Scelti per essere santi ed immacolati

«In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità» (Ef 1,4). Ogni lettera di San Paolo ha la sua importanza. Il complesso scritturistico dell’Apostolo delle genti proprio perché ispirato da Dio, ha un valore incommensurabile per la formazione ed i fondamenti della fede cristiana. La lettera che egli scrive da Roma alla fine della prima prigionia tra il 62 ed il 63, molto probabilmente di carattere circolare, viene denominata dalla Tradizione diretta agli abitanti di Efeso, sicuramente perché in questa metropoli asiatica è stata conservata e ritrovata, quando nel 125 cominciò la formazione sistematica del corpus delle lettere di Paolo. Uno dei presupposti paolini è quello di incentrare ogni cosa in Cristo. Ciò viene anche evidenziato, nei cosiddetti inni cristologici presenti in alcune lettere. Qui, inserito in una benedizione, viene indicato il disegno divino sull’umanità e su ciascuna creatura, che fa riferimento ad una scelta antecedente la creazione, «da sempre». Esso si specifica in due direzioni: l’elezione e la predestinazione ad essere figli adottivi. Appartiene come ad un sogno e ad un vero progetto, la scelta da Lui operata perché ciascuno persegua l’obiettivo della santità e la purezza nella carità: consacrati a Lui nel Battesimo e dediti alla carità, all’amore, al servizio. L’adozione a figli suoi accanto a Gesù, il Figlio unigenito, garantisce la partecipazione alla vita della famiglia di Dio. Questi alti concetti teologici si sperimentano nella vita della Chiesa nella misura in cui si accoglie la Parola, la si medita nel cuore, si cerca di tradurla ogni giorno nella vita. P. Angelo Sardone

Le opere della carne ed i frutti dello Spirito

«Se vi lasciate guidare dallo Spirito, non siete sotto la Legge. Sono ben note le opere della carne» (Gal 5,18). Un articolato, distinto e preciso elenco di opere contrarie allo Spirito, contraddistingue l’indicazione di Paolo agli abitanti della Galazia per affermare ulteriormente la nuova prospettiva di una fede pratica che deriva da Cristo Risorto. Nella dialettica spirito e carne, l’apostolo in maniera inequivocabile e ferma, stigmatizza le relative opere e frutti. Quelle che si riferiscono alla carne sono 14; quelle allo Spirito sono invece 9. In entrambi i casi si tratta di multipli: 14, è il multiplo di sette che indica la pienezza, 9, di tre che indica in genere la perfezione. Occorre rispolverare in maniera adeguata il significato ed il valore di questi elementi dai quali può dipendere, insieme con la salvezza e la santificazione, l’impostazione ed il retto andamento della vita morale del cristiano, il suo fallimento o peggio la sua dannazione. Fornicazione, impurità, dissolutezza, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere, sono elementi ben precisi ed attuali che non richiedono chissà quale spiegazione, essendo comuni e rilevanti nel modo di vivere di ogni tempo. L’eredità del Regno è impedita a chi compie simili opere. Amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé, sono invece i frutti dello Spirito che garantiscono un autentico cammino spirituale serio, maturo ed efficace per la salvezza e l’acquisizione certa del Regno di Dio. P. Angelo Sardone

La fede nella verità con la carità

«Perché in Cristo Gesù vale la fede che si rende operosa per mezzo della carità» (Gal 5,6). Il nucleo centrale della libertà per i cristiani, secondo l’apostolo Paolo, è dato dal fatto che, la morte e risurrezione di Gesù Cristo ha liberato dalla schiavitù del peccato e della morte. Si tratta di una novità di vita che apre all’accoglienza universale e ad una libertà più grande perché ormai non contano le provenienze geografiche e culturali ma la sola fede che deve rendersi operativa con e nella carità. Ciò deve diventare il distintivo del cristiano perché l’umanità di oggi necessita di persone semplici, concrete che, come Gesù, si mettano a fianco dei fratelli condividendo la loro fatica e le loro difficoltà. Il servizio della carità diventa proprio di ogni cristiano perché rende visibile così l’amore del Signore nei termini di gratuità ed oblazione generosa. Una fede richiusa solo nelle affermazioni dottrinali o negli ambiti ecclesiali senza possibilità di uscita e di servizio, rimane monca, idealista, forse anche opportunista. La fede nell’accoglienza del mistero della vita e dell’opera di Cristo, fondata sulla sua mirabile risurrezione, si rende operativa nel dono di sé agli altri e nel servizio di carità con le sue molteplici forme e secondo le diverse caratteristiche indicate dallo stesso S. Paolo (1Cor 13,4-8). Una fede collocata negli ambiti di un credo ripiegato su se stessi, senza un afflato caritativo e di servizio, può correre il rischio, come dice l’apostolo Giacomo, di divenire perfino “morta”. Probabilmente c’è da rivedere molta della nostra vita di fede per farla crescere in verità e carità. P. Angelo Sardone

