Per non correre invano

La semina del mattino

125. «Io potrò vantarmi di non aver corso invano, né invano aver faticato» (Fil 2,13). Lo zelo apostolico è una spinta missionaria che richiede costantemente movimento e fatica. A Dio che opera il volere e l’operare secondo il suo disegno, corrisponde l’impegno di ciascuno nel dedicarsi alla propria salvezza senza esitazione, per realizzarla con la Sua grazia e risplendere come astri nel mondo. Solo così al termine della vita il cristiano potrà vantarsi di non aver corso invano, né di avere invano faticato. La confessione paolina si tradusse in pratica di vita e di santificazione in S. Carlo Borromeo (1538-1584), una delle figure più eminenti del 1500, ispiratore ed organizzatore del Concilio di Trento (1545-1563). Creato cardinale ad appena 22 anni e vescovo di Milano, nella sua vastissima diocesi mise in atto l’opera riformatrice del Concilio con il grande spessore della sua personalità di pastore zelante, instancabile nei viaggi ed itinerante in tutte le porzioni della Chiesa locale, preoccupato per la formazione del clero ed il progresso spirituale dei fedeli. Durante la terribile peste del 1576 organizzò personalmente l’opera di assistenza, visitando i colpiti dalla malattia. La spossatezza delle fatiche apostoliche minò profondamente la sua salute causandogli la morte a soli 46 anni, il 3 novembre 1584. Si corre invano quando si va dietro alle chiacchiere; si fatica invano quando si perseguono ideali egoistici. Il cammino di salvezza è itinerario di impegno, fatica e sudore: tutto viene ricompensato quando si raggiunge la meta e voltandosi indietro, si vede che tutto portava a quel traguardo. P. Angelo Sardone

Svuotarsi e spogliarsi

La semina del mattino

124. «Svuotò se stesso assumendo la condizione di servo» (Fil 2,7). L’inno cristologico della Lettera ai Filippesi, molto probabilmente, al dire degli studiosi, era già cantato nelle primitive comunità. È un capolavoro di teologia e letteratura biblica, un excursus contemplativo della vita di Cristo, della sua vicenda umana ancor prima della nascita, fino alla sua vita terrena ed alla sua ascensione al cielo. L’esortazione iniziale alla Comunità riguarda il comportamento concreto e il modello che i cristiani devono seguire, il Signore Gesù. Per avere gli stessi suoi sentimenti, viene presentato un quadro riassuntivo dell’itinerario divino-umano perché sia esempio per il cammino del credente. Ogni uomo che si vuole realizzare deve inoltrarsi in questo percorso. Paolo lo traccia con concetti analoghi a quelli di Plotino, un filosofo del III sec. a.C. seguace di Platone, in particolare in riferimento alla cosiddetta anastrofé (emanazione, processione dall’uno, abbassamento), ed all’epistrofè (conversione, innalzamento). Dio è amore e la sua prima caratteristica è lo svuotamento: «spogliò se stesso». Spogliarsi si riferisce all’esterno, svuotarsi, l’interno; l’amore cede tutto lo spazio all’altro, accoglie l’altro, non occupa posto, diviene pura accoglienza. La prima manifestazione dell’amore è il vuoto: Cristo si annienta assumendo la condizione di servo. Un esempio concreto di questo percorso è S. Martino de Porres (1579-1639), che oggi la Liturgia ricorda. Con la sua vita da converso domenicano, la via del crocifisso da lui percorsa come inserviente, spazzino, barbiere, conferma la validità della scelta fondamentale dello svuotamento di sé per riempirsi di Cristo ed essere da Lui esaltato. P. Angelo Sardone

Il ricordo dei defunti

La semina del mattino

123. «Beati coloro che muoiono nel Signore» (Apc 14,13). La partecipazione alla celebrazione eucaristica, la visita al cimitero e la sosta dinanzi alle tombe, caratterizzano la memoria annuale del 2 novembre. Il mistero della morte avvolge di fosca luce l’odierna giornata col particolare e sentito ricordo di tutti i defunti. La Chiesa pellegrinante sulla terra vive la comunione nel corpo mistico di Cristo, con coloro che hanno concluso il loro cammino di vita. Da sempre è stata coltivata con grande pietà la memoria dei defunti, poiché «santo e salutare è il pensiero di pregare per i defunti perché siano assolti dai peccati» (2Mac 12,45). È data tanta importanza all’offerta della preghiera di suffragio ed alla celebrazione eucaristica in loro memoria. La creatura umana se da una parte è avvolta nel buio del mistero della conclusione della vita, dall’altra è confortata dalla luce sfolgorante che brilla nella risurrezione dei morti inaugurata da Cristo crocifisso, morto e risorto. Solo la Parola di Dio, con la certezza fondata sulla morte di Cristo e risolta nella sua Risurrezione, riesce ad illuminare e a dare risposte all’esperienza drammatica della morte: i morti sono nelle mani di Dio, non vi è più tormento o sofferenza per loro. Il giudizio finale, a partire dalle beatitudini evangeliche, si baserà sull’amore vissuto nella vita sulla terra nei confronti dei fratelli sfamati e dissetati, accolti e rivestiti, visitati e confortati. Dio che eliminerà la morte per sempre, asciuga ogni lagrima dai nostri occhi. La preghiera sostiene i nostri defunti, li aiuta e rende efficace la loro intercessione in nostro favore. P. Angelo Sardone

La vita è stata trasformata

Venerdì 30 ottobre alle ore 10.00 il Signore della vita ha chiamato a sé il mio papà Giuseppe (Peppino) come tutti amabilmente lo chiamavamo. Aveva 95 anni compiti lo scorso 21 aprile. Ha concluso la sua vita serenamente come aveva vissuto, dedito al lavoro, integerrimo nei suoi compiti e ruoli di famiglia e di lavoro, delicato e compreso nella sua vita spirituale e sacramentale. La mia grande gioia è stata quella di aver condiviso con lui l’ultima notte per la sua assistenza: non si è lamentato mai ed ha partecipato con noi tutti nell’amministrazione dell’Unzione degli infermi e del cibo eucaristico. L’abbiamo vegliato con un concorso impressionante di parenti, amici, conoscenti nella sala del Commiato “Don Tonino Bello” ad Altamura e in cattedrale ho presieduto la celebrazione esequiale attorniamo dal Superiore Provinciale P. Sandro Perrone, dai confratelli della casa di Matera, Bari ed Oria e dai carissimi sacerdoti del clero diocesano. Ora egli è nella pace, concittadino dei Santi e familiare di Dio. Grazie a tutti coloro che vorranno ricordarlo nella e con la preghiera. P. Angelo Sardone