Solennità di S. Giuseppe

Sintesi liturgica

Solennità di S. Giuseppe. Dalle viscere di Davide nascerà un suo discendente che edificherà la casa di Israele, avrà un trono stabile e gli sarà figlio. È la prefigurazione del vero tempio, Gesù Cristo figlio di Dio. La genealogia dell’evangelista Matteo riporta nel terzo stadio il nome di Giuseppe, lo sposo di Maria dalla quale è nato Gesù. Il grande patriarca del nuovo Testamento si colloca come ultimo anello della catena umana che garantisce la figliolanza di Gesù secondo la legge. È l’uomo giusto e non ripudia la moglie incinta per opera dello Spirito Santo: accoglie il mistero voluto da Dio Padre, impone al figlio il nome Gesù ed è ritenuto suo padre. Ama Gesù “con cuore di Padre” (Papa Francesco), custodisce la sposa come gemma preziosa. In forza della fede crede con fermezza, diventa erede: la sua speranza è premiata e gli è accreditata come giustizia. P. Angelo Sardone

Giuseppe venduto dai fratelli

«Israele amava Giuseppe più di tutti i suoi figli, perché era il figlio avuto in vecchiaia» (Gn 37,3). Comincia così la storia biblica triste e gloriosa del patriarca Giuseppe, penultimo figlio di Giacobbe, avuto da Rachele. Per merito suo e per suo favore, onde sfuggire alla carestia e vivere inizialmente in un luogo sicuro, il popolo di Israele si ritroverà in Egitto dove soggiornerà per 430 anni. La sua vicenda umana è legata profondamente al padre che lo amava più degli altri e gli aveva fatto una tunica con le lunghe maniche. Il Signore lo aveva inoltre dotato di doni particolari e ciò lo rendeva inviso agli altri fratelli che lo consideravano “il sognatore”. Inviato dal padre a Sichem dove si trovavano i fratelli a pascolare, il poverino incappò nella triste vicenda di un diabolico complotto di morte. Perché non fosse ucciso, tanta era l’invidia e la gelosia dei suoi fratelli, Ruben, uno di loro che desiderava salvarlo a tutti i costi, propose il suo abbandono in una cisterna vuota col desiderio di sottrarlo vivo e di rimandarlo a casa. L’altro fratello, Giuda, invece, che pur non voleva mettergli mano addosso, escogitò la vendita per 20 sicli di argento ai mercanti madianiti diretti in Egitto. Si trattava in ogni caso di un tentativo di salvezza che si inquadrava nel piano provvidenziale di Dio. L’invidia e la gelosia sempre accecano grandi danni senza minimamente guardare in faccia a nessuno. Si svendono con facilità e per nulla, finanche gli affetti più sacri, vittime delle proprie accecanti ambizioni e della cupidigia ossessiva ed egoistica che non salvaguarda neppure i vincoli della carne e del sangue. P. Angelo Sardone