La confessione della fede

La semina del mattino

219. «Per mezzo di Gesù offriamo a Dio un sacrificio di lode, cioè il frutto di labbra che confessano il suo nome» (Eb 13, 15). La proclamazione o confessione della fede è un elemento primordiale di risposta al dono di Dio per la crescita personale e per la salvezza. «Se confesserai che Gesù è il Signore tu sarai salvo» (Rom 10,9), scrive S. Paolo. L’offerta più completa del sacrificio è stata fatta da Cristo sull’altare della croce dove ha mirabilmente unito la Parola insegnata fino all’ultimo momento col perdono ai crocifissori, con l’abbandono nelle mani del Padre con il corpo donato ed il sangue versato. Le labbra del cristiano confessano il nome di Dio, cioè riconoscono la grandezza del Creatore e proclamano la sua lode anche a costo di persecuzioni. L’esperienza dei martiri, autentici confessori della fede, testimonia l’adesione convinta all’annuncio di Cristo, imitandolo fino in fondo. Il terribile supplizio della croce toccò al gruppo di circa una trentina tra giapponesi che dopo la predicazione di S. Francesco Saverio avevano abbracciato la fede cristiana e missionari. Erano gesuiti e francescani, religiosi e laici Terziari. Tra questi S. Paolo Miki, primo religioso cattolico giapponese e gesuita che aveva abbracciato la fede cristiana a 22 anni ed era diventato valente predicatore in tutto il paese. Il racconto del loro martirio a Nagasaki, che il 9 agosto 1945 sarà distrutta dalla bomba atomica, ripropone crudamente il Vangelo della croce, ma anche e soprattutto la forza della verità derivante da Cristo, unica via di salvezza che insegna a perdonare ai nemici e ad istruirsi sul dono della fede. È una testimonianza eloquente di grande attualità. P. Angelo Sardone

S. Agata eroina di virtù

La semina del mattino

218. «Il Signore è il mio aiuto, non avrò paura. Che cosa può farmi l’uomo?» (Eb 13,6). La Lettera agli Ebrei è ricca di citazioni bibliche che diventano fondamento nella trattazione delle problematiche e suggellano la verità enunziata. È il caso del Salmo 118,6 del quale riporta l’interrogativo. L’articolata omelia del grande dottore di Gerusalemme ingloba anche indicazioni pratiche valide per ogni tempo: l’amore fraterno che deve rimanere saldo; l’ospitalità che deve essere praticata; la condotta votata alla generosità ed alle opere di misericordia corporali, il matrimonio e la sua grandezza. Quest’ultimo deve essere salvaguardato dalle frodi e dalle cupidigie dei fornicatori e degli adulteri. In ogni situazione Dio non lascia soli e non abbandona! Tale esperienza è stata vissuta dalla ricca, giovane e nobile S. Agata, eroina di Catania vissuta e martirizzata nel III secolo. Il suo nome, dal greco significa “buona”. La tradizione la vuole consacrata a Dio col velo rosso, tipico delle vergini votate a Cristo. Non valsero a distoglierla dal proposito i ripetuti tentativi di seduzione di un Proconsole romano invaghito di lei, né le vessazioni immorali di ogni specie, né il processo, né le torture cui fu sottoposta. Le furono strappati i seni con le grosse tenaglie; fu gettata nel fuoco ma un terremoto evitò l’esecuzione. Gettata agonizzante in cella, morì. Non ebbe paura di nulla, consapevole di essere diventata la schiava di Gesù ed incurante di quanto gli uomini potessero farle! L’eroicità del gesto è proporzionata all’eroicità della virtù! È un esempio ed uno stimolo per chi si vende per poco, si lascia ammaliare dalle lusinghe o impaurire da minacce. P. Angelo Sardone

