La benedizione ad Abramo

«Ti benedirò, renderò grande il tuo nome e possa tu essere una benedizione» (Gn 12,2). La chiamata di Abramo alla fede è contrassegnata dalla benedizione di Dio. Essa comunica la vita, la forza e l’autorità. Nel Vecchio Testamento la benedizione è considerata una comunicazione di Dio che è il solo che può benedire. Gli uomini non benedicono se non nel desiderio e nella preghiera perché Dio benedica. L’effetto della benedizione è prima di tutto la fecondità di uomini, animali, raccolti. Furono benedetti i patriarchi a cominciare da Noè ed Abramo. Quest’ultimo diventerà una fonte stessa di benedizione per tutti i popoli che chiedono a Dio di benedirli proprio come ha benedetto Abramo. Quando Dio benedice la benedizione non può essere più ritratta né annullata. Dio, a sua volta, viene benedetto nella preghiera ebraica, soprattutto nei Salmi, che esprimono gratitudine a Lui che è forza e potenza. Nel caso di Abramo la benedizione pronunziata da Jahwé a Canaan nel corso della sua prima comunicazione, è sinonimo di prosperità, potenza, promessa di una grande posterità. Ciò premia il grande atto di fede che il patriarca ha compiuto quando ha rotto i suoi legami terreni ed è partito per un paese sconosciuto. Il nome di Abramo effettivamente diventerà grande nella storia ed in lui si diranno benedette tutte le genti. Nella vita della Chiesa ogni benedizione deve tornare a lode ed esaltazione di Dio ed ordinata al profitto spirituale del suo popolo. Benedetti in Cristo, i cristiani diventano strumento di benedizione per gli altri, quando, depositari della sapienza di Dio si servono delle cose create, in modo che il loro uso porti a cercare, amare e servire fedelmente Dio. P. Angelo Sardone