Santo taumaturgo

La semina del mattino.
22. «Il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà» (Mt 6,4).
La solitudine dell’animo, il segreto del cuore, la fuga del mondo sono elementi di grande spessore nel cammino di santificazione: non limitano né svuotano, ma fanno comprendere a pieno come solo Dio basta. L’elemosina, il digiuno e la preghiera sono sotto lo sguardo del Signore che vede nell’intimo e ricompensa largamente. Il chiasso del mondo, la notorietà, i riflettori sempre puntati, non sempre aiutano a cogliere l’essenziale che si manifesta invece nel silenzio, nella sobrietà e nel nascondimento, abitati dalla presenza di Dio ed abilitati alla virtù. S. Charbel Makhluf (1828-1898), esponente di spicco della Chiesa Maronita del Libano, è la risposta singolare a queste esigenze evangeliche. Vissuto nell’ovile della penitenza, 16 anni in monastero e 23 da eremita, ha realizzato una santità eroica con una impressionante radicalità, nella vita solitaria ricca di contemplazione e silenzio, lavoro e preghiera. Monaco esemplare, ha lasciato esempi di vita incarnati in una rigorosa ascesi, nella fedeltà alla regola monastica, in un grande amore all’Eucaristia ed alla Vergine Maria. L’unica foto, peraltro prodigiosa, lo ritrae con la testa avvolta nel cappuccio e gli occhi chiusi, come compreso in uno sguardo interiore. Attorno alla sua figura si è sviluppata una straordinaria devozione, vera e propria ricompensa divina, corredata dall’inspiegabile fenomeno della trasudazione del corpo e da numerosi interventi taumaturgici. E’ invocato soprattutto per la salvaguardia dei valori della famiglia e della purezza. P. Angelo Sardone

Santa Brigida

La semina del mattino 21. «Non vivo più io, ma Cristo vive in me» (Gal 2,20).
La vita cristiana è conformazione a Gesù Cristo: da Lui prende nome, energia e vigore. Chi vive per Lui, vive di Lui. La dossologia conclusiva della preghiera eucaristica nella S. Messa «Per Cristo, con Cristo ed in Cristo…» sintetizza il senso ed il criterio della vita umana a Lui votata nella fede. L’efficacia della grazia battesimale ed il frutto maturo delle azioni è determinato dalla misura con la quale si è immersi in Cristo come il tralcio nella vite. Si è cristificati: la grazia invade, penetra ed orienta l’esistenza. La santità consiste in una vita nascosta con Cristo in Dio che poi esplode nelle opere di carità. Così è stato per S. Brigida di Svezia (1303-1373), una delle sante più note ed intraprendenti, per le molteplici condizioni della sua vita e delle sue opere: sposa giovanissima a 14 anni, madre di 8 figli, vedova, associata al Terz’Ordine di san Francesco, fondatrice di un ordine religioso, mistica, destinataria di rivelazioni divine con squarci di intima comunione con Dio. Scrittrice feconda di opere che riportano le sue esperienze spirituali, mise alla portata di tutti, grandi verità di fede con un linguaggio che, come frecce acute, coinvolge la fantasia, penetra nel cuore e spinge alla revisione della vita. Coinvolta in una profonda esperienza mistica dal Signore, una invasione di amore le aprì mente e cuore per realizzare la sua missione e divenne così modello esemplare ed influente di autentica devozione a Gesù. P. Angelo Sardone

La forza dell’amore

La semina del mattino.
20. «Donna, perché piangi? Chi cerchi?» (Gv 20,15).
Consumata la passione, chiusa la tomba con un grande masso sembrava tutto finito. La resurrezione fu invece l’inizio di una nuova era per Gesù di Nazaret che era morto in croce e per i suoi seguaci delusi ed increduli. Il primo giorno della settimana, di buon mattino, vincendo il buio della fede, Maria di Magdala era andata al sepolcro e l’aveva trovato vuoto. Pietro e Giovanni da lei avvertiti erano accorsi per constatare la novità, ma poi se n’erano andati. Maria, rimasta nel giardino non riusciva a capacitarsi di quanto aveva visto, addolorata per la morte del Maestro ed il probabile trafugamento della salma. Il grande amore per Colui che l’aveva amata per quella che era e l’aveva liberata dai demoni, la tratteneva lì a piangere. Voleva capire, cercava, voleva vedere Gesù. L’amore non è solo istintivo, passionale: è razionale, cognitivo, oblativo, coraggioso e volitivo. Due differenti voci le avevano chiesto il motivo del pianto: prima due Angeli vestiti di bianco, poi lo stesso Gesù, scambiato per giardiniere, le aveva chiesto chi cercasse. Il Nazareno che per due volte aveva chiesto ai soldati ed alla gente giunta per arrestarlo: «Chi cercate?», la chiama per nome «Maria!» e le rivela la sua identità e la verità dello straordinario evento della risurrezione. Il buio della fede si tramuta in luce sfolgorante. Riconosciuta, Lo riconosce: comprende tutto e gli dice: «Maestro!». Cadono i veli della paura, del dubbio e del dolore, recisi da un amore raffinato e composto che prima era speranza, ora è certezza. E diventa «apostola degli apostoli». P. Angelo Sardone