La verità che rende liberi

«Cristo ci ha liberati per la libertà! State dunque saldi e non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù» (Gal 5,1). La polemica con i Giudei si traduce in pratica in una trattazione apologetica. Paolo fa riferimento al Vecchio Testamento ricorrendo ad una allegoria, due donne: Agar, la schiava di Abramo, madre di Ismaele, Sara, madre di Isacco. Esse indicano le due alleanze e due contesti precisi: il legalismo, livello umano e terrestre, identificato col monte Sinai, e la Gerusalemme celeste identificata con la Chiesa, che esprime un regime di libertà e la nuova identità di madre feconda di figli. In quest’ultima l’iniziativa è di Dio. I cristiani sono identificati coi figli della donna libera, i figli della promessa. La conclusione presentata dall’apostolo in contrasto con coloro che a tutti i costi volevano riportare indietro la prospettiva dei nuovi cristiani della Galazia, verso la circoncisione e la sola Legge di Mosè, è chiara ed esige una scelta: o essere cristiani con tutte le implicazioni del caso o si è Giudei. Non c’è una via di mezzo. La libertà dei figli di Dio esige tutto questo! Ma anche l’accortezza e l’intelligenza nel non fare sovvertire le verità accolte con la predicazione seria e convincente del Vangelo che guarda al futuro, a fronte di una predicazione ristretta che guarda solo al passato ed ai suoi elementi vincolanti. E’ straordinaria l’attualità di simili affermazioni. In Gesù Cristo tutto è stato superato. Sguardi nostalgici ed ossessivi al solo passato che non considerano il presente illuminato dalla grazia dello Spirito, bloccano l’intraprendenza e la libertà e rendono schiavi. P. Angelo Sardone

La Madonna del Rosario

«In te saranno benedette tutte le nazioni. Quelli che vengono dalla fede sono benedetti insieme ad Abramo, che credette» (Gal 3,7). Nella storia della salvezza la figura di primo piano, sia cronologicamente che teologicamente è il patriarca Abramo, l’uomo della fede. La sua esperienza e la sua testimonianza pervadono l’intera Scrittura. A lui si ispirano i veri credenti che vanno al di là di ogni speranza e si fidano di Dio. Una di questi è Maria di Nazaret, che oggi si venera come Beata Vergine del Rosario, una memoria di ordine devozionale, legata alla vittoria delle truppe cristiane su quelle ottomane il 7 ottobre 1571. Unanimemente l’evento propizio fu attribuito alla benevolenza di Dio ed alla potente intercessione di Maria, pregata con il santo Rosario. La tradizione barre che già a suo tempo S. Domenico di Guzman aveva visto la Madonna che gli aveva consegnato il Rosario, come mezzo efficace per sconfiggere le eresie.  Questa stessa preghiera è «amata da numerosi Santi e incoraggiata dal Magistero, perché preghiera dal cuore cristologico» (S. Giovanni Paolo II). Essa si colloca nell’alveo della contemplazione cristiana. Tanto è vero che nella enunciazione dei misteri si dice: «nel … mistero si contempla…». Non si tratta quindi di roba da vecchierelle, come direbbe S. Paolo, ma di una devozione e di un pio esercizio valido e potente contro il male. In diverse sue apparizioni la Vergine Santa l’ha sempre raccomandato. Come è bello poter rivedere la corona del Rosario «torre di salvezza negli assalti dell’inferno» (Bartolo Longo) non solo nelle mani, al collo, o avvinta ad un dito, ma soprattutto sulla bocca e nel cuore dei credenti! Auguri a tutti coloro che portano il nome di Rosario e Rosaria. P. Angelo Sardone

