L’annunzio e la coerenza

«Poiché siamo suoi collaboratori, vi esortiamo a non accogliere invano la grazia di Dio» (2Cor 6,1). Il compito dell’Apostolo di ieri come di oggi è quello di collaborare con l’azione di Dio per la comune salvezza e distribuire a piene mani la grazia che proviene dai Sacramenti. Il Signore, infatti, è sempre pronto ad ascoltare, accogliere, soccorrere; ogni tempo per Lui è favorevole per farlo. Tocca a ciascuno comprendere con perspicacia il momento adatto per aderire al Signore ed alla sua grazia. Ogni sacerdote e ministro di Dio, nella purezza di intenzioni, cerca di presentarsi sempre come tale, cioè amministratore di una grazia non propria, con dolcezza ed anche con fermezza in tutte le situazioni della vita liete e tristi, dalle tribolazioni alle necessità, dalle angosce alle fatiche, con una serie di qualità umane e comportamentali che purtroppo vanno sempre più scomparendo dalla pratica dalla vita. Molte volte si baratta il favore e l’accoglienza anche da parte dei buoni cristiani e dei pii con comportamenti leggeri e talora anche mondani che invece di attrarre a Gesù fanno cedere al mondo ed alle sue lusinghe. Poveri illusi gli uni e gli altri, i ministri da una parte e gli evangelizzati dall’altra, succubi entrambi di vaneggiamenti e vuotaggine che sconcerta, determinando ancora di più illusione di crescita e santificazione a poco prezzo. La grazia di Dio va accolta così com’è indipendentemente anche da chi l’amministra, soprattutto quando la vita concreta di chi annunzia non corrisponde precisamente alla proclamazione verbale delle verità, anche le più esaltanti. P. Angelo Sardone.