Giorni di riflessione

Questi, sono giorni di riflessione. Non sempre l’angoscia e la paura permettono di fermarsi e pensare; ma la mente considera, cerca di trovare la causa di ogni cosa, s’industria ad elaborare soluzioni per tenersi sotto controllo e non rischiare di soccombere. Non è facile: «Riflettevo per comprendere: ma fu arduo agli occhi miei, finché non entrai nel santuario di Dio e compresi» (Sal 72, 16-17). L’allontanamento da una vita sociale fatta di relazioni reali, non virtuali, di movimento a volte frenetico, di doveri scolastici, di impegni lavorativi, di servizio pastorale, ci ha relegati forzatamente nelle nostre abitazioni ed in nuove dinamiche di rapporti con noi stessi e con quelli che sono più vicini. C’è di mezzo il conseguimento di un bene maggiore, il bene comunitario oltre che personale, il senso civico del rispetto delle norme, il senso morale della coscienza e dell’obbedienza. Questo nuovo stato di cose ha stravolto le abitudini giornaliere e costretto a fare sosta. Quando ci si ferma, si rientra in se stessi, si va nella profondità del proprio essere, nella stanza più intima del cuore, ci si ritrova, si incontra Qualcuno. Da questo incontro nasce la speranza: la preghiera fortifica, la solitudine si riempie di presenza, lo scoraggiamento si anima di ottimismo, la fede consola e sorregge al di là di segni e prodigi. La speranza del futuro nasce da un abbandono fiducioso, ma non facile, nel Signore che «crea nuovi cieli e nuova terra, fa gioire per quello che sta per creare, per la gioia, per il gaudio» e mette a tacere le «voci di pianto, le grida di angoscia» (Is 65, 17 passim). Questa è consolazione e speranza che non nasce solo dalla riflessione umana o da un ripiegamento rassicurante ma è, prima di tutto, dono di Chi dall’alto guarda, guida ed amministra con amore la vita di ogni sua creatura. P. Angelo Sardone

22 marzo 2020. Oggi è domenica.

Oggi è domenica, giorno del Signore, giorno della famiglia, Pasqua della settimana, memoriale della risurrezione di Cristo. Questi elementi si concentrano e si esprimono nella celebrazione della S. Messa “fonte e culmine della vita e della missione della Chiesa”. Oggi noi sacerdoti celebriamo la S. Messa nella chiesa a porte chiuse. I banchi sono vuoti però tu sei accanto a me sull’altare. Ti vedo con gli occhi della fede, e gioisco per questa sorprendente vicinanza che ti fa tutt’uno con me compartecipe del medesimo mistero d’amore. Oggi voi laici celebrate la S. Messa nella “chiesa domestica”, la vostra casa, la vostra famiglia. I genitori ancor di più sentono ed esprimono la loro identità ed il loro ruolo di ministri della liturgia domestica, abilitati dalla fondamentale vocazione battesimale per offrire a Dio in rendimento di grazie i propri doni: gioie, dolori, fatiche, speranze, figli, parenti, amici. Imbandite la vostra mensa col Pane della Parola: intronizzatela, ponete un fiore, accendete un cero. Mangiate codesto pane, proclamando la Parola della quarta domenica di Quaresima. E’ questo il momento dell’annuncio. Mangiate la Parola a sazietà e “ruminatela” nel vostro cuore: troverete lì la risposta ad ogni dubbio, ad ogni interrogativo. Aggiungete un posto alla vostra tavola con tutto l’occorrente: Gesù è seduto alla mensa con voi. Fate la “comunione spirituale”: è questo il vostro rendimento di grazie e la partecipazione al corpo ed al sangue di Cristo. Destinate infine a chi è solo, a chi è malato, a chi è in prima linea a combattere il morbo, a chi soccorre i bisognosi e si prodiga senza risparmio e con ogni mezzo per gli altri, il “pane della carità”, frutto di questa “speciale” Messa domestica: è il gesto visibile della testimonianza e della condivisione. Così la famiglia custodisce, vive ed annunzia il dono della fede, manifesta ed attua la sua identità e missione di Chiesa e scuola di ascolto, luogo di celebrazione della vita, principio e forza della vera comunione. Coraggio. Buona e santa domenica. P. Angelo Sardone.

