Abramo, un uomo obbediente

«Abram partì, come gli aveva ordinato il Signore» (Gen 12,4). È questo l’epilogo sintetico di ciò che solitamente si definisce la «chiamata di Abramo». La fine del capitolo 11 del libro della Genesi, è preceduta da un sommario generazionale che menziona le origini di Terach, padre di tre figli, Abramo, Nacor ed Aran, che vivevano nella terra di Ur dei Caldei. Qui era morto Aran, padre di Lot. Nacor aveva preso in moglie Milca, figlia anch’essa di Aran e dunque sua nipote, mentre Abramo aveva sposato Sarai che era sterile. Terach colpito dalla duplice sventura, la morte del figlio e la sterilità della nuora, partì da Ur dei Caldei portando con sé Abramo, la moglie Sarai e suo nipote Lot e si diresse verso la terra di Canaan. A metà del tragitto, si stabilì a Carran, un luogo che ricorda il nome del figlio morto, Aran. Proprio in questa terra Dio chiama Abram e con un perentorio comando gli ordina di andarsene dalla casa di suo padre e dalla sua parentela verso una terra a lui sconosciuta che egli stesso gli indicherà. Insieme con il comando vi è l’assicurazione di una benedizione particolare che gli concederà perché possa diventare lui stesso una benedizione per gli altri e per tutte le famiglie della terra, rendendo grande il suo nome e numerosa la sua progenie. Abram obbedì e partì, proprio come gli aveva ordinato il Signore. La vocazione di Abramo è divenuta nel corso del tempo il prototipo della risposta alla chiamata di Dio, ed indicata in un cammino di discernimento come icona cui ispirarsi. La fiducia del grande Patriarca si evidenzia già da ora come un completo abbandono nelle mani di Dio che gli rivelerà a passi graduali la grandezza del suo amore. P. Angelo Sardone