La coraggiosa fermezza evangelica di Paolo

«O stolti Gàlati, chi vi ha incantati? Proprio voi, agli occhi dei quali fu rappresentato al vivo Gesù Cristo crocifisso!» (Gal 3,1). Anche Paolo apostolo aveva i suoi sfoghi di apparente intemperanza ed impazienza. Ma a tutta ragione. La predicazione in Galazia aveva richiesto da parte sua enormi sacrifici, rinunzie e soprattutto era stata condotta coi parametri della verità e della coerenza. Non si trattava di un solitario che brandiva un’arma con la quale intendeva instaurare un nuovo regime di fede assoluta, ma di una sollecitazione profonda frutto dello spirito che animava tenacemente la sua fede e lo induceva a trasmettere quanto aveva ricevuto, basato sulla Scrittura e sulla sua personale esperienza. Le maggiori difficoltà prima di tutto le aveva trovate nei predicatori avventizi che si erano a lui sostituiti e che insistevano su una fedeltà assoluta alla legge mosaica ed alla circoncisione a tutti i costi. Le difficoltà poi si riverberavano sugli stessi Galati, insultati in maniera ferma con l’appellativo di “stolti”, perché si erano lasciati facilmente ammaliare dai predicatori di occasione: ad essi peraltro augura di andare a farsi castrare, perché non tenevano conto di quanto avevano ricevuto con solidità di dottrina e soprattutto, ispirati dallo Spirito che guida i passi della Chiesa nell’opera della prima evangelizzazione. La storia si ripete. Anche oggi ci sono predicatori avventizi che pur di far proseliti annacquano il vangelo di Cristo: non sempre però la reazione da chi di dovere è così ferma come quella paolina. Talora una sorta di paura o di eccessiva tolleranza può favorire anche nelle comunità cristiane l’insorgere di dottrine accomodanti o modi di fare che richiamano in maniera ossessiva ed anacronistica un passato ormai superato ed obsoleto. P. Angelo Sardone

La coraggiosa coerenza

827. «O stolti Gàlati, chi vi ha incantati? Proprio voi, agli occhi dei quali fu rappresentato al vivo Gesù Cristo crocifisso!» (Gal 3,1). Anche Paolo apostolo aveva i suoi sfoghi di apparente intemperanza ed impazienza. Ma a tutta ragione. La predicazione in Galazia aveva richiesto da parte sua enormi sacrifici, rinunzie e soprattutto era stata condotta coi parametri della verità e della coerenza. Non si trattava di un solitario che andava brandendo un’arma con la quale intendeva instaurare un nuovo regime di fede assoluta, ma di una sollecitazione profonda frutto dello spirito che animava tenacemente la sua fede e lo induceva a trasmettere quanto aveva ricevuto, basato sulla Scrittura e sulla sua personale esperienza. Le maggiori difficoltà prima di tutto le aveva trovate nei predicatori avventizi che si erano a lui sostituiti, che insistevano su una fedeltà assoluta alla legge mosaica ed alla circoncisione a tutti i costi. Le difficoltà poi si riverberavano sugli stessi Galati, insultati in maniera ferma con l’appellativo di “stolti”, perché facilmente ammaliati dai predicatori di occasione, ai quali peraltro augurerà di andare a farsi castrare, che trascuravano quanto avevano invece ricevuto con solidità di dottrina e soprattutto, ispirato dallo Spirito che guidava i passi della Chiesa nell’opera della nuova evangelizzazione. La storia si ripete. Anche oggi ci sono predicatori avventizi che pur di far proseliti annacquano il vangelo di Cristo: non sempre però la reazione da chi di dovere è così ferma come quella paolina. Talora una sorta di paura o di eccessivo rispetto dell’altro può favorire il cambio. “ lascia trasparire come lecito ciò che lecito non è. P. Angelo Sardone

San Francesco il poverello di Assisi

«Per mezzo della croce il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo» (Gal 6,14). La croce è il segno della definitiva vittoria di Cristo sul peccato e sulla morte. Il supplizio infame riservato ai malfattori ed agli iniqui, fu per Gesù di Nazaret, giusto ed innocente, il trofeo della sua vittoria e costituisce per tutti coloro che lo seguono, il modo ed il mezzo per crocifiggere il mondo. La singolare espressione di S. Paolo si addice perfettamente all’esperienza di vita ed all’itinerario di santità di Francesco, il poverello di Assisi (1182-1226). Il segno più evidente della sua partecipazione ai sentimenti ed alla passione di Cristo, quasi come un crocifisso, furono le sacre stimmate, ricevute da un angelo a La Verna. Cinque raggi di luce si infissero per sempre nel suo corpo nei punti stessi delle ferite di Cristo. Francesco le ritenne un dono e si sentì partecipe con Cristo alle sofferenze di tutta l’umanità e dell’intero creato. La conversione radicale lo aveva portato ad esercitare la povertà estrema con coerenza, in penitenza, vestito con una rozza tunica cinta da un cordone, a predicare anche davanti al sultano d’Egitto, ad essere esempio trainante per tanti, uomini e donne, frati e suore, che lo seguirono e che tuttora lo seguono manifestando al mondo intero il primato di Dio. Il Cantico delle creature, il presepio ed il lupo di Greccio, sono alcuni degli elementi lasciati in eredità dal santo poverello al mondo intero e testimoniano l’amore per le cose semplici, la salvaguardia del creato, l’afflato universale di fraternità. I suoi figli e le sue figlie a distanza di secoli rendono perenne ed attuale il suo messaggio di amore per Dio e per i fratelli. Auguri a tutti coloro, uomini e donne che portano il nome dell’umile poverello di Assisi, perché lo seguano nel percorso di santificazione. P. Angelo Sardone