Il mistero della morte, il mistero della vita

Non si è mai pronti ad avere a che fare con la morte. Pur se la subiamo nelle persone che ci hanno lasciato, soprattutto quelle più care, la pensiamo il più lontano possibile da noi. Siamo impari al suo potere. Le immagini agghiaccianti di questi giorni di decine e decine di bare allineate e di camion per il trasporto delle salme chissà dove, lontano dagli affetti, forse senza una benedizione, senza uno sguardo mesto che li vedesse svanire all’orizzonte, senza una lagrima di dolore che li bagnasse, fanno spalancare gli occhi su questo grande ed inesorabile mistero. Dalla mente prorompono interrogativi inquietanti: perché la sofferenza e il dolore? Perché la malattia e la morte? Perché questa pandemia? Che sarà di noi, domani? Tanti provano a dare risposte: discordanti, apocalittiche ed allarmanti, piene di speranza e fiducia, ciascuno secondo la propria visione di vita e di fede, con o senza Dio. La paura aumenta, ed anche la tensione. I più sensati tacciono. Chi è avvezzo alla preghiera, come S. Giuseppe, parla col suo silenzio. Un virus invisibile agli occhi nudi, impalpabile al tatto, contagia con una minuscola goccia di saliva, un inavvertito contatto o una superficie contaminata, si impossessa come un superbo guerriero, penetra dentro il corpo, ti toglie il respiro e tu muori. La Sapienza divina proclama la verità: «Se nascondi il tuo volto, vengono meno, togli loro il respiro, muoiono e ritornano nella loro polvere. Mandi il tuo spirito, sono creati, e rinnovi la faccia della terra» (Salmo 104, 28-30). Sembravamo onnipotenti. L’impotenza invece ci mette in ginocchio e ci rende triste: siamo privati dell’Eucaristia, indispensabile sostentamento, ci manca la partecipazione fisica all’assemblea liturgica; è un doloroso scenario la chiesa coi banchi vuoti. La supplica comune, ardente ed insistente cerca di strappare al Dio misericordioso che fa nuove tutte le cose, la grazia della fine di questo terrore mondiale. Tutto sicuramente non sarà più come prima: impronteremo un nuovo modo di intendere e vivere la vita, consapevoli dell’assoluta nostra vulnerabilità e alzeremo la testa al cielo alla ricerca del volto di Dio. Il vagito di un bimbo appena nato, il mandorlo fiorito, un lumino acceso alla finestra, sono segni di speranza nella vita che, nonostante tutto, anche se parallelamente alla morte, scorre lungo il binario della storia. Coraggio, Cristo ha vinto la morte e ci ha dato la vita! P. Angelo Sardone.

La prova, una opportunità

L’emergenza e la prova possono diventare un’opportunità. Tutto quello che potrebbe sembrare chiusura, blocco forzato, inerzia, non è altro che un equilibratore del ritmo frenetico assunto come abitudine o necessità, il ritmo che regola la vita che scivola a volte senza limitazioni e controllo. Non si è più abituati al silenzio verbale e visivo, a soste prolungate anche di riposo, perchè la vita stessa che è dinamismo ed energia, te l’impedisce e ti involve nel “mordi e fuggi”. «Non progredi, regredi est», «Non andare avanti non significa star fermi ma andare indietro», sentenziavano gli antichi. Non si tratta solo di una legge sociologica o di una constatazione, ma anche di una saggia norma spirituale. I Padri dello Spirito l’hanno assunta per spronare ad andare avanti nella dinamica spirituale, indispensabile per ogni uomo e per ogni giorno. Dipende da come ci si dispone, da come si affronta la giornata, da quelli che sono i veri interessi. La ricerca di relazioni, oggi in gran parte virtuali, favoriti dai social, appaga il desiderio e la natura dell’uomo votato all’alterità, ma quante volte è semplicemente paura di rimanere soli e di deprimersi. Questi giorni segnati da una forzata austerità di contatti e relazioni urbane e dalla privazione dei sacramenti possono diventare una opportunità per aprirsi maggiormente al rapporto con Dio ed a più autentiche relazioni con gli altri, attraverso la preghiera. Essa, soprattutto la Liturgia delle Ore, ha il triplice vantaggio di farci pregare con la Parola di Dio; farci connettere con tutti in una medesima espressione verbale; far trovare nella Parola la nostra situazione di vita, le nostre esigenze, le risposte ai tanti nostri interrogativi. Coraggio: così siamo davvero più vicini, così ci sentiamo davvero uniti. P. Angelo Sardone