Come presentarsi al Signore

La semina del mattino.
18. «Con che cosa mi presenterò al Signore?» (Mic 6,6).
Dio è presente nel tempo, nella storia, nel mondo. È presente nell’uomo creato a sua immagine; è presente e si manifesta all’uomo attraverso Gesù Cristo, riflesso della sua gloria (Eb 1,3); è in dialogo con l’uomo. L’assenza di Dio è la fine di ogni cosa, il vuoto, il nulla. L’uomo è presente a Dio anche quando, col peccato, il rifiuto o l’indifferenza, si nasconde al suo sguardo e crea la distanza e l’assenza. L’uomo si presenta a Dio col sogno dell’infinito, i doveri da compiere, la sua fragilità, i bisogni da soddisfare, il desiderio di pienezza, l’insaziabile esigenza di felicità. Si presenta a Dio con la preghiera, la sua lode, la gratitudine e le sue richieste spirituali e materiali. «Con che cosa voglio presentarmi a Dio?»: questa domanda mi interpella ogni giorno. Non voglio presentarmi a Lui a mani vuote, col cuore vuoto, ma coi miei sentimenti, col mio nulla, col mio tutto. Oggi mi presenterò col mio peccato, con ogni mio limite, come Cristo si presenta a me col suo perdono, col suo amore immenso. Il mio olocausto, i vitelli, i montoni, i torrenti di olio ci sono tutti nella mia situazione di vita: li offro a Lui insieme con la mia miseria, la vulnerabilità, l’incapacità di stare a ruota col suo amore misericordioso, l’impazienza dell’attesa, il buio dell’orizzonte, la difficoltà della speranza, l’oceano delle contraddizioni. La mia non sarà certamente una un’offerta vuota perché presenterò me stesso come oblazione sincera, piccola e povera, ma reale e concreta. Ciò che il Signore mi ha insegnato come buono glielo rendo con la pratica della giustizia, l’amore alla bontà, il cammino umile e fiducioso con Lui. P. Angelo Sardone

Il risveglio al mattino

La semina del mattino. 16. «Al mio risveglio mi sazierò della tua presenza» (Sal 17,15).
Ogni risveglio è una rinascita. La fatica e la stanchezza del giorno trovano rifugio nel riposo notturno e nel sonno. Su di esso veglia il Signore. Al mattino la mente e le membra riprendono vigore e gli occhi si riaprono alla luce ed alla vita. Il risveglio mattutino è analogo alla dinamica giornaliera della vita, un ricominciare continuo. La notte è il tempo del silenzio, della solitudine, del riposo. In essa a volte si ripercuote ciò che si vive durante il giorno: emozioni, preoccupazioni, desideri, intenzioni, che possono riaffacciarsi nei sogni o in tensioni istintive. L’alba e il mattino sono il momento dell’ascolto, della ripresa, di un nuovo inizio. Il sonno è come la morte; il risveglio come la risurrezione. La notte è una tappa, il risveglio richiama il traguardo finale della risurrezione. In essa vi è l’inizio definitivo e la certezza che il Signore c’è davvero, è fedele, e sazia della sua presenza chi a Lui si affida ed in Lui si rifugia. Il risveglio giornaliero richiama quello escatologico dopo la morte, quando aprendo gli occhi alla vita che non ha fine saremo abbagliati dalla luce del Signore e saziati da una presenza non più velata dai segni ma viva e concreta. Il risveglio apre anche oggi alla sazietà dei beni della terra e segna la ripresa dal letargo e dal torpore, dalla sfiducia e dall’abbandono. Diventi il momento nel quale, alla preoccupazione per le vicende umane, si accompagni o si opponga la dolcezza di Dio, la bellezza della contemplazione della sua immagine, la pienezza della sua presenza. P. Angelo Sardone

