Lunedì dell’Angelo

«Cristo non fu abbandonato negli ínferi, né la sua carne subì la corruzione» (At 2,31). La celebrazione della Pasqua, compresa l’ottava, si prolunga liturgicamente per 50 giorni. Il giorno immediatamente successivo viene detto Pasquetta, diminutivo di Pasqua quasi una sua continuazione, lunedì di Pasqua o anche lunedì dell’Angelo. Questa denominazione evoca l’incontro dell’angelo con le donne giunte al sepolcro di Gesù. Il Vangelo, infatti, riporta l’incontro al sepolcro di Maria di Magdala, Maria madre di Giacomo e Giuseppe, e Salomè, la sorpresa nel trovare smosso il masso tombale e l’apparizione di un angelo che le rassicura sulla reale risurrezione del crocifisso e raccomanda loro di andare a portare la notizia agli Apostoli. Questi ultimi ritennero a mente il racconto dell’accaduto, soprattutto dopo l’apparizione dello stesso Gesù, e lo resero immediatamente cuore del loro annunzio pasquale. Cristo non fu abbandonato agli inferi, né tanto meno la sua carne subì la corruzione della morte come ogni comune mortale. La potenza del Padre lo ha risuscitato da morte, innalzandolo nella gloria con un corpo glorificato. Tomba priva del morto, gloria di Cristo risorto, angeli testimoni, sudario e vesti sono gli elementi che provano il fatto storico della risurrezione. Tradizione tipica della Pasquetta è trascorrere il giorno in gita fuori porta o fare una scampagnata con amici e parenti, favoriti, quando è possibile, dal clima primaverile. Ciò richiamerebbe la sortita dei due discepoli che da Gerusalemme si recavano ad Emmaus ed ebbero compagno di viaggio lo stesso Cristo risorto. P. Angelo Sardone

Gesù è risorto!

«Dio lo ha risuscitato al terzo giorno e volle che si manifestasse, non a tutto il popolo, ma a testimoni prescelti da Dio» (At 10,40-41). Dopo circa 40 ore dalla sua morte, nell’arco di tre giorni, per la potenza del Padre Cristo risorge dai morti. È la vittoria definitiva sul peccato e sulla morte. Il Nuovo Testamento non fa il racconto della risurrezione ma narra solamente che il sepolcro, liberato dalla pietra ostruttiva, la tomba vuota, il sudario e le bende appoggiate sulla fredda pietra all’interno, sono la dimostrazione chiara dell’evento. Le donne prima, e poi gli Apostoli da loro allertati, accorrono e constatano la verità di quanto già Gesù aveva più volte affermato. Non fu trafugamento con occultazione di cadavere come volevano far intendere ingenuamente i capi dei giudei, ma risurrezione dai morti, testimoniata direttamente da Gesù che appare agli Apostoli, testimoni scelti. Questo traguardo segna l’inizio di un’epoca storica nuova e diversa: l’annunzio della risurrezione diventerà il «kerigma», l’argomento principale che gli Apostoli ed i primi cristiani diffonderanno sulla terra. La verità da parte del popolo dovrà essere accolta tramite la fede che, come affermerà poi S. Paolo, si riceve attraverso l’ascolto. La redenzione è portata a termine da Gesù con la sua morte e risurrezione che è «una realtà soprannaturale che non appartiene a questo mondo e non può essere oggetto di ricerca storica» (W. Grossouw). Comincia così il giorno senza tramonto, l’era nuova del mondo. L’ottavo giorno dopo il sabato per gli ebrei, diventerà il «primo giorno della settimana», la domenica, il giorno del Signore. Auguri vivissimi, buona Pasqua di risurrezione. P. Angelo Sardone