Dio abbia pietà di noi e ci benedica

In questi giorni, la forzata mancanza della grazia proveniente dai sacramenti, aiuta a rimettere in sesto le relazioni, a cominciare da quelle misteriose ed indispensabili con il Creatore. Nel tempo del buio, dell’incertezza, della paura, il cuore e la mente dell’uomo riconosce la sua impotenza dinanzi ad eventi e situazioni di gravità singolare. Tenta così di inquadrare in una logica a volte stentata, la ricerca della causa, la soluzione del problema e si chiede se c’è ancora speranza per il domani. Nella prova ciascuno sperimenta la sua solitudine: cerca qualcosa, Qualcuno che dia risposte convincenti alle domande fondamentali della sua vita: chi sono? Da dove vengo? Dove vado? e riempia di significato concreto ogni risposta. Riscopre accanto la ricchezza mai scontata della presenza delle persone che ama, il dono prezioso della vita, della salute, della fede, la misteriosa comunione che unisce agli altri in un vincolo di amore, in un comune interesse per il bene. Riscopre il bisogno della preghiera che lo unisce in un rapporto d’amore non alienante con un Dio che è padre, che non abbandona mai, e che se permette la prova, dà sufficiente forza per affrontarla e superarla. Capisce infine che deve uscire dagli innati e ripieganti egoismi ed aprire gli occhi su ciò che è veramente essenziale e che ha a portata di mano. Coraggio, guardiamo avanti con fiducia, Dio è più grande del nostro cuore e viene incontro ad ogni nostro bisogno! P. Angelo Sardone

16 marzo 1878: S. Annibale diventa sacerdote

Nella mattinata del 16 marzo 1878, 142 anni fa, nella chiesa dello Spirito Santo a Messina, insieme con altri tre diaconi S. Annibale M. Di Francia veniva ordinato sacerdote. La sua vita fu interamente votata al mistero dell’amore supremo di Gesù, l’Eucaristia, generata, insieme col sacerdozio, dal Suo Cuore come da un parto gemello, misteriose realtà inseparabili l’una dall’altra: «Non si può concepire l’Eucaristia – scriveva – senza il sacerdozio: non vi è reale sacerdozio senza l’Eucaristia». In questi giorni nei quali Gesù sta permettendo una “forzata mancanza” del cibo materiale dell’Eucaristia, vero sostegno nel cammino e medicina di salvezza, ricevuto nella S. Messa, non fa mancare la vicinanza di noi sacerdoti che con tutti i mezzi, cerchiamo di garantire ai nostri fratelli, sostegno, conforto e speranza. Proprio per questo, la prerogativa propriamente sacerdotale di «confezionare» l’Eucaristia, fa diventare anche noi «pane che si spezza» per gli altri, pur nella povertà e vulnerabilità del nostro essere, ma soprattutto nell’amore donato, a volte incompreso, dileggiato dalle anime stesse. La povertà umana del sacerdote, è compensata dalla ricchezza incommensurabile dell’efficace potenza dell’Eucaristia, anche quando questa è ricevuta solo spiritualmente. Facciamoci coraggio, siamo forti! Gesù è sempre con noi fino alla fine dei secoli, anche nel tabernacolo del nostro cuore. P. Angelo Sardone