Dio allunga la vita

La semina del mattino.
15. «Ho udito la tua preghiera e ho visto le tue lacrime» (Is 38,5).
Il Signore dal quale dipende la vita e la morte, ode la preghiera dell’uomo nella malattia e cambia le disposizioni sulla sua fine soprattutto quando lo riconosce fedele e gradito ai suoi occhi per ciò che ha compiuto con cuore sincero. Muta l’infermità in salute ed aggiunge anche anni alla vita. La vicenda di Ezechia, re di Giuda e grande riformatore religioso, attesta la benevolenza del Signore dinanzi alla sua malattia ed alla morte annunciatagli dal profeta Isaia. E’ sufficiente un impiastro di fichi da applicare sulla ferita mortale per farlo guarire. La vita lunga è espressione della benedizione del Signore. Tutti la desiderano, vantandone la qualità e le opere buone compiute. I disegni del Signore possono variare dinanzi alla sincerità, all’insistenza della preghiera e alle lacrime versate. Preghiera e lagrime: un binomio che commuove il cuore di Dio; elementi che esprimono il limite umano e l’affidamento fiducioso all’onnipotenza di Dio che vede, ascolta, può far tornare indietro l’orologio del tempo ed aggiungere anni di vita. “Il nostro Dio non è una statua: ha occhi per vedere, ha orecchie per sentire, ha un cuore per amare” (M. Giombini). Dio che non è insensibile, raccoglie nel suo otre le lagrime dell’uomo (Sal 56,9). La preghiera nella miseria e nella malattia deve essere un atto di abbandono alla volontà di Dio che vede oltre l’oggi. La garanzia della sua positiva risposta è data dalla qualità della vita di chiunque a Lui si rivolge, dalla sincerità e fedeltà con le quali si apre al Signore e serve i fratelli. P. Angelo Sardone

Fiore del Carmelo

La semina del mattino. 14. «Ecco una nuvoletta, come una mano d’uomo, sale dal mare» (1Re 18, 44).
La terribile e lunga siccità che interessò la terra di Israele al tempo di Elia, terminò a seguito della sua preghiera sul monte Carmelo. Da sempre la tradizione cristiana ha visto nel segno della nuvoletta che il servo del profeta osservò simile ad una mano innalzarsi dal mare verso il cielo, la Vergine Maria invocata poi come Regina del Carmelo. A partire dal secolo XIII, sulle pendici dello stesso monte ad imitazione di Elia, un gruppo di eremiti e laici pellegrini in Terra Santa intraprese una vita di preghiera e contemplazione che col tempo si configurò nell’Ordine dei Fratelli Scalzi della Beata Vergine Maria del Monte Carmelo. La spiritualità carmelitana si è rivelata nel corso dei secoli un qualificato itinerario di santità che annovera numerosi e grandi testimoni. La fecondità determinata dalla pioggia sulla terra arida ed arsa è il segno di Maria, vergine e madre feconda che continua a generare i credenti nella fede e nella vita di grazia, attraverso Gesù che ci ha resi figli adottivi. L’iconografia La rappresenta insieme con Gesù Bambino sopra le anime del Purgatorio, nell’atto di offrire uno scapolare (un abitino che si porta indosso), privilegio e segno di salvezza accordata a chiunque lo porta con fede, devozione e spirito evangelico, osservando la legge di Dio e praticando in maniera autentica la vita cristiana. La nube, il monte santo, il fiore del Carmelo richiamano la ricchezza della grazia di Dio, il traguardo ultimo della vita umana, il profumo delle virtù di cui Maria è preziosa e splendida gemma, vite fiorita, splendore del cielo che conserva pure le menti fragili e dona aiuto.P. Angelo Sardone

La via per la verità e la vita

La semina del mattino.

  1. «Mostrami, Signore, la tua via, perché nella tua verità io cammini» (Sal 85,11).

La strada della vita è segnata dalla verità. Ad essa si oppone la menzogna che rende improvvida la via e porta sempre fuori strada. Anche se si va avanti a passo svelto, se non si conosce la strada, si rischia di andare lontano dalla meta. Nei pericoli e nella prova non è facile sapere dove e come andare. La via da seguire non è sempre chiara ed evidente. La garanzia di conoscerla ed indicarla, al di fuori di Dio, non la dà nessuno se non limitatamente. Egli la mostra nelle vicende della storia personale e con gli interventi della sua provvidenza. La verità si cela a volte col compromesso e il tornaconto: la menzogna può diventare norma di vita. C’è il rischio concreto e continuo di lasciarsi sviare da “dottrine varie e peregrine” (Eb 13,9). Dio accompagna ogni momento la vita dell’uomo indicandogli la via da seguire perché possa camminare nella verità e realizzare la sua vocazione. Lo fa con due modi: ammonendo e dando la mano (S. Agostino). Entrambi si realizzano con Gesù Cristo: «Io sono la via, la verità, la vita» (Gv 14,6). Camminare nella verità significa lasciarsi guidare da Lui che ne è garante e via sicura che porta al Padre. Il cuore semplice che teme il suo nome Lo riconosce come via, lo accoglie come verità, si lascia guidare nella vita ed alla vita. Con Lui non si sbaglia mai la strada e si recupera il cammino ed il tempo perduto. P. Angelo Sardone

