordinata al servizio di Dio e dell’uomo (GS 37). Il mondo deformato dal peccato, è mondanità, quando che rigetta i valori dello spirito, la verità, l’amore, il bene, la giustizia (G. Ravasi). Va avversato la mondanità ed il mondo costituiti da oppositori del Bene, sistematici negatori di ogni valore e, quindi, avversari di Cristo, che pur consapevoli della sua Verità, per interesse proprio o per l’arroganza del potere, sono pronti a rigettarla. Cristo dalla sua croce veglia sul mondo e lo orienta alla piena trasformazione nel suo vero amore. P. Angelo Sardone