L’Addolorata

«Fa che teco, o Madre, io pianga e il trafitto Dio compianga finché duri il vivere» (Dallo Stabat Mater). «Il Sabato Santo la Chiesa sosta presso il sepolcro del Signore, meditando la sua passione e morte, la discesa agli inferi ed aspettando nella preghiera e nel digiuno la sua Risurrezione» (Direttorio Pietà popolare, 146). Oggi è giorno di solitudine, meditazione e penitenza, memoria del riposo del Signore e del grande silenzio che prelude l’esplosione gioiosa del canto della risurrezione. Anche oggi, spogliata la mensa, la Chiesa non celebra la Messa e concentra la sua attenzione e la preghiera davanti al sepolcro di Cristo dove sembra che tutto sia finito. Tutto invece è andato a buon fine: il Redentore ha realizzato in pieno il disegno del Padre. Il sepolcro è un rigurgito di vita: una, spezzata dal mistero della morte; l’altra che viene definitivamente donata a coloro che negli inferi attendevano la venuta di Cristo; un’altra ancora che si prepara a smuovere la pietra tombale e a liberarsi dell’involucro umano per affermare un corpo esaltato e glorioso nella risurrezione. La sosta ed il silenzio hanno senso perché sono in compagnia di Maria, straziata nel cuore e nel corpo per la morte del Figlio. E’ misterioso il silenzio di Dio dinanzi alla tragedia umana del dolore e della morte di ogni tempo. Maria rappresenta la Chiesa che veglia presso la tomba del suo Sposo, ma è anche l’icona più espressiva e drammatica delle madri che hanno perduto un figlio. È questa l’ora della Madre, l’ora della desolata, l’ora preconizzata da Gesù e finalmente giunta nel compimento della volontà di Dio e della sua vocazione di salvatore. La Veglia pasquale, «madre di tutte le veglie» introduce nella solennità della Pasqua. In essa sono benedetti il fuoco da cui è acceso il cereo pasquale e l’acqua battesimale. Viene ripercorsa la storia sacra che dalla creazione giunge alla risurrezione di Cristo. Si rinnovano le promesse battesimali e si assapora la gioia della personale risurrezione. P. Angelo Sardone