Dies Domini, dies hominum

Oggi è domenica, «dies Domini», giorno del Signore. La partecipazione alla S. Messa è il suo cuore, perchè in essa, centro della vita della Chiesa, si riattualizza la morte e la risurrezione di Gesù. Nella Messa, come in un banchetto nuziale, il Signore prepara e serve cibi succulenti e vini eccellenti e raffinati (Is 25,6) con la sua Parola, il suo Corpo ed il suo Sangue. Per il cristiano non si tratta di un semplice obbligo prescritto dal Codice di Diritto Canonico (Can. 1247), ma di una vera esigenza, di un bisogno vitale di incontrare Dio, rendergli culto, incontrare i fratelli e condividere la gioia della risurrezione. «La celebrazione, anche quando non si possa avere la presenza dei fedeli, è sempre un atto di Cristo e della Chiesa, nel quale i sacerdoti adempiono il loro principale compito» (Can 904). Consapevole che dalla Messa dipende l’efficacia di ogni azione evangelizzatrice, e fedele al compito affidatomi da Gesù, anche oggi io salirò l’altare del Signore per celebrare l’Eucaristia come «sacerdote» con un richiamo permanente a diventare anche io «hostia» cioè vittima, in una inscindibile unità con Gesù, il quale, solo, è contemporaneamente «sacerdos» ed «hostia», sacerdote e vittima. In un momento grave di preoccupazione, di incertezza e paura la Messa è conforto, dà speranza e fiducia perchè vero cibo e vera bevanda, vera ed efficace medicina sono il corpo ed il sangue di Cristo. Tutti porto con me sull’altare in un abbraccio paterno ed affettuoso. P. Angelo Sardone

Abbandònati a Dio

Nel tempo della prova insieme alla sofferenza, alla paura, all’incertezza del domani, si fa strada la luce. Essa proviene dall’Alto e si riflette in quella che sta dentro ogni cuore, talora incapsulata in un superomismo delirante di onnipotenza, ma che si libera col “maggior dono che Dio fece: la libertà della volontà” (Dante). Questo tempo di prova ha un eccezionale valore di purificazione: ti mette in ginocchio, ti fa sperimentare il limite, ti induce a riflettere, ti pone davanti ad un bivio, ti apre alla preghiera. La luce della fede rischiara la speranza ed illumina per la scelta matura di una vita diversa, più contenuta, più equilibrata, più umana, più spirituale. L’insegnamento biblico induce a guardare ed a vivere ogni giorno col peso del suo affanno, ma anche e soprattutto ad abbandonarsi in Dio: «Getta sul Signore il tuo affanno ed egli ti darà sostegno, mai permetterà che il giusto vacilli» (Sal 54, 23). Questa certezza ancora una volta io pongo oggi nel mistero dell’Eucaristia, cuore della giornata, e sull’altare della croce, laddove l’Agnello di Dio continua a togliere il peccato del mondo ed una Madre dolente intercede per la nostra salvezza, abbraccia ogni uomo, lo consola, lo stringe a sé con tenerezza, gli asciuga le lagrime, gli dà il calore della vita. P. Angelo Sardone

Non paura, ma fiducia ed abbandono in Dio

La reazione naturale dinanzi ad una sciagura è la paura. Si teme per la salute, per vita, la propria, quella delle persone care, degli amici. Cupo pessimismo e ripiegamento angosciante fanno da padroni. Nonostante la giornata splendida di sole che si annunzia, si profilano nubi dense di buio e di timore, alimentate da notizie poco rassicuranti. La fede fa reagire in maniera diversa: sa attendere, è protesa verso l’Alto, ascolta la Parola, legge gli avvenimenti, si arrende e si affida a Dio con fiducia. La storia passata, quella biblica soprattutto, insegna la reazione più adeguata e sensata, al di là di ogni constatazione e lontana da annunzi apocalittici ed escatologici, che a volte servono solo a confondere la mente ed il cuore e non aprono alla speranza: «Se ci piomberà addosso una sciagura, una spada punitrice, una peste o una carestia, noi ci presenteremo al tuo cospetto in questo tempio, poiché il tuo nome è in questo tempio, e grideremo a te dalla nostra sciagura e tu ci ascolterai e ci aiuterai» (2Cr 20,9). Con questo spirito e con questa certezza io mi presento all’altare del Signore con la preghiera e l’offerta di “doni e sacrifici” nell’Eucaristia, perchè torni a nostro beneficio la grazia che sana, la speranza che alimenta i giorni, la carità che unifica i cuori ed alimenta la fraternità. P. Angelo Sardone