Il pane del cammino

La semina del mattino.
12. «Su, mangia, perché è troppo lungo per te il cammino» (1Re 19,7).
Dio dona il cibo perché alimenti ogni essere vivente, lo faccia crescere, lo sostenga nel cammino della vita. Tutto ciò che di commestibile è stato creato nella natura animale e vegetale serve per nutrire l’uomo. In modo particolare il pane quotidiano che Gesù Cristo stesso invita a chiedere nel Padre Nostro. La vicenda profetica di Elia è contrassegnata dal bisogno di cibo: il pane e la carne portati dai corvi mattina e sera; la focaccia della vedova cotta ed offerta per diversi giorni, in entrambi i casi nel periodo della siccità (1Re 17); la focaccia e l’acqua dati da mangiare per ben due volte da un Angelo, mentre il profeta fugge dal perverso re Acab verso il monte Oreb, prima dell’incontro con Dio (1Re 19). Il Signore provvede generosamente e «sazia la fame di ogni vivente» (Sal 144,16). La fiducia nella Provvidenza divina e l’umile abbandono al compimento della sua volontà, permette di accogliere oltre che il pane materiale, anche ciò che ogni giorno Dio destina al fabbisogno spirituale personale e comunitario: la Parola di Dio, l’Eucaristia, l’alimento della carità, il triplice pane col quale si imbandisce la mensa, si sfama il cuore, si fa comunione. Il cammino è troppo lungo, a volte difficoltoso ed impervio ed il pane e l’acqua sono indispensabili per sostenere la fatica e nutrire il corpo e l’anima. La generosa condivisione del cibo materiale e spirituale con chi è affamato, misero, senza tetto, nudo, mentre assicura l’abbondanza della Provvidenza, garantisce la presenza della giustizia che cammina davanti e della gloria di Dio che segue di dietro (Is 58,7). Solo colui che ha avuto fame può comprendere maggiormente chi è nel bisogno di cibo. P. Angelo Sardone

Il sacrificio della loce

La semina del mattino.

  1. «Chi offre la lode in sacrificio, questi mi onora» (Sal 49,23).

Offerta e sacrificio, lode ed onore esprimono il rapporto tra l’uomo e Dio. Sin dalle origini della vita sulla terra, soprattutto dopo il peccato, l’uomo ha sentito il bisogno di offrire, cioè di porre dinanzi a Dio i prodotti della terra sia per ringraziarLo e propiziare la sua benevolenza, che per riparare l’offesa. L’offerta è segno di sottomissione, di riconoscenza del beneficio ricevuto, di compenso dovuto. Il sacrificio è in genere un’azione cruenta che richiama il sangue ed il fuoco. La sua radice latina «sacrum facere», indica l’azione con la quale si rende sacro qualcosa, cioè lo si separa dal quotidiano e lo si pone nella sfera del divino. Implica la richiesta di propiziazione e di grazia. Si sacrifica a Dio dando fuoco alla vittima: in essa quasi si materializza la responsabilità del proprio errore. Il sacrificio richiama anche la rinunzia e l’oblazione. Offerta e sacrificio danno lode al Signore perché gli conferiscono riconoscenza per quanto ricevuto ed esaltano la sua grandezza. Ad essi si unisce l’onore dovuto a Dio creatore e redentore. L’esperienza cristiana dà valore all’Offerta della giornata, la preghiera specifica con la quale si presenta a Dio, come espressione di amore, la gratitudine per i doni ricevuti con la creazione e la redenzione, e si offre a Lui quanto di buono materiale e spirituale si potrà compiere. Ciò esprime riverenza e rispetto, onore e gloria. Col fuoco dell’amore si brucia l’offerta di se stesso e si pongono davanti a Dio anche le rinunzie, i dolori, le sofferenze, le buone azioni. Tutto ciò dá lode a Dio. Questo è il motivo per il quale la preghiera cristiana viene solitamente definita «Sacrificio di lode». Onoriamo dunque il Signore con l’offerta, il sacrificio e la lode. P. Angelo Sardone