La paura di Dio

La semina del mattino

217. «Lo spettacolo, in realtà, era così terrificante che Mosè disse: «Ho paura e tremo» (Eb 12,21). Il rapporto con Dio e l’esperienza diretta al suo contatto sono realtà che si possono solo immaginare, data la straordinarietà e grandezza dell’evento. “Dio nessuno lo ha mai visto”, scrive S. Giovanni (1Gv 4,12). La sua manifestazione o “teofania”, è terrificante e l’uomo la non può reggere. Il popolo d’Israele ne aveva fatto esperienza, ma ancor più Mosè reduce dalla quarantena sul monte Sinai e dai continui colloqui col Signore. La mediazione umana fatta di persone e di segni, preserva da una paura indicibile e terrificante che fa tremare. Il contatto con la divinità è avvolto da un alone di mistero nel quale non è facile introdursi. Per quanto si possa capire e sperimentare, quello che si immagina di poter vedere, rimane sempre qualcosa di estremamente distante dalla portata umana ed inviolabile. Cristo ha rivelato il volto di Dio, non tanto nelle sembianze umane, quanto nella sua essenza di paternità, di amore misericordioso. Nell’amore vicendevole è garantita la sua presenza e la perfezione dell’amore. La esemplificazione e l’iconografia di una imponente e barbuta immagine di uomo avanzato in età è semplicemente una trasposizione antropomorfica che mitiga la paura. La grazia introduce all’incontro con Dio e conserva il sapore del mistero; la preghiera realizza lo scambio della relazione e dispone alla fiducia, all’abbandono, alla richiesta umile e fiduciosa. Quando si ama non si ha paura. Il terrore nasce spesso dalla consapevolezza della propria indegnità ed ancor più dalla presenza e dalla situazione di peccato. P. Angelo Sardone

San Biagio

La semina del mattino

216. «Cercate la pace con tutti e la santificazione, senza la quale nessuno vedrà mai il Signore; vigilate perché nessuno si privi della grazia di Dio» (Eb 12, 14-15). L’eloquente esortazione dell’autore della Lettera agli Ebrei mentre invita alla fede perseverante guardando agli antenati e in maniera più completa ed efficace a Cristo, invita a considerare la correzione inflitta da Dio come addestramento alla pace ed alla giustizia. Essa genera sofferenza e tristezza, ma poi arreca frutti salutari. Si coglie l’eco della predicazione di Paolo nel perseguire la pace con tutti e la beatitudine del Maestro riservata ai pacificatori. La santificazione deve diventare l’obiettivo della vita cristiana, cercata di continuo per la sua natura di veicolo della visione beatifica di Dio. Questa si realizza con la purezza di vita e di cuore, frutto di un impegno diuturno di purificazione, unito ad una vigilanza personale ed altruista che fa guardare al bene degli altri come al proprio, per la grazia ed il servizio amorevole. Un esempio luminoso viene da S. Biagio, vescovo e martire morto intorno al 316, uno dei quattordici santi ausiliatori, invocati per la guarigione di mali particolari. La notorietà e la devozione verso il santo vescovo di Sebaste in Armenia, è determinato principalmente da un miracolo da lui compiuto mentre era in carcere a causa della fede: la guarigione di un ragazzo da una lisca di pesce che si era conficcata nella trachea. Tuttora è invocato come santo che «libera dal mal di gola e da qualunque altro male». A suo ricordo si compie la benedizione della gola adoperando due candele benedette il giorno della Candelora, che, disposte a forma di croce con un nastrino, toccano il collo. Auguri vivissimi a chi porta il nome di Biagio. P. Angelo Sardone

XXV Giornata mondiale della vita consacrata

215. «Luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele» (Lc 2,32).

Preceduto dal suo Messaggero, il Signore, Angelo dell’alleanza, entra nel Tempio per fondere e purificare come il fuoco del fonditore e la lisciva dei lavandai. La sua è offerta di giustizia a Dio. Avendo assunto la natura umana col sangue e la carne, in tutto simile a noi, Gesù è il sommo sacerdote misericordioso e degno di fede: si prende cura della stirpe di Abramo, soffre personalmente, espia il peccato ed aiuta chi è nella prova. Dopo quaranta giorni dalla nascita, se si trattava di un maschio, la Legge di Jahwé prevedeva la purificazione rituale della donna e la presentazione del figlio al Tempio. Giuseppe e Maria fedeli osservanti della Legge compiono il rito prescritto. Sono accolti con stupore dai vegliardi Anna e Simeone: quest’ultimo benedice il Signore e addita il bambino «salvezza e rovina, luce del mondo, gloria del popolo, segno di contraddizione». A Maria viene anche annunziata la spada dell’acerbo dolore che trafiggerà la sua anima per la perdita e la morte infame del suo Figlio. Giuseppe, silenzioso è spettatore dell’evento che se pure non lo tocca direttamente, lo coinvolge nel grande mistero della salvezza. Oggi si celebra la XXV «Giornata mondiale della vita consacrata», dono che arricchisce la Chiesa con la molteplicità dei carismi e l’edificazione di tante esistenze umane votate al servizio dei fratelli nei più diversi campi di apostolato e di testimonianza di vita cristiana tendente alla perfezione. Chiedo una preghiera per noi religiosi e religiose chiamati ad essere luce, ad appartenere a Dio sommamente amato ed a curare e servire generosamente i fratelli con la grandezza del suo amore ed un comportamento esemplare. P. Angelo Sardone