L’Addolorata

«Fa che teco, o Madre, io pianga e il trafitto Dio compianga finché duri il vivere» (Dallo Stabat Mater). «Il Sabato Santo la Chiesa sosta presso il sepolcro del Signore, meditando la sua passione e morte, la discesa agli inferi ed aspettando nella preghiera e nel digiuno la sua Risurrezione» (Direttorio Pietà popolare, 146). Oggi è giorno di solitudine, meditazione e penitenza, memoria del riposo del Signore e del grande silenzio che prelude l’esplosione gioiosa del canto della risurrezione. Anche oggi, spogliata la mensa, la Chiesa non celebra la Messa e concentra la sua attenzione e la preghiera davanti al sepolcro di Cristo dove sembra che tutto sia finito. Tutto invece è andato a buon fine: il Redentore ha realizzato in pieno il disegno del Padre. Il sepolcro è un rigurgito di vita: una, spezzata dal mistero della morte; l’altra che viene definitivamente donata a coloro che negli inferi attendevano la venuta di Cristo; un’altra ancora che si prepara a smuovere la pietra tombale e a liberarsi dell’involucro umano per affermare un corpo esaltato e glorioso nella risurrezione. La sosta ed il silenzio hanno senso perché sono in compagnia di Maria, straziata nel cuore e nel corpo per la morte del Figlio. E’ misterioso il silenzio di Dio dinanzi alla tragedia umana del dolore e della morte di ogni tempo. Maria rappresenta la Chiesa che veglia presso la tomba del suo Sposo, ma è anche l’icona più espressiva e drammatica delle madri che hanno perduto un figlio. È questa l’ora della Madre, l’ora della desolata, l’ora preconizzata da Gesù e finalmente giunta nel compimento della volontà di Dio e della sua vocazione di salvatore. La Veglia pasquale, «madre di tutte le veglie» introduce nella solennità della Pasqua. In essa sono benedetti il fuoco da cui è acceso il cereo pasquale e l’acqua battesimale. Viene ripercorsa la storia sacra che dalla creazione giunge alla risurrezione di Cristo. Si rinnovano le promesse battesimali e si assapora la gioia della personale risurrezione. P. Angelo Sardone

Venerdì santo: sofferenza e morte

«Annoverato fra gli empi, egli portava il peccato di molti e intercedeva per i colpevoli» (Is 53,12). Oggi è il giorno della Passione di Gesù, il giorno per eccellenza dell’adorazione della santa Croce. La Chiesa ricorda la morte di Cristo che ha portato la salvezza e non celebra la Messa. Nel pomeriggio la solenne azione liturgica si articola con la proclamazione della Parola ed in particolare il racconto della Passione di Gesù, l’intercessione orante per la salvezza del mondo, l’adorazione della Croce, la comunione. La prassi liturgica raccomanda che nessun altro pio esercizio deve sostituire nel suo apprezzamento questa celebrazione. Tutto il cammino della Via Crucis quaresimale, si ferma ora silente sul Calvario nella contemplazione di Cristo crocifisso e morto dopo una terribile agonia. Lo strazio della flagellazione, la coronazione di spine e le volgarità di cui fu oggetto, si fermano ora attaccate al legno della croce. Dall’alto, con gli occhi impediti dai grumi di sangue, Gesù dà un ultimo sguardo a Gerusalemme ed all’intera umanità prima di chiudere gli occhi alla vita nel mistero della sua morte come uomo. La poesia spesso non aiuta a considerare l’asprezza dei dolori ed il prolungarsi di sei lunghe ore di acerba sofferenza da quando fu crocifisso. L’oscuramento del sole e le tenebre furono un preavviso di come la terra intera si sarebbe oscurata dinanzi a questo mistero. La gente numerosissima che aveva acclamato «Osanna al figlio di Davide», ha gridato con maggiore intensità «crocifiggilo» e poi è tutta fuggita, compresi i suoi più fidati, presi dal panico, dall’incertezza di fede. Il silenzio della morte rotto da raffiche di vento e dalla lagrima divina scesa dal cielo sulla terra, accompagna questo giorno triste e cupo, aperto però alla speranza. Il segno concreto di penitenza di oggi è il prescritto digiuno pasquale con le solite modalità, per giungere con cuore libero alla gioia della risurrezione. P. Angelo Sardone

Giovedì santo: Eucaristia e sacerdozio

«Questo giorno sarà per voi un memoriale; lo celebrerete come festa del Signore: di generazione in generazione lo celebrerete come un rito perenne» (Es 12,14). La celebrazione della Messa vespertina «In Coena Domini» del giovedì santo, segna la conclusione del cammino della Quaresima e l’inizio del Triduo pasquale, culmine dell’Anno liturgico; è detto anche «triduo del crocifisso, del sepolto e del risorto» che celebra i grandi misteri della Redenzione. La liturgia è ricca di segni ed evocazioni. La lavanda dei piedi richiama il gesto umile e pedagogico di Gesù nel prostrarsi dinanzi alla condizione umana carica di peccato e nello stesso tempo esalta la dimensione dell’amore più grande che anticipa il dono totale di sé sulla croce. Esso, secondo la teologia giovannea, emula l’Eucaristia. Nella celebrazione si ricorda il duplice dono dell’Eucaristia e del Sacerdozio, «parto gemello del Cuore di Gesù»: in esso «la carità nel suo più grande trasporto produsse il primo; la carità nel suo fervente zelo produsse il secondo. Sono e saranno inseparabili l’uno dall’altro. Non si può concepire l’Eucaristia senza il Sacerdozio; non vi è reale Sacerdozio senza l’Eucaristia» (S. Annibale Di Francia). La reposizione austera e solenne della santa Eucaristia, contrariamente a quanto a volte nel gergo popolare si afferma, non è il «sepolcro» ma la conservazione del Corpo del Signore in un tabernacolo chiuso, per la comunione dei fedeli nell’Azione liturgica del Venerdì Santo, il Viatico degli infermi, e l’adorazione silenziosa e prolungata, in alcune parti anche tutta la notte, del mirabile Sacramento istituito in questo giorno. È anche il giorno natale del sacerdozio ministeriale del quale, senza alcun mio merito, da 43 anni sono investito. L’Eucaristia è il cuore e il centro vitale del mio ministero presbiterale, suo principio, mezzo e fine. Proprio nella celebrazione eucaristica e a partire da essa, io posso manifestare in modo più evidente la mia identità di sacerdote, consacrato alla preghiera ed azione per le vocazioni. Grazie della tua vicinanza e della preghiera che sono certo non mancherà. P. Angelo Sardone