La Lettera di S. Paolo ai Galati

«Se cercassi ancora di piacere agli uomini, non sarei servitore di Cristo!» (Gal 1,10). Subito dopo la predicazione di Paolo nella terra di Galazia, alcuni ebrei cristiani improvvisatisi missionari avevano creato tra la gente confusione e turbamento affermando l’incompletezza del messaggio e la fondamentale ed esclusiva importanza della Legge di Mosè. Tra il 54 e il 57 Paolo scrive loro la sua lettera, affermando l’importanza della fede che genera la salvezza. I vincoli della legge mosaica sono superati dalla fede in Cristo e nel vangelo predicato recentemente. Grande è la meraviglia dell’apostolo dinanzi alla fede vacillante dei Galati che passano in fretta ad un altro vangelo più accomodante e vincolante alla tradizione. Per questo assume un tono deciso ed intransigente affermando che se finanche un angelo dal cielo annunziasse loro un vangelo diverso da quello accolto dalle sue labbra, ciò non solo non sarebbe corretto ma è addirittura maledetto. Il tono è dichiaratamente duro perché vuole combattere la leggerezza con la quale i cristiani passano facilmente da una parte all’altra, secondo forme di convenienza o di instabilità ed immaturità nell’accoglienza di quanto proposto. Il vangelo annunziato non è opera di uomo o di angelo, ma proviene direttamente dalla rivelazione di Cristo. E su questo non si transige. Sembra di leggere una pagina di attualità che disorienta chi è instabile ed irrita fortemente chi si è dato da fare non badando a fatiche e sudore nel proclamare qualcosa che gli non appartiene ma che proviene invece dall’alto. La fedeltà a quanto ricevuto in fatto di fede, è segno concreto di maturità e di coerenza. P. Angelo Sardone

La protezione dei santi Angeli custodi

«Dio manda dal cielo i suoi Angeli a nostra custodia e protezione, per sorreggerci in vita» (Preghiera di Colletta). In un’unica celebrazione la Chiesa venera i santi Angeli Custodi. La memoria liturgica è frutto di una devozione sviluppatasi nel Medioevo ed accolta nel Calendario Romano il 1608. Il nome “angelo” richiama non l’identità ma la missione: dal greco, infatti, significa “messaggero” ed indica un ruolo presente e specificato più volte nella Bibbia. Gli angeli sono inviati da Dio per parlare nel suo Nome e compiere meraviglie. Loro compito è stare alla testa degli uomini, proteggerli, custodirli nel cammino e guidarli all’ingresso del luogo preparato da Dio. A loro si deve rispetto, ascolto e sottomissione senza ribellarsi: ciò garantisce la presenza di Dio e la sua azione efficace contro i nemici. Il loro numero è vertiginoso: «mille migliaia e diecimila miriadi» (Dan 7,10). Fanno parte della gerarchia celeste e sono in una posizione intermedia tra Dio e gli uomini. Offrono a Dio le preghiere e i sacrifici dell’uomo mentre lo conducono sulla via del bene. Erano vicini a Gesù durante le tentazioni; uno di loro Lo confortò nella sua agonia. Dio affida ogni uomo ad un angelo che lo custodisce dalla nascita alla morte, cammina davanti a lui e lo protegge dal male, un «amico che noi non vediamo, ma che sentiamo» (Papa Francesco). La sua protezione è efficace perché in cielo egli vede sempre la faccia del Padre ed indica la strada per raggiungerLo. Noi lo invochiamo: «illumina, custodisci, reggi e governa me che ti fui affidato dalla pietà celeste». Tanti ne portiamo il nome: io anche il privilegio della missione di messaggero della Parola che salva. P. Angelo Sardone