Il potere di Gesù contro il potere di Satana

La semina del mattino

214. «Va’ nella tua casa, dai tuoi, annuncia loro ciò che il Signore ti ha fatto e la misericordia che ha avuto per te» (Mc 5, 19). Sin dalla caduta di Adamo ed Eva, è stata sempre aspra la lotta condotta da Dio contro Satana, il ribelle, portatore di menzogna. La sua furia si manifesta con la sua presenza ed il condizionamento delle menti, delle azioni, il possesso del corpo ed il dominio del cuore. Più particolarmente durante il ministero pubblico di Gesù la potenza diabolica si è scatenata, tenendo sotto scacco uomini e donne, piccoli e grandi e mal sopportando la presenza del Maestro, l’unico col potere di scacciarla. L’episodio dell’indemoniato di Gerasa testimonia l’autorità di Gesù sugli spiriti immondi, sia che si tratti di uno che di duemila come in questo caso. E’ la forza liberatoria e misericordiosa della grazia di Dio che opera. Col demonio non si scherza: il Signore permette che prenda corpo e vita dentro il corpo e la vita di un individuo con tutte le manifestazioni fuori di ogni controllo e normalità. Ma tante volte sono il comportamento e le scelte scellerate dell’uomo a permettere che non uno, ma tanti spiriti impuri si impossessino della sua mente ed alberghino nel suo corpo. Allora tutto diventa strano: modi di pensare, comportamenti, azioni insulse, improperi, maledizioni, sopraffazioni e finanche la morte. Quando però il Signore interviene lo fa con autorità suprema. Il demonio scappa via e si impossessa dei porci; il malcapitato torna sano ed è inviato a raccontare le meraviglie operate da Dio con la liberazione dal male e dal peccato. P. Angelo Sardone

Festa del Nome SS.mo di Gesù

La semina del mattino

213. «In verità, in verità vi dico: se chiederete qualche cosa al Padre nel mio nome, Egli ve la darà. Chiedete ed otterrete, perché la vostra gioia sia piena» (Gv 16, 23-24). A partire da questa Parola, S. Annibale M. Di Francia, sin dal 1888, promosse la pratica della Novena al Nome SS.mo di Gesù e la Supplica all’Eterno Divin Genitore, da presentare nella solenne festività del Nome di Gesù, ogni 31 gennaio. Con una eccezionale padronanza biblica di contenuti e di riferimenti, egli aveva prescritto la novena ritenendola “tra le primarie” e con altrettanta singolarità aveva ideato la Supplica che in un certo senso segna per l’Opera Rogazionista la conclusione dell’anno e l’inizio del nuovo. Le suppliche, costituite in genere da 34 petizioni secondo il numero degli anni della vita terrena di Gesù Cristo, compresi i nove mesi nel grembo di Maria, compendiano in forma originale, anno per anno, la storia dell’Opera rogazionista, le sue vicende liete e tristi, attraverso la lode, il rendimento di grazie al Signore e la richiesta di aiuti e favori celesti. Nella Festa del Nome di Gesù pregando nel suo Nome, ci si unisce alle preghiere stesse di Nostro Signore quando pregava con preghiere perfettissime che il suo Eterno Genitore non poteva in alcun modo rigettare. Nella tradizione rogazionista, in occasione della Festa, si offrono «cinque lampade eucaristichead onore delle cinque preziose lettere che compongono il Nome SS.mo di Gesù (Iesus)». Queste lampade vanno tenute sempre accese spiritualmente con la qualità della vita e lo zelo dell’impegno cristiano. P. Angelo Sardone

Il nuovo Mosè

4ª domenica Tempo Ordinario.  Il Signore Dio susciterà in mezzo al popolo e per il popolo d’Israele un grande profeta. In bocca a lui metterà le sue parole: ciò che egli dirà appartiene a Dio e da Lui è comandato. Il resto è presunzione. Chi non ascolta dovrà renderne conto. Quel profeta è Gesù di Nazaret: infatti parlava ed insegnava in maniera nuova, con autorità e tutti erano stupiti. Gli spiriti immondi lo osteggiavano ed avvertivano la loro rovina. Lo stupore degli astanti diventava timore. La sua fama si diffondeva dappertutto. La Parola di Dio è per il bene comune e tende ad eliminare le preoccupazioni a cominciare dalle scelte di vita, il matrimonio, per come piacere al marito o alla moglie, la verginità per come piacere al Signore. È proclamata per indurre a comportarsi in maniera degna e rimanere fedeli al Signore. P. Angelo Sardone