Domenica delle Palme

«Seguiamo il Signore facendo memoria del suo ingresso salvifico, partecipi del mistero della croce per aver parte alla risurrezione» (Monizione liturgica). Con la benedizione delle palme e la processione che fa memoria del solenne e trionfale ingresso di Gesù a Gerusalemme, comincia la Settimana Santa. In essa la Chiesa celebra i misteri della salvezza che sono portati a compimento da Cristo negli ultimi giorni della sua vita, a cominciare dal suo ingresso come Messia. La Domenica delle Palme o «della Passione del Signore» unisce il trionfo di Cristo e l’annuncio della prossima Passione. In un clima di grande festa si ricorda l’ingresso di Gesù in Gerusalemme, luogo della sua passione. Il segno delle palme o dei rami di ulivo benedetti e le acclamazioni gioiose come i bambini ebrei, colora di luce la festa che prepara il triduo pasquale e la commemorazione della Pasqua. Il corredo liturgico della Parola è di grande e profonda evocazione del mistero del servo di Jahwé assistito dal Signore, che, senza opporre resistenza, si presenta mansueto ai flagellatori che lo insultano, gli strappano la barba e lo coprono di sputi. Umiliato ed esaltato, ricuce i rapporti dell’uomo con Dio. Nel drammatico racconto della sua passione viene delineata la storia di un amore che si ricompone attraverso il sacrificio dell’uomo Dio. Oggi è importante partecipare al rito liturgico ed alla processione onde ricevere il ramoscello di ulivo che non deve essere considerato un amuleto o solo il segno della pace e degli auguri, ma testimoniare la propria fede in Cristo, il re-messia che sta per compiere la vittoria pasquale sul male e sulla morte. P. Angelo Sardone

Le ossa aride

«Farò con loro un’alleanza di pace; sarà un’alleanza eterna con loro» (Ez 37,26). La ripresa della vita umana, simboleggiata nella valle delle ossa aride dal ripristino del corpo con la composizione armonica di nervi, muscoli, carne ed ossa in una visione terrificante a contorni scenografici stupefacenti, si delinea ulteriormente con la Parola rassicurante di Dio. Attraverso il profeta Ezechiele, il Dio dei Padri rassicura il suo popolo che tutto rinascerà e risorgerà. Tutto ciò che è arido riprenderà vita. Il richiamo ai Patriarchi ed al grande re Davide come re per sempre ripristina in forma nuova, dialogica ed efficace, l’alleanza stipulata con Abramo. Analogamente a quanto aveva profetato Geremia, essa sarà una alleanza di pace, e soprattutto sarà eterna. Troverà in Gesù Cristo l’anello definitivo che col la sua morte e risurrezione, stabilirà i termini nuovi di una appartenenza del popolo a Dio e di una presenza perenne di Dio in mezzo al suo popolo per beneficarlo, guidarlo, sostenerlo e salvarlo. Le conseguenze saranno a tutto vantaggio di Israele: stabilità, progresso, proliferazione, sicurezza e pace. Ancora una volta sono evidenziati i connotati originari con i quali già con Abramo Dio aveva stipulato la sua alleanza. Oggi e sempre gli uomini e le donne che con la fede aderiscono al Dio unico e vero, sono destinati alla pace, alla conduzione di una vita nuova dominata dalla presenza di Dio. Sembrano concetti di altri tempi e forse molto alti per la comprensione logica ed umana. Sono invece realtà che aiutano ad avvicinare in maniera efficace al mistero della Settimana Santa e alla ricchezza dei suoi segni. P. Angelo Sardone